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Re: I FIGLI DEGLI UOMINI --- di Alfonso Cuaròn

Oggetto: Re: I FIGLI DEGLI UOMINI --- di Alfonso Cuaròn
inviato da Federico il 5/8/2007 23:12:42

Incuriosito dalla trama postapocalittica e tentato dal basso costo del dvd, ho deciso di fare mia l'ultima fatica di Alfonso Cuaròn, visto che come al solito non ero riuscito ad andarmi a godere sul grande schermo.

Il film è ambientato in un prossimo futuro in cui le donne hanno improvvisamente ed inspiegabilmente smesso di essere fertili. L'ultimo bambino è nato 18 anni prima degli avvenimenti narrati. La razza umana sta quindi andando incontro ad un' inseorabile estinzione e l'ordine mondiale è piombato nel caos. Le antiche potenze economiche sono ora teatro di guerre e continui attentati terroristici su larga scala.
L'unico paese che sembra scampato a questo armageddon è la Gran Bretagna, ridotta ad una sorta di regime totalitario che ha come primo obbiettivo quello di evitare qualsisasi contatto con l'esterno e con il diverso, in cui l'immigrazione è vista come un crimine e gli immigrati clandestini confinati in città-ghetto in rovina dove vige la legge del più forte. Questo il background in soldoni.

Ora, se da un lato sono felice che la sceneggiatura eviti la fastidiosa tendenza dei film di fantascienza degli ultimi tempi a voler a tutti i costi dare una spiegazione razionale a ciò che è sostanzialmente fiction, rimediando spesso figure barbine, dall'altro era lecito attendersi un progressivo svelamento dell'antefatto e una sua maggiore comprensione in una produzione di questo livello.
Non ci troviamo di certo di fronte a un b-movie, tuttavia siamo indotti ad accettare che il mondo stia andando a rotoli e sia avvolto dalle fiamme dell'odio solo ed unicamente perchè il destino dell'umanità è segnato dall'infertilità femminile. Non mi sembra che ci sia un rapporto di consequenzialità diretta molto forte tra le due cose, sarebbe più logico farsene una ragione e vivere gli ultimi cinquant'anni di vita umana sulla terra in santa pace. E invece no, gli uomini decidono di massacrasri senza soluzione di continuità fino all'ultimo secondo disponibile.
E' quindi assolutamente evidente che questo background è più che altro un pretesto per lo svolgersi della vicenda e per introdurre quel tipo di denuncia sociale, in questo caso piuttosto canonica e prevedibile tra l'altro, tipico della distopia, effettuata estremizzando il presente e trasportandolo nel futuro. Se poi consideriamo che dell'unica speranza per una rinascita della razza umana, cioè il cosiddetto “Progetto Umano”, se ne parla per circa cinque minuti in modo tutt'altro che esauriente, la mia impressione non può che essere confermata.

Ma ora veniamo alla vera forza del film, ovvero la sua grande potenza visiva.
E' subito evidente una schiacciante prevalenza di tonalità fredde, che si sposano perfettamente con il senso di isolamento e solitudine interiore che il film intende trasmettere, nonostante molte scene siano girate nel caos del centro di Londra. Tra città e campagna vi è un abisso insondabile: caotica, brulicante e pericolosa la prima, desolata e disabitata la seconda.
Inutile dire che la fotografia è di primissimo livello, e un sapiente uso della soggettiva della cinepresa a spalla (almeno, credo si tratti di questo tipo di macchina) durante le scene più concitate ne accresce la tensione, danadoci la sensazione di trovarci nella pellicola con i protagonisti.
La lunga scena di battaglia finale poi, è assolutamente da lasciare senza fiato.

Menzione particolare per la colonna sonora, principalmente composta da canzoni anni '70: si va da “Hush” dei primissimi Deep Purple (prima ancora dell'arrivo di Ian Gillan), passando per Ruby Tuesday e arrivando ai King Crimson.

Colonna sonora perfettamente calzante con il personaggio “settantiano” di Jasper (un eccezionale Michael Caine), vecchio vignettista politicamente schierato che vive nel più completo isolamento, dedito alla coltivazione di marijuana.
E' assolutamente singolare come, al di là del protagonista Theo (Clive Owen), i membri “di richiamo” del cast, cioè lo stesso Caine e Julianne Moore, interpretino dei personaggi a cui viene concesso relativamente poco spazio sullo schermo e per di più nella parte decisamente meno intensa del film. Ed è un vero peccato, perchè le loro interpretazioni sono, manco a dirlo, di ottimo livello e gli altri attori, con l'eccezione di Owen, faticano decisamente a mantenere quegli standard.

Ultima nota: la premessa del film, cioè la non fetilità femminile, è assolutamente identica a quella di un b-movie di Sergio Martino intitolato “2019: Dopo la caduta di New York”. Lo svoglimento della trama è molto differente, ma c'è un particolare che ha richiamato la mia attenzione. Nella scena di battaglia finale de “I figli degli uomini”, Theo si ripara nel rottame di un vecchio autobus di linea di colore blu. Ebbene, nel film di Martino c'è una (fighissima!) scena d'azione ambientata in un deposito di autobus abbandonati. Gli autobus sono di colore blu e di una forma molto simile, e le riprese dell'interno sono in entrambi i casi girate in soggettiva, da un punto di vista molto simile.
Probabilmente è una forzatura,ma mi volevo divertire a citarla. Si vede che sono troppo influenzato dal citazionismo tarantiniano e non posso fare a meno di riscontrare in ogni dove citazioni da film misconosciuti. Cosa ci volete fare...

Passiamo ora al giudizio conclusivo: “I figli degli uomini” mi ha saputo coimvolgere e soprattutto emozionare, grazie ad una realizzazione tecnica di primo livello e ad un impatto visivo perfettamente in grado di veicolare quelle emozioni che una trama un po' raffazzonata e traballante non sembrava poter dare. Un film che trovo molto buono, ma che mi lascia il dubbio di aver perso un potenziale capolavoro.

La giuria dice: 7,5
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