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CHINATOWN --- di Roman Polanski

Oggetto: CHINATOWN --- di Roman Polanski
inviato da Gurgaz il 5/12/2007 22:40:49

Il genere noir è appannaggio dei cinefili ed il grande pubblico ne ignora quasi totalmente l’esistenza, anche perché negli ultimi anni il noir sopravvive a stento in poche pellicole nostalgiche, non sempre all’altezza dei capolavori del tempo che fu. Io stesso ho poca familiarità con questa derivazione del genere drammatico, perciò ho scelto di indagare nel passato partendo da un salda certezza: il regista Roman Polanski, del quale ho avuto modo di apprezzare lo stile e le innegabili doti in pellicole più recenti.

L’ottimo Chinatown si è rivelato una scelta azzeccata. È del 1974 ma non dimostra gli anni che ha, poiché è dotato di un ritmo non comune nei film dell’epoca. La sceneggiatura da Oscar di Robert Towne presenta una vicenda di corruzione, intrighi e giochi di potere a Los Angeles, nel periodo che separa le due grandi guerre. Protagonista indiscusso è il detective privato Jake Gittes (Jack Nicholson), un vero professionista nello spiare i personaggi in vista e coglierli sul fatto. La moglie del capotecnico Hollis Mulwray (Darrell Zwerging) assolda Gittes per tenere d’occhio il marito, sospettato d’infedeltà. Naturalmente l’indagine dà i suoi esiti eclatanti, ma la comparsa della vera moglie, Evelyn (Faye Dunaway), l’accusa di diffamazione e l’improvvisa morte di Mulwray spingono l’investigatore a cercare la verità, quando il buonsenso suggerirebbe di metterci una pietra sopra. Viene così a scoprire una serie di manipolazioni ed imbrogli, avvenuta all’interno del Dipartimento dell’Acqua e dell’Energia, assieme ai numerosi segreti di Evelyn Mulwray e di suo padre, il facoltoso Noah Cross (John Huston). Sull’operato di Gittes vigilano gli ex colleghi Lou Escobar (Perry Lopez), ora tenente della polizia, e Claude Mulvihill (Roy Jenson), che preferisce fare lo scagnozzo dei potenti. Entrambi erano compagni di Gittes, quando faceva il poliziotto a Chinatown.

Non è il caso di svelare oltre questa magnifica sceneggiatura, dove le informazioni sono dosate col contagocce e l’attenzione dello spettatore è sempre ravvivata da qualche novità, sia che si tratti di un’importante rivelazione o di un evento inatteso. Pur non trattandosi di un film chiassoso e frenetico, Chinatown è denso di azione; non è fatto di interminabili dialoghi, che sono solitamente brevi e pregni di significato, ma è un continuo susseguirsi di scenari e scoperte sorprendenti. Lo spettatore condivide la prospettiva di Gittes e non può fare a meno di credere a quello che lui scopre, poiché tutto è finalizzato a questo risultato. A differenza dei film moderni, però, lo spettatore apprende la storia poco a poco, non tutta alla fine, con la sgradevole sensazione di un’umiliante doccia fredda. Il buon gusto sta nel nascondere e nello svelare le cose in modo naturale e consequenziale, non nell’ingannare lo spettatore con trucchetti scenografici ed accurati tagli.

Il mistero di Chinatown è ben lontano dagli stereotipi del genere ed è difficile immaginare la verità. Ciononostante il piacere che offre non si esaurisce alla prima visione, poiché le successive permettono di notare i numerosi dettagli di un copione accurato oltre ogni immaginazione. Poi c’è l’eccellente prestazione degli attori. J.Nicholson e F.Dunaway sono semplicemente perfetti nei loro ruoli: il rapporto tra i loro personaggi evolve costantemente nel corso del film ed è appassionante quanto l’indagine. L’elogio si estende al regista John Huston, che interpreta un altro personaggio memorabile. Sorprende però la freschezza e la qualità dell’intero cast, dove perfino la comparsa Burt Young convince appieno. Di certo è merito dei bravi attori, ma simili risultati si ottengono solo se casting e regia sono di alto livello, come in Chinatown.

Un capitolo a parte è costituito dalle musiche di Jerry Goldsmith, alle quali raramente è consentito di risaltare, ma il cui contributo si sente eccome. In definitiva non saprei muovere una critica a questo film, che ho trovato più stimolante di tanti thriller moderni, densi di “vuota azione”. Per certi versi non apprezzo molto il finale, che tronca la vicenda in modo tragico ed improvviso, ma per alcuni questo potrebbe essere un tocco di stile senza eguali. In sostanza il film regge benissimo il trascorrere del tempo, come succede per i capolavori, e costituisce una visione piacevole ed appassionante anche per lo spettatore moderno. Pur nella sua immediatezza, è un’opera complessa che si lascia apprezzare completamente dopo più visioni.

Voto di gradimento: 10
Voto critico: *****
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