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Re: [Prologo] - Dagoberto

Oggetto: Re: [Prologo] - Dagoberto
inviato da Gurgaz il 10/2/2009 23:28:17

La torcia illumina il viso rinsecchito di un frate piuttosto vecchio. Dietro le sopracciglia cispose due occhietti miopi scrutano i nuovi arrivati, soprattutto Dagoberto che non gli è così familiare. I suoi tratti si distendono quando nota l’ampia sagoma di Butirro. “Buongiorno Fra Castoro” – lo saluta questi – “O buonanotte, che dir si voglia. Tanto qui sotto è sempre buio”. “Eh, fate presto a scherzare voi” – biascica l'altro frate, mentre spalanca la porta del magazzino. Un penetrante odore di formaggi stagionati e mosto fermentato investe le narici di Dagoberto, che si chiede come sia possibile che ci sia del cibo nascosto in ogni anfratto del Serraglio. “Proverete a diventare vecchi e mezzi orbi come me, poi vi passerà la voglia” – continua Fra Castoro – “Non conosco il tuo compagno, me lo presenti prima di varcare la soglia del magazzino?”

“E’ Dagoberto” – risponde Butirro – “Ha trascorso tutta la settimana insieme a noi; davvero non te lo ricordi?”. “Non ricordo di averlo visto” – borbotta il vegliardo – “e nessuno si è preoccupato di presentarmelo. Bah, venite dentro”. Mentre varcano la soglia, Butirro spiega a Dagoberto che Fra Castoro è non è cieco per metà ma quasi completamente, e che la luce del sole gli risulta fastidiosa. Per questo è stato nominato Dispensiere del convento e passa quasi tutta la giornata nei sotterranei.

“Immagino che il confratello stia per partire” – dice il Dispensiere – “e che tu lo abbia portato qui per ricevere i doni del convento”. “Esatto” – risponde Fra Butirro. “Bene, seguitemi”. Il monaco guida con sicurezza Butirro e lo stupefatto Dagoberto in quella cantina di delizie, dove si conserva una quantità di cibo e bevande da far invidia alla dispensa di un re. Oltrepassata la zona alimentare, agli occhi di Dagoberto si apre un impressionante campionario di oggetti di ogni genere, chissà come accumulati in quel luogo.

“Tanto per cominciare” – esordisce sbrigativo Fra Castoro – “se il tuo compito è portare il Nuovo Culto tra la gente, avrai bisogno di un Lavacro della Purificazione”. E indica un punto davanti a sé. Dagoberto sgrana gli occhi. “Ma come posso trasportare quello smisurato catino di marmo?” – chiede sbalordito. “No, non quello” – dice seccato il vecchio, accostandosi meglio al punto in cui credeva di aver visto l’oggetto. “Questo” e gli porge un piccolo bacile di metallo, lavorato col cesello in bei motivi floreali e con qualche raffigurazione di Sacri Protettori.

“Poi che altro possiamo dargli...” – blatera – “Una croce tau ce l’ha già, una spada e un’armatura le ha... di che avresti bisogno, di grazia?”. Dagoberto sta per rispondergli per le rime, ma Fra Butirro lo previene. “Fratello” – dice – “Dagoberto deve compiere una missione importante e pericolosa. Dobbiamo dargli qualcosa che renda veloce i suoi passi e lo sostenga nella battaglia contro i demoni”.

“Beh, se cercate una cavalcatura siete nel posto sbagliato” – sentenzia Castoro – “Andate nelle stalle, da Fra Morello. Lui ti darà un bell’asino con cui procederai spedito. Se hai fortuna ne riceverai uno che si lascia anche cavalcare, ma la maggioranza sono caparbi e cocciuti”. “Io cavalcare un asino?” – protesta Dagoberto, ma Butirro lo trattiene ancora. “Per gli spiriti maligni” – prosegue il Dispensiere – “Non c’è nulla di meglio di questo”. E ritorna nella stanza vicina, dove afferra e porge un bel mazzo di carciofi. “Carciofi?” – chiede Dagoberto al limite della disperazione. “Sì, e della miglior qualità. Agitali davanti a spettri e fantasmi mentre invochi il tuo Sacro Protettore, e vedrai come scappano terrorizzati!”

“Non dirà sul serio” – commenta il cavaliere – “Non mi presterò certo a queste scempiaggini. Mi basta la croce tau in una mano e la spada nell’altra; demoni e spiriti non mi fanno paura”. “Buon per te” – conclude il vecchio – “Ma ti posso assicurare che funzionano alla perfezione. Se ti secca portarteli appresso puoi sempre cuocerli in pentola”.

Un po’ deluso per quei doni assurdi, Dagoberto lascia il magazzino accompagnato da Fra Butirro. Nelle stalle conosce il giovane Fra Morello che gli offre un asino docile e mansueto, sul quale carica i suoi bagagli, quindi si appresta ad abbandonare l’Ascoso Serraglio. Fra Butirro lo saluta calorosamente. “Se il Signore lo vuole, ci rivedremo” – si congeda il buon fratacchione – “Il numero è zero! Salute a te, o Dagoberto, dio dei nani!". “Con tutto il rispetto, fratello” – dice Dagoberto – “comincio ad averne abbastanza dei vostri vaneggiamenti”. “Finalmente mi sono ricordato la frase completa e anche dove l'ho letta” – esclama compiaciuto – “è negli annali del famoso scrittore marone Erbio Brenniano. Il suo trattato De aulae regis Arcturus racconta in gran dettaglio i tempi in cui il popolo era ancora sottomesso al paganesimo e draghi e stregoni terrorizzavano le contrade senza posa. Pensa un po’, c’era addirittura un dio con il tuo stesso nome”.

“Vi consiglio di dedicarvi a letture meno blasfeme, Fra Butirro, potreste dannarvi l'anima” – lo stronca il cavaliere – “E’ giunta l’ora della partenza, il sole è già alto e c’è molta strada per arrivare ad Ilmona”. “Bene” – acconsente il monaco – “Le nostre speranza sono riposte in te e su di te invochiamo la benedizione di S.Semolino, colui che benedice ogni cammino. Buona fortuna, Dagoberto da Cortona!”

Con un freddo cenno del capo, Dagoberto saluta il monaco e si allontana con gran sollievo dall’Ascoso Serraglio, dove intende tornare per portare la reliquia e con essa la purificazione per quei Monaci peccatori.
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