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Re: Recensioni dei libri

Oggetto: Re: Recensioni dei libri
inviato da Gurgaz il 31/12/2008 18:25:00

LA LUNA E I FALÒ --- di Cesare Pavese

Non sono un amante di Cesare Pavese e mi considero un detrattore incallito della letteratura italiana del Novecento. Lo stato delle cose nasce dall’insistenza con cui, a scuola, certe opere mi sono state imposte come essenziali e vitali allo sviluppo della persona, mentre molto altro, di qualità decisamente migliore e dotato di maggior forza espressiva, mi è rimasto celato finché per caso non mi ci sono imbattuto. Così facendo si fa passare alla gente la voglia, altro che; non c’è da stupirsi se gli italiani leggono poco e misconoscono la letteratura internazionale.

La Luna e i Falò è il canto del cigno dell’autore piemontese, il lavoro in cui le sue tematiche e il suo stile trovano la loro migliore e compiuta espressione. Molto curiosamente, Pavese ha instillato nella sua opera estrema un fortissimo elemento autobiografico, scaturito nell’estate del 1949 dopo una fitta corrispondenza con Pinolo Scaglione, amico d’infanzia e partigiano antifascista. Il romanzo vede un emigrante far ritorno al borgo natio nelle Langhe, dal quale era fuggito in cerca di fortuna. Egli giunge dall’America molto cambiato nel corpo e nel pensiero, e si stupisce di trovare un paese così simile a come lo ha lasciato. Tutto gli ricorda qualcosa: passeggiando sulla piazza, nelle campagne, nelle vigne e nei poderi, un po’ alla volta il protagonista si racconta e presenta al lettore la vita rurale, fatta di umili lavori, bracciantato, fiere paesane e ragazze da maritare. La luna, che la superstizione umana ha eletto ad arbitro delle attività agricole, ed i falò, fuochi di gioia che illuminano le notti e ridanno vita alle colture, sono i simboli del mondo perduto dell’infanzia di Pavese. Durante la sua visita, il protagonista incontra l’amico Nuto (alter ego di Scaglione) e ritrova se stesso bambino, nella forma dello sciancato Cinto. Memorie infantili e narrazioni del periodo di guerra riempiono gli spazi tra i pochi eventi reali che animano le pagine del libro.

I pregi di quest’opera sono molti; in primo luogo, è veramente curata nello stile ed inserisce con sapienza il linguaggio dialettale dell’agricoltura in una prosa semplice, piacevolmente priva di fronzoli. A questo s’aggiunge l’autenticità del resoconto, risultato delle esperienze vissute ed ispessito da interessanti riflessioni. Il ritorno a casa è l’occasione per rivivere la vita trascorsa e formare la propria consapevolezza che tutto passa e si dissolve; restano le cose, gli odori, i sapori, laddove le persone scompaiono, sia perché muoiono, sia perché crescono e cambiano.

È un lavoro di 170 pagine, scritto in soli tre mesi e per questo motivo quasi miracoloso nella sua qualità. Allora perché incominciare la recensione da frasi così dure verso la letteratura italiana? La Luna e i Falò si può consigliare a fini didattici, a patto di introdurlo e spiegarlo estensivamente (cose che in Italia non si fanno), ma non posso fare a meno di ritenerlo sopravvalutato, un po’ come lo sono i quadri di un artista defunto, magari morto suicida.

Cosa può dare quest’opera di Pavese al lettore? Un bel quadro dell’ambiente rurale, che risulta molto suggestivo se la campagna è vista come un mondo lontano, oltre la periferia; per chi, invece, certe storie è abituato a sentirle dai nonni o a scorgerne i rimasugli nella vita di oggi, non c’è granché da scoprire. Resta un’approfondita e disperata riflessione sullo scorrere della vita, impreziosita da innesti di fascismo-antifascismo che sono ingredienti essenziali del dopoguerra italiano. Non mi sembra nulla per cui stravedere, o che giustifichi l’elevazione a grado di classico. Peccato che Cesare Pavese non abbia ricevuto la giusta comprensione dagli ambienti politici e culturali in cui militava, che lo hanno di fatto spinto all’estrema decisione; se avesse scritto ancora, avrebbe donato altro valido materiale ed approfondito il suo pensiero. Così com’è, la sua fama mi sembra più frutto degli scrupoli di chi, in vita, lo ha denigrato e, da morto, ha ritenuto di dovergli qualcosa. Da leggere con molta semplicità e senza eccessive pretese.
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