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Re: [Prologo] - Maltravasso

Oggetto: Re: [Prologo] - Maltravasso
inviato da Gurgaz il 24/1/2009 16:59:17

Maltravasso lascia la baracca di Postracchione e respira a pieni polmoni l’aria del primo pomeriggio, finalmente libera dal lezzo di formaggio affumicato. “Bene, Brumante” – dice il ladro con soddisfazione – “ho le tasche piene di moneta sonante ed è tempo di pensare a come spenderla! Siccome sono molto affamato, un buon investimento potrebbe essere un lauto pranzo alla Taverna del Gatto Nero. E’ un pezzo che non mi concedo un pasto come si deve”. Brumante sbadiglia assorto, poiché già ben pasciuto a forza di ingollare gustosi pesci e grassi sorci.

Svoltato l’angolo che dà su una via laterale, con le ali ai piedi per la contentezza, Maltravasso finisce addosso ad un biondo giovane vestito di tutto punto, con la spada al fianco e l’aria aristocratica. Costui mena per le redini un bel cavallo, che nitrisce spaventato alla vista del minaccioso Brumante. “Ebbene?” – chiede il giovane, scrollandosi di dosso Maltravasso – “Le pare il modo di imboccare una strada? Mi siete piombato addosso come se foste un ladro”.

“Mille scuse nobile signore” – mormora il Rom, fingendo di temere quel pallone gonfiato – “Maltravasso non aveva nessuna intenzione di offendervi o di scomporre le vostre pregiate vesti”. E come se niente fosse allunga le mani e comincia a rassettargli l’abito. Il nobile si sottrae seccato e gli intima di andarsene per la sua strada, prima che si senta in dovere di dargli una lezione. “Desolato, voscienza” – risponde il ladro – “volevo solo rendermi utile ed alleviare il vostro danno. Poiché non apprezzate le mie premure, proseguite pure il vostro cammino e io farò altrettanto”.

Il giovane gli getta un’occhiata carica di sdegno e si volta tirando il cavallo dietro di sé. Maltravasso non resiste alla tentazione di rubargli qualcosa ed arraffa una piccola sacca appesa alla sella. Una volta lontano, commenta soddisfatto: “Ecco una buona sacca, che non mi farà perdere la refurtiva”. Dentro ci sono poche cose, una pergamena ed altri piccoli oggetti. Maltravasso decide di esaminarli con cura più tardi e decidere se tenerli o disfarsene.

Il ladro prosegue e raggiunge il largo di Cirrobabo, la contrada di Ilmona dove si trova la Taverna del Gatto Nero. Una volta giunto sotto l’insegna raffigurante un maestoso felino dagli occhi furbi, il ladro si accorge che Brumante è sparito. Ora che ci pensa, non ricorda di averlo visto dietro di lui dopo l’incontro col nobile spocchioso; poco male, quel gattaccio diabolico ha ben più di sette vite e sa benissimo che il suo padrone era diretto alla rinomata osteria.

Maltravasso entra con gran fragore e, dalla soglia, scruta l’ambiente con le braccia puntate sui fianchi. L’ora di pranzo è passata da un pezzo e il Gatto Nero è popolato solo da pochi sfaccendati. Dietro il bancone, una cameriera dai capelli rossi e ricci alza i begl’occhi verdi in direzione del nuovo venuto, che le risponde con uno sfacciato occhiolino. La giovane arrossisce e cerca di sfuggire il suo sguardo. “Bella figliola” – mormora tra sé il furfante, mentre si avvia baldanzoso ad un tavolo al quale mangerebbero in tutta comodità almeno cinque persone.

Posa la sua roba in parte, si adagia mollemente sulla panca, si stiracchia e batte due volte il pugno sul tavolo per chiamare l’oste. Nel frattempo, con sommo orrore dei presenti, un enorme gatto nero entra nel locale con in bocca un grosso oggetto. Qualcuno crede che sia l’insegna che ha preso vita, invece è solo Brumante, che raggiunge il padrone e deposita ai suoi piedi quel che sembra un’ala nera rinsecchita.

“Che porcherie vai rubacchiando, cialtrone?” – gli chiede affettuoso Maltravasso – “Non sei mai sazio? Ad ogni modo, se hai ancora appetito, adesso ci faremo ben servire da questo buffo signore”. Proprio in quel momento appare l’oste, un uomo anziano piccolo e grassoccio, con la calvizie incipiente. “Hai ancora da mangiare e da bere?” – chiede il ladro.

Risponde l’oste: “Eccome, ce n’è da godere! Ci è avanzato un grosso e bel cappone!”. Dice Maltravasso: “Non sarà neppure un boccone. Qui conviene usare altre vivande, che noi siamo soliti far buona cera. Non vedi questo gatto com’è grande? Codesta è una pillola di gera, una robetta che se la mandi giù ti fa crescer la fame, invece di spegnerla”.

L’oste tenta di scusarsi, ma non ha altro in dispensa, al che Maltravasso gli mostra le sue monete d’argento e gli dice che intende spendere tutto in squisiti manicaretti, per cui è bene che si dia da fare. L’ometto fa un inchino e sparisce in cucina, dove dà fondo a tutta la sua abilità nel preparare le pietanze più saporite e pesanti, certo di saziare subito quel cliente esigente.

La giovane cameriera, che risponde al nome di Zelmira ed è figlia dell’oste, raggiunge il tavolo di Maltravasso con un fiasco di vino. Maltravasso la ferma e la prega di portare una ciotola per Brumante e un altro bicchiere. La ragazza ne chiede il motivo, e il ladro risponde: “Perché voi ci terrete compagnia”.

(Prosegue Dr.Scherzo)Buon divertimento. In questa scena, oltre a portare avanti il racconto e ad iniziare il tuo pasto dal famoso cappone, potresti approfittarne per raccontare alla procace Zelmira qualcosa sulle tue origini, tacendo il fatto che sei un furfante. Magari condisci la verità con qualche millanteria.
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