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Re: George A. Romero & Tom Savini

Oggetto: Re: George A. Romero & Tom Savini
inviato da falconellatempesta il 28/11/2007 19:35:35

Citazione:

falconellatempesta ha scritto:
cosa pensi di la notte dei morti viventi???

E' il primo, è l’originale, è il film che ha per sempre rivoluzionato la visione dello zombie negli horror-movie plasmandone un vero e proprio "archetipo" che resterà per sempre nell’olimpo dei mostri di ogni tempo. E’ noto che lo zombie in se stesso non è un’invenzione di Romero: trattasi di una figura del folklore haitiano e caraibico, un “non-morto” che nell’immaginario popolare veniva usato perlopiù come forza lavoro. Da qui un pugno di film della prima metà del 900’ che lo rappresenta appunto come un essere passivo, esecutore di ordini più o meno loschi per conto di biechi mandanti (vedi gli interessanti: "Il gabinetto del Dott. Caligari" del 1920, "White Zombie" del 1932 e "Ho camminato con uno zombie" del 1943 ). Anche la letteratura fantastica se ne interessò in quel periodo, soprattutto con Henry S. Whitehead, arcidiacono nelle Isole Vergini e nelle Indie Occidentali, che scrisse una serie di racconti ispirati alle leggende dei Carabi e ai riti voodoo, successivamente pubblicati su Weird Tales (vedi in particolare “Zumbi” del 1944 ). Lo zombie di Romero è però abbastanza diverso dai suoi predecessori; il regista americano è il primo a darne una visione così orrorifica e repellente, ed a motivare le cause della sua comparsa sulla terra con delle giustificazioni scientifiche. Ecco che ci troviamo di fronte ad un cadavere quasi sempre in incipiente stato di decomposizione, deambulante, lento nei movimenti ma inesorabile nello scopo: fagocitare carne umana.

La sua irrazionale ed istintuale antropofagia è già largamente evidente in questo primo film della famosa trilogia romeriana, ma nei successivi capitoli sarà largamente ampliata e perfezionata. Tuttavia “La notte dei morti viventi” non ha solo rivoluzionato la concezione del mostro-zombie, ha creato un vero e proprio cliché per quel che riguarda la struttura dei film di questo tipo. La casa è al centro di tutto, ma stavolta con il ruolo assolutamente nuovo di ultimo baluardo di salvezza, dove rintanarsi e barricarsi nella speranza di tenere lontano ciò che c’è fuori, ciò che preme incessantemente per entrare. Tutto questo sovverte la concezione tipica che gli spettatori si erano fatti di casa come ricettacolo di fantasmi, cadaveri seppelliti, ed orrori di ogni tipo. La tendenza istintiva è sempre stata quella di “scappare” nel senso di uscire fuori dal luogo chiuso, per trovare scampo in un rassicurante “fuori” che di solito concede la salvezza. Stavolta è esattamente l’opposto, è la casa (ed in seguito il luogo chiuso) ad alimentare la speranza, che va man mano sempre più svanendo. Ad un’occhiata superficiale il film sembrerebbe poca cosa dal punto di vista tecnico: è un low-budget e si avverte quasi subito un impianto quasi teatrale, con lo stesso manipolo di attori in scena praticamente dall’inizio alla fine. Ma il risultato è notevole: i pochissimi finanziamenti al film hanno portato Romero a creare un’atmosfera allucinata, irreale, grazie al netto bianco e nero della pellicola e della fotografia. A tratti sembra quasi di guardare un fumetto animato, e le inquadrature ed i piani sequenza sono proprio quelli tipici delle tavole di un "comics". Le musiche sono riciclate dagli archivi musicali della Capitol Records e costarono appena 1500 dollari. Ciò nonostante hanno un effetto straordinario di allucinazione e degrado, con un orchestra che suona ossessivamente frammenti ritmici e melodici estremamente inquietanti. La celeberrima sequenza iniziale del cimitero è da manuale del cinema horror: crea l’orrore dove non c’è, in maniera assolutamente subdola ed improvvisa, scatenando una tensione che non cesserà fino alla fine
Forse non tutti sanno che uno dei pochi finanziatori del film fu un macellaio, il cui apporto è da considerarsi tanto fondamentale quanto inquietante dato che fornì tutto il sangue e le frattaglie varie usate in un’altra celebre sequenza. Gli altri due furono Karl Hardman (che curò anche il sonoro ed il make-up) e William Heinzman (lo zombie nel cimitero). Tutte le comparse (invero non tante) che appaiono come zombie, furono pagate 1 dollaro a testa più una t-shirt con scritto:"Ero uno zombie nella notte dei morti viventi". Il ritmo del film non è sempre serratissimo, soprattutto nella parte centrale, ma la cosa stranamente non guasta affatto. Romero vuole di proposito dare un approccio realistico alla vicenda, quasi documentaristico, con pochissimo montaggio ed una inclusione di sequenze statiche e descrittive. Il tutto tende a dilatare il più possibile la percezione temporale della storia, che in effetti si esaurisce in meno di 24 ore. Oltre ai citati riferimenti psicologici alla casa-rifugio, il film è pieno di espliciti messaggi di denuncia sociale. In primis la situazione razziale, visto che tra l’altro si tratta del primo film dell’orrore che vede come protagonista un afro-americano (il bravo Duane Jones). In questo caso, però, la visione romeriana è molto più pessimistica (e probabilmente realistica) del contemporaneo "La calda notte dell’ Ispettore Tibbs", che vedeva come protagonista un lanciatissimo Sindey Poiter, vincitore sui bianchi. Da qui si evidenziano chiaramente gli altri significati, come la mentalità dell’uomo medio americano di quel periodo o la contestazione giovanile. Il personaggio interpretato da Karl Hardman (Harry Cooper nel film) la dice tutta sul pungente riferimento ai medio borghesi sciocchi e conservatori, e sul concetto di proprietà privata. Probabilmente il messaggio più forte che sembra trasmettere il film è la fine del sogno americano, un sogno che andava sempre più svanendo sul finire degli anni 60, e che l’orda di zombie affamati cerca definitivamente di divorare. Nella casa sembrano rappresentate alcune delle personalità più caratteristiche della società: il giovane di colore, intelligente, equilibrato e reattivo; la giovane coppia onesta e progressista, la coppia più anziana tendenzialmente chiusa e misantropa. Tutti si dovranno però scontrare con lo stesso tipo di problema, che li rende uguali anche se così diversi. Il finale fa riflettere a lungo su questi temi, lasciando lo spettatore sgomento di fronte ad un muto grido di orrore che già si percepiva nel corso della vicenda: l’orrore della stupidità umana. Sicuramente un grande classico, "La notte dei morti viventi" è un capostipite fondamentale di un certo tipo di film horror. Ha consacrato Romero come "padre" degli zombie sebbene questo termine, in tutto il film, non venga pronunziato nemmeno una volta; ma soprattutto è un film di contenuti, di riflessioni sociali e di grandi suggestioni. Il tutto esposto con un linguaggio secco e tagliente che farà dell’esordiente regista un punto di riferimento per l’horror dei prossimi 30 anni, e del film un vero e proprio "must" per ogni appassionato.

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