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Re: LA MALEDIZIONE DEL FORZIERE FANTASMA ---Recensione di Gurgaz

Oggetto: Re: LA MALEDIZIONE DEL FORZIERE FANTASMA ---Recensione di Gurgaz
inviato da Gurgaz il 22/10/2006 19:56:40

Io sono il primo a riconoscere che ciascun genere di film va guardato con un atteggiamento diverso, perché quello che in certi generi è inaccettabile diventa del tutto normale in altri. Ho sempre sostenuto che se il realismo non è una premessa si può anche fare a meno di commentare le assurdità. Infatti, non ho citato una singola assurdità del film, eccetto quella davvero macroscopica della ruota. Oltretutto, quella scena non riuscivo a guardarla fisicamente, tanto le immagini erano, per così dire, incasinate.

Può darsi che io sia rimasto indietro, che il cinema abbia raggiunto capacità di espressione che io non riesco a comprendere, mentre un pubblico con meno pregiudizi è perfettamente in grado di farlo. Però non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione che, quando nessuno ha consapevolezza di quali sono i limiti del buon gusto in una certa forma d'arte, quella stessa forma è in fase di declino.

Per chi ha pazienza, riporto un brano che ho letto pochi giorni fa sul Don Chisciotte, in cui si parla delle commedie in voga in Spagna al tempo di Cervantes. Fate le debite sostituzioni e vedrete che è un discorso che può funzionare perfettamente per film come Dead Man's Chest.

l discorso del curato sulla commedia

“Lei ha toccato un argomento, signor canonico” – disse a questo punto il curato – “che ha ridestato in me un’antica avversione che ho per le commedie ora in voga, pari a quella che provo per i libri di cavalleria; perché, mentre la commedia dovrebbe essere, come pare a Tullio, lo specchio della vita umana, l’esempio dei costumi e l’immagine della verità, quelle che ora si rappresentano son specchi di assurdità, esempi di scempiaggini e immagini di lascivia. Perché, ci può essere mai, nel campo di cui ci occupiamo, un’assurdità più grande di quella d’un bambino che esce in fasciole nella prima scena del primo atto, e nella seconda vien fuori già uomo con tanto di barba? O più di rappresentarci un vecchio coraggioso e un giovanotto vigliacco, un lacché che fa concioni, un paggio che dà consigli, un re bracciante e una regina sguattera? E che dire dell’osservanza dei tempi in cui possono o potrebbero accadere le azioni che rappresentano, se ho assistito a una commedia che il primo atto iniziava in Europa, il secondo in Asia e il terzo finì in Africa; e se fosse stata di quattro atti, il quarto si sarebbe concluso in America, sicché si sarebbe svolta in tutt’e quattro le parti del mondo?
(...)
E mentre la commedia è fondata su fatti immaginari, le si attribuiscono verità storiche e vi si inseriscono pezzi di altri fatti successi a differenti persone ed epoche, e tutto questo, non già per un’apparenza di verosimiglianza, ma per grossolani errori, assolutamente imperdonabili? E il guaio è che ci sono ignoranti i quali dicono che questo va benissimo, e che tutto il resto significa andar cercando il pelo nell’uovo. E che dire poi se passiamo ai drammi sacri? Quanti miracoli falsi vi si fingono, quante cose apocrife o malamente intese, e miracoli di un santo attribuiti ad un altro! E non si peritano di far miracoli anche nelle commedie profane, senza nessun rispetto né altra considerazione all’infuori di quella che pare a loro che lì ci può star bene quel tal miracolo o quella tale apparizione, come la chiamano loro, perché la gente ignorante rimanga colpita e vada a vedere la commedia; e tutto ciò va a detrimento della verità e a scapito della storia, nonché ad onta dell’intelligenza spagnola, perché gli stranieri, che invece osservano con rigore le norme della commedia, vedendo le assurdità e le scempiaggini di quelle che facciamo noi, ci considerano barbari ed ignoranti. Né vale a sufficiente discolpa dire che il fine principale che gli stati bene ordinati perseguono permettendo che si facciano pubbliche commedie è quello di intrattenere il popolo con qualche onesto svago, e distrarlo a volte da quei malumori che sogliono essere generati dall’ozio; e che, dal momento che questo lo si ottiene con qualsiasi commedia, buona o cattiva, non è il caso di porre delle norme e di costringere quelli che le compongono e le rappresentano a farle come si dovrebbe fare, visto che, come dicevo, con tutte quante si ottiene lo scopo che con esse si persegue. Al che risponderei che questo scopo lo si conseguirebbe assai meglio, senza possibilità di paragone, con le buone commedie, anziché con quell’altre; perché, dopo aver ascoltato una commedia intelligente e ben coordinata, lo spettatore ne uscirebbe divertito dalla comicità, ammaestrato dalle verità, meravigliato dagli avvenimenti, messo in guardia dagli inganni, impratichito con gli esempi, adirato contro il vizio e innamorato della virtù; poiché tutti questi sono i sentimenti che deve suscitare una buona commedia nell’animo di chi la ascolta, per rozzo o balordo che sia, ed è assolutamente impossibile che non diverta e intrattenga, che non appaghi e accontenti molto di più una commedia che abbia in sé tutte queste qualità che non una che ne sia sfornita, come ne son sfornite per lo più quelle che di solito ora si rappresentano. E di questo non hanno colpa gli autori che le compongono, perché ce ne sono di quelli che riconoscono molto bene qual è il loro errore, e sanno benissimo quello che devono fare; ma poiché le commedie son diventate mercanzia da vendere, dicono, ed è la verità, che gli attori non gliele comprerebbero se non fossero di quel genere; e quindi l’autore cerca di adattarsi a quello che gli chiede l’attore che dovrà pagare la sua opera”.

Da “Don Chisciotte della Mancia” di M. de Cervantes
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