Re: Etica del librogioco |
Oggetto: Re: Etica del librogioco inviato da D.F. il 12/11/2007 23:39:56 Citazione:
Effettivamente è un discorso molto interessante, visto da questa prospettiva, si. Etica del giocare? Beh, l'etica del gioco in generale esiste e governa teoricamente l'interazione con altri giocatori. Ancora più complicato e stimolante è l'ambito librogame, dove la sfida è con sè stessi ed è dunque paragonabile a un gioco di carte in solitario, o a un videogioco non multiplayer... dove è possibile barare con cheats, trucchi, soluzioni e affini. (Ritengo che il LG si adatti più a questo secondo tipo di gioco piuttosto che al primo, sotto spiego perchè). Posto che il fine ultimo di un gioco è quello di divertire, come si giunge a questo risultato in un gioco in solitario? La prima risposta che mi viene è "fornendo una sifda congrua". Questo dovrebbe essere il punto principale da rispettare in un librogame da parte del suo autore, quello che spinge a continuare a tentare quando si fallisce. D'altro canto questa "sfida con sè stessi" non è l'unica cosa che può rendere interessante un librogame; essendo esso un libro, conta molto, almeno per me, la qualità della scrittura... e quel senso di potenza che si prova ad uscire vittoriosi può spingere a "barare"; a differenza di quanto accade quando si gioca a qualcosa con gli amici, la soddisfazione (si potrebbe però anche dire "illusione") della vittora può in un certo senso essere trovata nella qualità letteraria dell'opera, che _descrive_ in effetti una vittoria... come nei videogiochi (dove c'è la descrizione audio/visiva del "trionfo"), più che come nel solitario a carte. Questo è quello che io avverivo quando baravo, da ragazzino. Adesso, come Gurgaz, prediligo maggiormente giocare in modo "onesto"... semplicemente perchè mi dà più soddisfazione "vincere" in questo modo. La quantità di virgolette di questo post, abbastanza legittime, la dice lunga sulla difficoltà di classificare qualcosa di ibrido come un librogioco :D Citazione:
Secondo me, visto quanto detto in precedenza, se la sfida è equa e fattibile in tempi non biblici allora preferisco librogame in cui si può morire e in cui si può dovere riiniziare prima di vincere. L'elevazione della qualità della storia con scelte e finali multipli è per me estremamente positiva, ma amando la competizione che viene dal gioco preferisco che un finale sia superiore agli altri... ciò non toglie che finali multipli, di cui alcuni non letali ed altri moderatamente o parecchio soddisfacenti sia per me molto positiva. Rispondendo alla domanda inziiale: è necessario finire la storia che si è iniziata? In che senso, da quello del giocatore (il libro è noioso, lo mollo) o del personaggio (devo finire la quest che ho iniziato/posso scegliere percorsi alternativi, come il Prete Gianni)? In entrambi in casi, la mia risposta è "no", nessuno obbliga a farlo ovviamente, ma allora conviene chiedersi: quando ha senso farlo: nel primo caso dipende dalla qualità della storia e dalla difficoltà della sfida; nel secondo, dalle scelte che sono offerte al protagonista. In ultima istanza, il librogame migliore è per me quello che 1) ti fa arrivare alla fine, anche se con difficoltà e facendoti riiniziare/sudare per vincere; 2) ti offre una marea di alternative interessanti a livello di creazione e conclusione della storia, ma te ne offre una o più che effettivamente porta a compimento quanto ti prefissavi all'inizio (in caso di finali "positivi" ovviamente...) o che comunque conclude il tutto (Grecia Antica, non un finale "positivo", ma un finale "giusto"). |