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Re: Recensioni dei libri

Oggetto: Re: Recensioni dei libri
inviato da Gurgaz il 2/12/2008 19:56:54

IL SOSIA --- di Fëdor Dostoevskij

Subito dopo il fortunato inizio della sua carriera, sancito dalla pubblicazione di Povera gente, Dostoevskij scrisse uno dei suoi romanzi più originali ed atipici. Nel 1846 uscì Il sosia, accompagnato dal sottotitolo Avventure del signor Goljàdkin, un racconto di 203 pagine che approfondisce in maniera speciale ed insolita una strana forma di nevrosi.

Il protagonista, il signor Goljàdkin, è consigliere titolare presso un ministero a San Pietroburgo, nient’affatto un’alta carica come potrebbe sembrare, ma abbastanza per lavorare in un ufficio non distante da quello di sua eccellenza. La vita dell’impeccabile funzionario viene improvvisamente sovvertita dalla comparsa di un sosia, uno scherzo della natura che gli somiglia in tutto e per tutto, dall’aspetto fisico al nome di battesimo. Sconvolto dalla strana coincidenza, Goljàdkin tenta prima di prendere confidenza col misterioso individuo, ma si ritrova tradito e perseguitato dal malvagio gemello che si sostituisce a lui, conquistandosi i suoi meriti e mettendolo in cattiva luce presso i superiori. Goljàdkin vive in un incubo dal quale non riesce a svegliarsi, in cui viene coperto di infamie e calunnie, finché si trova incastrato, privato dell’incarico e pubblicamente umiliato.

Vicenda surreale, perché interamente costruita dalla mente paranoica del protagonista. Nelle prime scene, le uniche completamente reali, il signor Goljàkdin visita il dottor Krestjàn Ivànovic, trattando i suoi dubbi e paure in una sorta di seduta psicanalitica ante litteram. Ma il consigliere è preda della nevrosi, vede maldicenze ed invidia ovunque, e si crea un doppio immaginario di cui cadere vittima ed annegare i suoi sensi di colpa, trovando conforto nella persecuzione che crede di subire e che invece si trascina addosso da sé.

È una delle opere più sorprendenti del grande scrittore, una finzione letteraria geniale che tiene avvinti alle pagine, soprattutto nella parte centrale del racconto. All’inizio non si capisce quel che sta per accadere e la fine non è presentata in modo da essere un’incontrovertibile agnizione per il lettore. Purtroppo restano diversi dubbi e dettagli non chiariti, per cui la soddisfazione globale è molto minore di quanto potrebbe essere. Sono sicuro però che molti autori moderni si sono ispirati a Dostoevskij per scrivere racconti visionari, limitandosi ad utilizzare un linguaggio più accessibile ed un narratore onnisciente, almeno in alcuni punti.

Il lessico molto forbito ed i dialoghi dal tono ottocentesco, tartagliati ed infarciti di pleonasmi, non rendono facile la comprensione immediata del testo. L’atteggiamento ideale è tenere un ritmo di lettura lento e disteso, eventualmente tornando indietro di qualche pagina se sfugge qualcosa. Questo perché Il sosia non ha valore in quanto narrazione, ma soprattutto per il quadro delirante della visione di Goljàdkin, magnifico nella sua architettura.

Si legge in fretta, è breve ed a tratti coinvolgente, tuttavia non è facile da capire ed assimilare. Se non fosse per questo ermetismo che mi ha bloccato in un paio di occasioni, pur nella mia dimestichezza con l’autore e con i romanzi del suo periodo, sarei tentato di proclamare Il sosia come uno dei libri più stupefacenti che io abbia mai letto, in particolare per la costruzione eccellente dell’illusione. Così non è, quindi mi limito a consigliarne la lettura solo a chi è disposto ad impegnarsi a fondo, per cogliere i particolari di questa rappresentazione delle allucinazioni paranoiche di un umile funzionario dello stato zarista.
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