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IL RE SCORPIONE --- di Chuck Russell

Oggetto: IL RE SCORPIONE --- di Chuck Russell
inviato da Gurgaz il 22/5/2007 22:51:33

Il Re Scorpione può concorrere a buon diritto al titolo di film più inutile della storia del cinema. Con ciò non intendo dire che sia inguardabile, bensì che i temi trattati tra le scene e la storia narrata sono fatui oltre ogni immaginazione. Viene spontaneo chiedersi se un film del genere sia frutto di un’ispirazione, oppure se sia solo una manovra spudoratamente commerciale, con il duplice intento di accalappiare le fasce più superficiali del pubblico e di dare un po’ di lavoro ad un team di sceneggiatori nullafacenti.

Nonostante queste irrinunciabili considerazioni, Il Re Scorpione è un film che guardo sempre volentieri. Se voglio ritrovare il sorriso, mi basta vedere la scena in cui il protagonista, il vigoroso assassino accadico Mathayus (Dwayne “The Rock” Johnson), sgomina da solo un’intera tribù di barbari e scaglia frecce con tale potenza da scaraventare gli uomini a metri di distanza. Sono questi i momenti migliori della pellicola, per il resto vanamente impegnata nell’intessere una storia plausibile. In un’epoca imprecisata dell’antichità, dove trova spazio tutto ciò che fa brodo, un impareggiabile combattente è intento a conquistare il mondo conosciuto. Il suo nome è Memnone (Steven Brand), ma tutta la sua abilità di condottiero e spadaccino non sarebbe nulla senza le profezie di Cassandra (Kelly Hu). Mathayus è ingaggiato da uno dei pochi sovrani ancora liberi per levare di mezzo la veggente, ma è tradito e catturato. La fuga è scontata, così come l’intrusione nel palazzo di Memnone a Gomorra in cui l’accadico rapisce la profetessa. Naturalmente la bellissima Cassandra ritiene che stare accanto all’assassino sia preferibile che subire i soprusi del tiranno (come darle torto?), perciò gli offre il suo aiuto per spezzare la potenza di Memnone. Nell’impresa Mathayus è fiancheggiato dal capotribù Balthasar (Michael Clarke Duncan), dall’inventore Philos (Bernard Hill) e dal “furetto” Arpid (Grant Heslov). Dimenticavo di citare un drappello di avvenenti donne-guerriero.

Impossibile trovare qualcosa che non sia pacchiano, dagli effetti speciali alla recitazione, dall’impostazione della storia ai costumi. Un’epopea di cartapesta che si crogiola nel tepido susseguirsi dei luoghi comuni. Le donne sono tutte bellissime, gli uomini super-combattenti, gli scenari spettacolari (e del tutto irreali), le battute fulminanti e l’azione chiassosa fino al ridicolo. A tutto ciò si può accorpare la colonna sonora di John Debney, in sè non disprezzabile, ma orribilmente deturpata dalle gratuite schitarrate dei Godsmack.

Non c’è nulla che contenga una qualche traccia di qualità, di ispirazione o di buona cinematografia. Il Re Scorpione è una storia vuota di contenuti e piena di colori, come è nello stile di Steven Sommers, stavolta nei panni dello sceneggiatore. Tuttavia c’è qualcosa che mi piace e che mi diverte ogni volta che lo vedo. Mi basta poco per individuare in The Rock la fonte di qualsiasi momento positivo: la sua mimica, il suo tono di voce, lo stile ingenuo con cui interpreta il primo ruolo da protagonista sono più che sufficienti per tener viva l’attenzione. Il cinema d’azione ha trovato in questo ex wrestler un volto rappresentativo, dopo anni di stasi e divi intollerabili nella loro presunzione.

I difetti non si fermano a quanto elencato: ci sono anche carenze tecniche non trascurabili, come un cutting selvaggio che rende il film frammentario, un finale tirato per i capelli e diverse scene senza scopo che rubano tempo utile allo sviluppo della storia. Tutti questi problemi rendono il film un must per gli appassionati di B-Movies, solo che in questo caso la produzione si è pappata un sacco di soldi!

L’unico modo per trarre qualche soddisfazione da Il Re Scorpione è sospendere il proprio schema di giudizio ed adeguarsi allo spirito frivolo di quest’antichità bislacca e plastificata. Tutto è concepito all’insegna dell’ovvietà e proprio in quest’ottica deve essere guardato: un’avventura inverosimile e priva di riferimenti storico-culturali, bella proprio perché talmente leggera da sfaldarsi sotto il peso del nostro sguardo. Un film certamente non indispensabile, che mi sento di raccomandare solo a chi riesce ad apprezzare la banalità quando è pura ed immacolata come in questo caso.

Voto di gradimento: 7
Voto critico: *
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