Re: Recensioni dei libri |
Oggetto: Re: Recensioni dei libri inviato da Gurgaz il 5/1/2008 10:30:15 MORGANTE --- di Luigi Pulci Ormai ho imboccato la strada del poema cavalleresco, passando dal ciclo bretone a quello carolingio. Tra le tante opzioni possibili, ho scelto questo poema, imbeccato dall’antologia di 4^ superiore che riportava il celebre episodio di Morgante e Margutte, una pagina di esilarante comicità. Come sempre, quando mi accosto alla lettura ho delle precise aspettative: stavolta volevo scoprire se il Morgante può ancora far sorridere ai giorni nostri. Il poema è abbastanza voluminoso, in 28 cantari, di lunghezza variabile, per un totale che supera i trentamila versi (l’Orlando Furioso è più lungo, comunque). Fu redatto in due versioni: la prima, detta Morgante minore, si ferma al 23° cantare, è del 1478 ed è caratterizzata da una poesia spiccatamente comica e dal tono leggero, nonostante la ricercatezza di certe battute; la seconda, detta Morgante maggiore, è del 1483 ed aggiunge 5 cantari, per un totale di 28, prolungando la vicenda ed assumendo toni più lirici ed impegnati. Il poema è stato composto sulla base di un’opera preesistente, l’Orlando, che Pulci utilizza come linea guida per non perdere il filo, ricamandoci sopra un’infinità di gustose scene e dialoghi. Si narrano le gesta dei paladini di Francia, in particolare di Orlando e Rinaldo, il loro peregrinare nelle terre saracene e la difesa del regno di Carlo Magno dai continui tradimenti e sotterfugi del malvagio Gano di Maganza. In questo scenario convenzionale si inserisce il gigante Morgante, convertito da Orlando al cristianesimo, che compie numerose gesta di valore, ma anche atti di brigantaggio, soprattutto quando prende con sé il “mezzo gigante” Margutte. Al lettore dispiacerà veder morire Morgante nel 20° cantare, perché la sua scomparsa segna anche un cambiamento nel tono del poema. Dal 23° cantare si racconta la tragedia di Roncisvalle, dove Orlando e molti altri paladini muoiono in un’imboscata del re spagnolo Marsilio, architettata da Gano. Personalmente ho trovato un po’ seccante il progressivo allungamento dei cantari, che inizialmente non raggiungono le 100 strofe, per superare poi le 300. La cesura stilistica tra le due sezioni del poema è molto evidente. Nel secondo si inseriscono alcune frecciate polemiche a Marsilio Ficino, sotto forma di dissertazioni filosofiche, che risultano noiose perché spezzano la narrazione. Devo anche confessare che mi è dispiaciuto che Morgante sia un personaggio marginale, anche se le scene più gustose lo annoverano sempre tra i protagonisti. Il Morgante è sinceramente divertente, di una comicità raffinata eppur popolaresca, che oggi fatichiamo a comprendere. Pulci possiede una padronanza estrema delle parole e dei detti popolari; fa un uso abbondante di figure retoriche e si avvale spesso della forma dialogica. Nonostante prenda Dante come ispirazione, sia per la cosmologia che per la poetica, l’autore riesce ad ottenere una maggiore immediatezza, grazie al moderato utilizzo dell’enjambement, che secondo me è una croce per chi legge un testo poetico (al diavolo chi l’ha inventato!). Sarebbe un poema di facile e rapida lettura, se non fosse regolarmente necessario ricorrere alle glosse, per comprendere certe parole desuete, le citazioni ed alcune metafore ardite. Ad ogni modo, il Morgante è riuscito a strapparmi sincere risate e nel complesso a darmi una piacevole lettura: pochi sbadigli, perlopiù collocati nel lunghissimo 25° cantare e nella finale celebrazione di Carlo Magno (28°). Al solito, un libro che consiglio a chi ama la poesia italiana, la materia cavalleresca e riesce ancora a sorridere per l’esagerazione, per i discorsi tracotanti e per i giochi di parole. Non troverete volgarità nel Morgante, salvo qualche doppio senso: questo mi dà molto da pensare sull’idea di comicità che abbiamo sviluppato nella nostra epoca. |