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Indice principale : Librogame Stranieri : Fighting Fantasy : 

Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
Titolo: 26 - Crypt of the Sorcerer  Piu' letteValutazione: 7.00  Letture:1210
Descrizione   Ian Livingstone
Descrizione   Lo stregone Razaak, morto da lungo tempo, è stato risvegliato, ed è deciso a realizzare il suo sogno di tirannide e di morte. Le forze del Caos sono all'opera in tutta Allansia, e sembra che siano tutte rivolte contro di TE! Perché spetta a te sfidare la sorte, trovare l'unica arma a cui Razaak è vulnerabile, armarti delle protezioni in grado di resistere ai suoi immensi poteri e affrontarlo nella sua tana, la Cripta dello Stregone!
Valutazione media: (1) (10)
Data pubblicazione 28/11/2007
Inviata da: EGO il 18/12/2007
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 7 7
Descrizione
     Ho letto talmente tante impressioni su Crypt of the Sorcerer prima di giocarci, che ero sinceramente convinto che l’avrei odiato. E invece non è andata così, e anzi, mi è piaciuto; però è necessario spiegare il perché delle mie aspettative.
E’ presto detto: Crypt of the Sorcerer è un altro di quei libri, come Masks of Mayhem, che si possono finire solo avendo un culo pazzesco. Ma proprio pazzesco, badate. Perché qui non si tratta di riuscire in un lancio di dadi fortunato, qui si parla di un’intera avventura basata su lanci fortunati. E’ stato calcolato che un personaggio dotato di punteggi massimi ha meno del 10% di probabilità di finire il libro senza barare, ma se mettiamo in campo anche le probabilità condizionali, la percentuale arriva sicuramente a livelli molto più bassi. Non c’è scampo, non c’è spazio per l’abilità, la correttezza delle scelte, la conoscenza anticipata del libro: tutto questo è necessario, anzi indispensabile, ma qui è necessaria anche una serie di botte di fortuna che è assai improbabile riuscire a inanellare nella stessa partita.

Ma parliamo prima delle cose belle. Bisogna, perché Crypt of the Sorcerer è, per quanto riguarda lo stile letterario, la trama e la scenografia, il miglior libro scritto fin qui da Livingstone. Punto e basta, non si discute. Non si erano ancora visti nei libri di Ian dei paragrafi così lunghi, curati, dettagliati, con dei bei dialoghi e delle atmosfere eccellenti, soprattutto nella prima parte. Ci sono i vari elementi tipici dei libri del nostro, tra cui le creature fantastiche, i compagni di viaggio, gli intermezzi comici, le fughe sul filo del rasoio, ma tutto amplificato e limato fino a raggiungere un nuovo livello di coinvolgimento, tanto da poter dire che per la prima volta Livingstone ha cercato di scrivere anche una storia, oltre che un’avventura di D&D. E la storia è di quelle drammatiche: da diverso tempo il cielo è buio, la luce del sole fa fatica a filtrare nel perenne crepuscolo, e da est giungono notizie nefaste. Il nostro avventuriero, preoccupato per delle voci che ha sentito, si rivolge al vecchio mago Yaztromo per chiedergli consiglio, e Yaztromo capisce che il potentissimo stregone Razaak è stato risvegliato, dopo cento anni, dalla cripta in cui era stato sigillato dopo una grande guerra tra maghi. L’ambizione di Razaak non ha confini e il suo potere è enorme; l’unico modo per sconfiggerlo è recuperare la sua spada, perduta da tempo immemorabile, e una serie di talismani che possono annullare i suoi incantesimi. Detto così, sembrerebbe una storia già sentita, ovvero… Temple of Terror

(scusate, ho avuto un brivido).

Però, per fortuna, ci sono diverse differenze tra le due opere:
- Temple of Terror non ha trama e non ha atmosfera. C’è solo una insipida sequenza di viaggio, seguita da un dungeon talmente generico da far rabbia, alla fine del quale c’è un cattivo virtualmente anonimo. Non viene raccontato nulla. In Crypt of the Sorcerer la trama e l’atmosfera sono ottimamente rappresentate e la storia si svolge quasi come un film pieno di colpi di scena e di sequenze che un segno lo lasciano, eccome.
- In Temple of Terror l’unica parte veramente bella del libro è inutile, perché si trova su una strada che manca di un oggetto vitale per finire il libro. In Crypt of the Sorcerer, invece, le deviazioni dalla strada giusta sono brevi e totalmente insignificanti, e il libro fa il possibile per farti capire che sono direzioni sbagliate.
- In Temple of Terror la raccolta degli oggetti viene articolata in modo banale, quasi offensivo, con gli item che vengono usati tutti insieme contemporaneamente alla fine, e c’è una sovrabbondanza di ciarpame che fa spavento anche alla matita che deve annotarla. In Crypt of the Sorcerer ci sono diverse situazioni in cui usare gli strumenti trovati, e in modo decisamente più creativo e interessante; in più, se trovi qualcosa, in linea di massima è perché ti serve.
- Temple of Terror ha nemici, combattimenti e punizioni ridicoli per potenza ed entità. Crypt of the Sorcerer è attento nel mettere l’unico nemico veramente poderoso alla fine, e le punizioni evitabili sono più prevedibili e soprattutto meno pesanti (benché comunque significative).
- Temple of Terror è sempre gratuito nel punire, e non dà mai soddisfazioni. Crypt of the Sorcerer non è mai gratuito (anche se sa essere infame) e dà delle soddisfazioni.
- Temple of Terror, in sostanza, è un pessimo librogame. Ma questo l’avevo già detto chiaro e tondo.

Crypt of the Sorcerer ha poi ancora il pregio di continuare una notevole sequenza di libri arricchiti da illustrazioni sensazionali. Anche se non viene ricercato esplicitamente l’orrore come in Beneath Nightmare Castle, i disegni di John Sibbick sono grandiosi e raffigurano i momenti salienti del libro mettendo in primo piano assoluto i mostri, ma anche l’immagine del cacciatore Symm è assolutamente pregevole. Razaak, poi, è sublime, veramente un cattivo di tutto rispetto, tutta un’altra storia in confronto all’inutile Malbordus.

Adesso torniamo a parlare di come si gioca. Questo è un libro di Ian Livingstone, poche balle: ciò ovviamente significa true path + lista della spesa. Già al primo paragrafo bisogna fare la scelta di percorso giusta o si perderà subito un oggetto essenziale, e capiterà spesso di dover fare delle scelte non facili, e anche poco sagge da un certo punto di vista, per potersi accaparrare tutto ciò che serve per difendersi da quella macchina da guerra che è Razaak. Non solo: stavolta anche le informazioni, sotto forma di numeri, sono abbondanti e necessarie, e il loro uso è gestito molto meglio che nella celebre sequenza finale di Trial of Champions. Devo dire che in passato la formula di Ian era riuscita, bene o male, a nascondere il modo puerile in cui l’autore presenta le scelte, ma qui non si può più far finta di non notare che è abbastanza ridicola l’insistenza con cui ti chiede “vuoi fare questo o preferisci tirare dritto?”. Non so, ho l’impressione che se Livingstone mettesse delle scatole cinesi, tutte vuote tranne l’ultima, ti chiederebbe ogni volta “vuoi aprire la settima scatola o lasci perdere e te ne vai?”, “vuoi aprire l’ottantesima scatola oppure molli tutto e prosegui?”. Capirei se ci fossero sempre punizioni in agguato, ma in Crypt of the Sorcerer praticamente tutte le opzioni di fermarsi a esaminare qualcosa portano ad ottenere oggetti vitali, e in ogni caso non si è mai visto nessun altro utilizzare un paragrafo a parte per farti leggere un’iscrizione (avete mai visto Joe Dever chiedere ai suoi Lupi Solitari se vogliono fermarsi a leggere quell’iscrizione laggiù? No, certo, Joe ti dice “Vedi un’iscrizione sulla pietra e ti chini a leggerla”, e guarda caso è sempre un’iscrizione utile e innocua, non vieni incenerito da un fulmine se la leggi).

Come ho anticipato prima, il peggio di Crypt of the Sorcerer arriva in quei punti dove si deve avanzare toccandosi tutti i punti fortunati del corpo. Numerose sono le situazioni in cui la strada giusta ti mette davanti ad un lancio di dado, e c’è sempre almeno una probabilità su tre che le cose vadano malissimo: tira 1 o 2 e le mosche ti avvelenano, tira 1 o 2 e il gigante ti sfracella con un masso, fai 6 oppure un mostro ti toglie 1 punto di Abilità… e avanti così. Da leggenda, poi, il combattimento in cui puoi morire ad ogni colpo, che sia andato a segno o no: dopo ogni scontro tira un dado, se fai 1 sei spacciato, e la battaglia deve durare almeno 3 scontri. E’ soprattutto la primissima parte del libro che cerca di tagliarti le gambe in ogni sporco modo possibile con i dadi; l’ultima, invece, è più raffinata ma ugualmente bastarda, perché abbandona anche i dadi e ti mette di fronte a una sparata di scelte con un 50% di probabilità di morte istantanea. Sì, proprio così: se scegli X muori, se scegli Y prosegui. Per Jorner, in una delle sue brillanti e spiritose recensioni, ha così ben descritto la logica perversa che soggiace a Crypt of the Sorcerer:

“Allora, non ce l’hai la bambola di stracci bruciacchiata che ti serve a superare il Flogazazolk? Be’, allora fai che ricominciare da capo, e la prossima volta prova a dar fuoco all’orfanotrofio. L’eponima cripta alla fine del libro è involontariamente parodistica in questo senso. Se non hai un ornitorinco rosa… MUORI! Se apri la porta blu… MUORI! Mentre cammini lungo il corridoio… MUORI! Se non sai quante gocce cadono dalle cascate del Niagara in un anno… MUORI! Ma poi ce l’avevi l’ornitorinco rosa? Allora MUORI!”

E’ sempre nella cripta che poi viene chiesto di render conto di tutto ciò che si è trovato e appreso nel corso della partita, e sebbene le giustificazioni questa volta siano più concrete del “hai trovato tutti gli anelli d’oro?” di Trial of Champions, l’inconsistenza di certe informazioni e l’effetto di alcuni artefatti sono involontariamente comici. Lo scontro con Razaak si apre con una sfilza di paragrafi in cui lo stregone ti lancia contro mezza Apocalisse e il testo continua a chiederti “ma ce l’hai questo? Ma hai letto quell’altro? E l’hai respirato quell’altro ancora?”, e a parte il tono che sembra via via più arrogante come quello di uno specializzando saccente che ti interroga ad un esame, non riesco a immaginare come Razaak non possa incazzarsi come una bestia ed evocare l’intero pantheon di Titan per aprirci le chiappe. Sarà per questo che poi il boss ha Abilità 12, Resistenza 20 e ti ammazza in automatico se ti colpisce due volte di fila? Eh, chissà.

E quindi, che dire di questo libro? Da una parte è impossibile non riconoscere che è sicuramente la cosa più bella ed evocativa che Ian abbia scritto, e dall’altra c’è lo spinoso problema per cui è quasi impossibile finirlo onestamente. Se uno ha il buon senso di giocarselo usando dei “save point” o di concedersi qualche facilitazione in quel paio di combattimenti fuori di melone, io trovo che sia una buona lettura; chi è onesto fino in fondo e non può concepire di barare nemmeno di fronte a un baro, be’, ognuno è libero di martellarsi i maroni come preferisce. Trial of Champions è indiscutibilmente meglio, su questo non ci piove nemmeno se arrivano i monsoni, ma dire che Crypt of the Sorcerer è brutto è mentire di brutto.

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