Re: Etica del librogioco |
Oggetto: Re: Etica del librogioco inviato da topino il 13/11/2007 9:59:04 Cari i miei vecchi cheater, ho sempre giocato con il fermo proposito di divertirmi. E' chiaro che ognuno di noi ha diverse sensibilità, ma nel mio caso quando muoio ricomincio sempre da capo. Credo che LS17 mi ha costretto a 15 o 16 partite: ero funestato da una "scalora" (Frassica docet) infernale. Poi risolto, l'ho rigiocato con il Lupo Solitario Ufficiale che mi porto dietro dal numero 1... e ce l'ho fatta, dato il migliore equipaggiamento e la conoscenza - intimità direi - con i percorsi offerti dal libro. Se un LG è lineare credo che tornare indietro di un paragrafo quando si muore o rigiocare il combattimento fin che non si vince tradisce lo spirito del gioco. Si vince forzando il ibro, ma a quel punto tanto vale leggerlo e non giocarlo. Eppure, d'altro canto, un Lg lineare è già di per sè un LG di scarso valore. Prendiamo LS10: se si muore nella battaglia di Cetza un giocatore può decidere di prendere il percorso alternativo e cercare Sebb Jarel. Vi voglio chiedere: se un LG lo finite al primo colpo, poi lo rigiocate? E con che spirito? Non è forse meglio un LG difficile, impegnativo e con vari percorsi - non true path! - che, anche se si muore, rimane interessante e ha molto da dare? Vi ricordate l'alternativa - spesso presente in Dever - tra tragitto lungo e facile e breve e difficile? Non è questo un ottimo sistema per far giocare di ruolo in un sistema che per forza di cose è molto guidato? L'unico LS con checkpoint - se vogliamo vederlo così - era il 5. Forse, in un LG l'idea del checkpoint in una avventura lunga non è così male. Magari andrebbe reso esplicito e magari si potrebbe introdurre una regola aggiuntiva del tipo: se vuoi "salvare i tuoi progressi" riparti da questo § / se desideri continuare ti viene concesso un bonus di varia natura. |