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Re: Commenti e impressioni sull'intervista a Dave Morris

Oggetto: Re: Commenti e impressioni sull'intervista a Dave Morris
inviato da Gurgaz il 31/12/2008 19:25:27

Prima mi attacco alle considerazioni di Falco della Runa:

Citazione:

FalcoDellaRuna ha scritto:
Mi ha colpito molto il suo rapporto con i suoi amici più stretti, i vari Thomson, Smith, ecc., che, oltre ad aver lavorato insieme a lui nel periodo d'oro dei librogame, sono tuttora amici per la pelle e si vedono praticamente tutte le settimane per giocare di ruolo: sarà un caso o quasi tutti gli scrittori di librogame o di fantasy in generale hanno iniziato dal Gdr per poi percorrere la via degli scrittori? E' quindi vero che chi è un buon master è potenzialmente un bravo scrittore di fantasy?
E il passo da scrittore a game designer è secondo voi una cosa così strana (anche Joe Dever lavora in questo campo)? Io penso che la fervida fantasia non sia l'unico punto in comune, ma che ci sia dell'altro, come ad esempio il periodo storico in cui questi scrittori in erba vissero. E' stato infatti detto e scritto sia da Morris che da Dever che in quel periodo il mondo del gdr/fantasy era formato da una cricca in cui si conoscevano tutti, e che le case editrici erano ben poche (Games Workshop su tutte). Quindi una volta entrato lì, eri giocoforza quasi *costretto* a impiegare il tuo tempo a scrivere qualcosa e da lì, con la collaborazione e chiacchierando con gli altri, poteva poi portarti ad affinare le tue idee e il tuo stile, diventando più personale.
Ora non voglio generalizzare, ma sicuramente questo fatto è stato secondo me abbastanza rilevante. Mi ha colpito il punto in cui Morris dice:"ero lì che cazzeggiavo senza far niente alla Games Workshop, quando mi misi a scrivere una cosa..", questo quasi conferma quanto da me esposto.


Anche io sono stato colpito dai rapporti strettissimi tra Morris, Smith, Thomson e Johnson, che si ritrovano ancor oggi. Vorrei avere avuto io un gruppo di amici così affiatato, altro che... chissà a che RPG giocano? Comunque ormai abbiamo ricevuto sufficienti testimonianze su quanto fosse "piccolo" il mondo del fantasy roleplay e dei gamebook in UK; si conoscevano tutti, tutti mettevano le mani dappertutto e c'era un gran fermento di attività creativa. Bei tempi, Morris è fortunato ad averli vissuti; ma erano belli anche per i lettori e i giocatori, non solo per chi scriveva.

Sul fatto che un buon master sia potenzialmente un bravo scrittore (di fantasy), mah, certamente è una persona con una fantasia più fervida delle altre, ma per scrivere ci vuole qualcosa di più che l'immaginazione. Infatti ci sono autori che hanno fatto fortuna, pur non avendo chissà quale fantasia o voglia di sperimentare (vedi Ian Livingstone); lo stesso Morris dice di essersi ispirato alle varie leggende europee/arabe per il mondo di Legend... tutto sta nel mettere insieme debitamente le cose, non bisogna per forza inventare cose sempre più strampalate come per dare un nome alle carte di Magic. Morris ha il dono di saper scrivere in modo coinvolgente, e ha fatto bene a coltivarlo.

Citazione:

FalcoDellaRuna ha scritto:
Non commento inoltre le parti in cui si parla dei suoi libri, molti dei quali non ho letto, ma sinceramente non ho ben capito la parte in cui spiega il motivo della non conclusione di Fabled Lands. Cioè, non si capisce se la serie fu chiusa dall'editore perché a quel prezzo basso non si ripagava le spese o se furono loro (gli autori) a decidere di non continuare perché il guadagno era troppo basso.
Io propendo per la prima interpretazione, avendo intuito che Morris pensa più allo scrivere per poi guadagnarci qualcosa piuttosto che guadagnare solo scrivendo.


Da quel che leggo, lui e Thomson avevano proposto di tenere un prezzo più alto, perché percepivano che le vendite sarebbero state abbastanza basse rispetto a quelle del tempo che fu, e che i potenziali acquirenti erano lo "zoccolo duro", che avrebbe speso anche un po' di più (più o meno quel che pensa oggi la Mongoose e la E.Elle). Gli editori hanno insistito a venderlo a basso prezzo, così i guadagni sono stati bassi e alla fine gli hanno detto che non c'erano i soldi per finanziare gli ultimi due libri. Al di là del guadagno, Morris e Thomson meritavano di essere almeno pagati per il lavoro che facevano. Più o meno deve essere andata così per tutte le varie serie "monche".

Passando ai miei commenti personali, sono rimasto sorpreso principalmente da tre cose:

1) che lui creda che i suoi librogame siano tranquillamente terminabili con tutti i personaggi e seguendo varie strade. Se questo è vero per Realtà Virtuale e I Labirinti di Krarth, non vale certo per gli altri Blood Sword. Gli avversari sono piuttosto forti e basta un po' di iella per trovarsi col gruppo decimato o spazzato via, a meno di avere il mago "potenziato" dai Labirinti (che è una specie di cheat). Mi stupisce questa sua convinzione, mi fa credere che non ricordi nel dettaglio Blood Sword (il che è comprensibile, eh, mica passa le giornate a giocare i librogame come facciamo noi, si fa per dire). Sono invece rassicurato dalla sua valutazione del true path e della rigiocabilità del librogame: meglio un unico percorso molto curato che tanti piuttosto scialbi (vedi LG stile Unicorno). Riguardo alla strutturazione e alle instant death, dice che il modo migliore per strutturare un librogame è quello equilibrato: non uccidere il personaggio inutilmente, ma fargli piccoli danni un po' alla volta e permettergli comunque di arrivare alla fine. Ma quante volte questo principio è rispettato nei suoi lavori? Ci sono poche instant death, almeno in Blood Sword, ma affrontare certi combattimenti in certe situazioni, vedi il Re Stregone sulla ragnatela, va oltre le normali possibilità.

2) Tremenda, invece, la parte in cui racconta il suo incontro con Dever sulla "questione morale" Davvero non riesco a credere che Joe sia stato così ingenuo! Per me è stata la parte più scioccante dell'intervista, spero che Morris ricordi male quel dialogo...

3) che non sia mai stato in Italia. Evidentemente quello che è fissato con l'Italia è Mark Smith, ideatore di Godorno, ma forse neppure lui c'è mai stato. Curioso il suo apprezzamento per Italo Calvino; non credevo che fosse popolare in Inghilterra. Eco, Leone e Dante sono invece abbastanza scontati, sia per quel che abbiamo letto da parte di Morris, sia perché all'estero sono sulla bocca di tutti. Comunque per il prossimo anno, tutti a Padova a festeggiare il compleanno di Dave Morris
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