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THE BLACK DAHLIA --- di Brian De Palma
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Da Povoletto (UD)
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Un bel problema, scrivere questa recensione. Il motivo potrebbe essere la totale discordanza tra il mio parere e quello della critica, oppure la notevole complessità dell’ultimo film di Brian De Palma. Ieri sera, sotto una pioggia torrenziale, mi sono recato al cinema per vedere The Black Dahlia, che si presenta come un giallo in grado di sconfinare facilmente in generi più o meno affini.

Si tratta di un adattamento dell’omonimo romanzo di James Ellroy, ispirato ad uno dei più famosi omicidi irrisolti della California. The Black Dahlia è il soprannome di Elizabeth Short (Mia Kirshner), una ragazza del Massachussets giunta a Los Angeles in cerca di fama e gloria, a cui il destino ha invece riservato una morte orribile. I poliziotti Dwight “Bucky” Bleichert (Josh Hartnett) e Lee Blanchard (Aaron Eckhart) sono gradualmente portati ad interessarsi al caso, per cui sviluppano un’ossessione. I due sono divenuti amici sul ring, quando entrambi erano pugili, e tali sono rimasti nel lavoro. Lee accoglie spesso Bucky nella sua dimora, dove nasce un ambiguo triangolo con la moglie Kay Lake (Scarlett Johannson). Quando Lee inizia a dare segni di instabilità emotiva, Kay cerca l’aiuto di Bucky. Questi indaga, ricostruendo gli ultimi giorni di Betty Short e contattando i conoscenti; all’interno di un’improbabile locale per lesbiche, Bucky incontra Madeleine Linscott (Hilary Swank), l’attraente figlia di un ricco immobiliare. Invitato a cena dai Linscott, Bucky scopre una famiglia eccentrica: un capofamiglia disonesto (John Kavanagh), una moglie altolocata e chiaramente pazza (Fiona Shaw) e, ben presto, la falsità di Madeleine. Nel frattempo, Lee viene ucciso in un agguato e Bucky prende il suo posto in casa al fianco di Kay. A piccole dosi, l’ingenuo ma ostinato detective scoprirà tutti gli altarini nascosti da chi lo circonda e riuscirà a svelare il mistero.

Posso assicurare che per quasi un’ora ho profondamente odiato questo film. La prima parte è convulsa e si affanna a gettare informazioni disordinatamente, prima con lo scopo di approfondire i personaggi di Lee, Bucky e Kay, quindi per introdurre l’omicidio di Betty Short. Davvero difficile capire qualcosa: troppe frasi a metà, narrazione in background, eventi che si susseguono a valanga, senza che i precedenti possano essere digeriti con calma. Per fortuna, l’ingresso di Hilary Swank e della famiglia Linscott, caricaturale ma straordinariamente efficace, distendono il film e danno allo spettatore il tempo di pensare. Un po’ alla volta la matassa si dipana e ciò che appariva incomprensibile diventa chiaro, almeno per chi si è sforzato di rimanere attento nella prima parte.

Gli attori sono la croce e la delizia di questo film. Hartnett appare troppo inespressivo per un ruolo come il suo (deve nascondere la faccia mentre piange, altrimenti fa ridere) e la splendida Johansson non recita in maniera proporzionale al suo atteggiamento da vamp. Ha un viso dai lineamenti statici che è più adatto alla fotografia che alla recitazione. La Swank si impossessa ben presto della scena, sfoggiando sicurezza nel ruolo di donnaccia senza scrupoli. Anche le altre attrici lasciano il segno: la vivida M.Kirshner tocca il cuore e F.Shaw crea un personaggio assai inquietante a colpi di overacting. Eckhart è relegato in secondo piano e forse avrebbe meritato la parte di Hartnett, a patto di riscrivere il copione.

La colonna sonora di Mark Isham è un equo mix di romanticismo e tensione, come la vicenda richiede, arricchita da alcuni brani che rievocano l’epoca in cui la vicenda è ambientata (la Short fu assassinata nel gennaio 1947). Come è abituale oggigiorno, il sonoro è di una qualità sconvolgente. Le location, molto azzeccate, sono situate perlopiù in Bulgaria.

In corrispondenza della fatidica scritta THE END, che non vedevo da anni, ero molto soddisfatto, perché avevo assistito ad una storia interessante, ricca di colpi di scena, con recitazione generalmente all’altezza e con una ripresa straordinaria. Un film superiore alla media, dominato da un raffinato gusto estetico e dalla costante dicotomia tra bellezza di facciata e marciume interiore. Tuttavia, il desiderio di fascino a tutti i costi ha indotto qualche errore di casting, in particolare riguardo a Hartnett come protagonista; carino, troppo scialbo ed ingenuo per sostenere una simile parte. Infine, intrecciare tante sottotrame con la storia principale, essendo costretti ad accelerare i tempi, ha trasformato la prima parte in un guazzabuglio irritante. Questi problemi impediscono a The Black Dahlia di poter essere considerato un capolavoro, almeno da un profano come me. Per ottenere una recensione da critico professionista, basta invertire tutte le mie affermazioni.

Voto di gradimento: 7
Voto critico: ****

Inviato il: 5/10/2006 10:48
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Re: THE BLACK DAHLIA --- di Brian De Palma
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Da Sommerlund
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veramente una bella recensione.

Inviato il: 5/10/2006 20:13
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