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[Prologo] - Dagoberto
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Il cuore verde delle foreste di Laitia è il luogo più adatto per cercare la pace e l'illuminazione. I Monaci del Nuovo Culto lo sanno molto bene e per questo hanno scelto le profondità del bosco come luogo di ritiro e romitaggio. Oltre le robuste querce e gli alti frassini della Foresta Ascosa sorge un importante santuario, meta ogni anno del pellegrinaggio di centinaia di fedeli. Su di un viottolo ben battuto da ferventi calzari e piedi callosi, un uomo giovane, il cui volto è segnato da mille sofferenze ed avversità, procede di buon passo alla volta del monastero.

Cammina cammina, Dagoberto inizia a sentire la stanchezza. Sono quasi due settimane che è in viaggio, a piedi dalla natìa Cortona fino alle frontiere della Gelatodia. Gli stivali sono consumati e per il freddo non sente più la punta dei piedi. In cuor suo, prega di avere la forza di raggiungere la destinazione; ha fatto un voto, non può sottrarvisi, perché se non espierà le sue antiche colpe presso i monaci dell'Ascoso Serraglio il suo ordine lo espellerà per sempre.

Egli è un Cavaliere della Fede, difensore dell'ortodossia del Nuovo Culto. Il suo zelo è sempre stato impeccabile e ha sacrificato tutto in nome della purezza; non ha esitato rivolgersi contro il padre, preda di uno spirito maligno, e ad abbandonarlo per seguire la strada della Vera Fede. Da allora la sua crescita è avvenuta sotto una rigida disciplina militare, ma mentre aumentava la bravura con la spada aumentava anche la tracotanza. Così un brutto giorno Dagoberto si è infuriato contro un illustre cittadino di Nirato di Tempione, ai suoi occhi un peccatore dedito a pratiche immonde, e lo ha malmenato pubblicamente. Purtroppo costui era un Evocatore, uomo stimato e rispettato perfino dai suoi stessi superiori. Dagoberto non ha mai potuto comprendere perché il suo gesto fosse biasimato, ma di certo ne ha dovuto scontare le conseguenze. La prigionia, la penitenza e l'astinenza hanno placato la sua ira, ma solo con un pellegrinaggio poteva completarsi la sua rinascita spirituale.

Mentre ripercorre i tristi ricordi del recente passato, Dagoberto non si accorge di essere arrivato nei pressi di un ruscello, sulla cui sponda siede un Monaco vestito con un saio bianco e nero. Non appena lo vede, Dagoberto si ferma; quello alza la testa ed un ampio sorriso illumina il suo volto pingue e rubicondo.

-"Carissimo pellegrino" - dice il Monaco, gioviale - "vedo che hai percorso tanta strada. Vieni, ristorati un attimo presso il rio, fatti vedere"

Il Cavaliere della Fede avanza circospetto; senza dubbio davanti a lui si trova un sant'uomo, ma il luogo viaggio e i rischi corsi lo hanno reso diffidente. Non ha nulla con cui difendersi, nemmeno la sua spada.
-"Qual è il tuo nome?" - chiede il Monaco, mentre il viandante si china sull'acqua per lavarsi il viso impolverato. -"Dagoberto, Dagoberto da Cortona" - risponde.

-"Ah, salute a te, o Dagoberto, Cavaliere di Cortona. Il numero è Zero!" - esclama il frate, con grande entusiasmo. -"Ma che dite, padre?" - chiede Dagoberto. -"Mah, la frase mi è venuta spontanea" - risponde - "Credo di averla letta in un vecchio manoscritto, accanto al tuo nome, nella vasta biblioteca del Serraglio. Non ricordo né il significato né il contesto. Comunque lascia perdere, non sono qui per confonderti ma per guidarti alla meta. Il mio nome è Fra Butirro, guardiano Predicatore".


(Prosegue Borgoastro. Fra Butirro è qui per guidarti al Serraglio Ascoso, dove completerai la penitenza. Prova ad immaginare il dialogo che tenete tu ed il frate mentre procedete verso il monastero. Egli cercherà di capire il tuo animo e ti tratterà con bonomia, ma come vedi è un tipo un po' strano)

Inviato il: 15/1/2009 23:13

Ultima modifica di Gurgaz il 20/1/2009 20:15:18
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Re: [Prologo] - Dagoberto
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I raggi del sole filtrano debolmente tra le fronde degli alberi della monumentale foresta di Laitia. Il vento ne smuove le foglie e lascia intravedere l’arancio del cielo crepuscolare.
Alto lo sguardo, fiero l’occhio, attento osserva la foresta, Dagoberto da Cortona siede su un vecchio tronco mozzo, che l’uomo avea reciso due decadi addietro.
- Stanco Dagoberto? – sorride sornione fra Butirro.
Dagoberto fa una smorfia e si leva il pesante mantello marrone di dosso. Sotto una bianca tunica indossa una vecchia cotta di maglia, dono del padre di suo padre.
- Ho sentito parlare di voi Dagoberto.- gli fa il monaco – Certo, erano solo voci…cenni.-
Il cavaliere sta in silenzio, il viso mostra la massima indisposizione a qualsiasi conciliabolo, sa a cosa si riferisce il monaco e non si lascerà prendere in giro anche da questo sconosciuto per i fatti di ..
- Non importa che cosa abbiate sentito dire di me. – gli risponde il cavaliere sulla difensiva.
- C’è un motivo per cui sono qua.- dice grave il cavaliere. - …le mie colpe, come avrete sentito da queste voci..-
- Non importa il motivo. – lo interrompe il frate. - Starete bene da noi. L’aria è buona e le vivande…beh..- da una manica dell’ampia tunica fa scivolare fuori una coscia di pollo arrosto.
- Favorite?-
Dagoberto lo osserva allibito e disgustato, non lo nasconde ma il frate corpulento se la ride.
- Ditemi un po’, com’è che avete deciso di seguire la strada del cavaliere della fede?- gli chiede il monaco osservandolo da sotto il folto sopracciglio e masticando la carne di pollo.
Un flashback si apre nella mente del cavaliere, vede immagini e le racconta poiché ama ricordare il suo passato lontano, lo fa sentire importante e questo fra Butirro l’ha capito bene nonostante le apparenze.
- Ero un bambino.- comincia Dagoberto. – Cortona è un buon posto per crescere. Mio padre è il figlio di un nobile di grande casata. Da mio nonno, pace all’anima sua, ho ereditato la fortezza di Cortona che s’erge tra i colli ricamati di vigneti. Una dimora antica una volta, fredda e spoglia ora. Mio nonno combattè molte guerre, alcune le vinse altre le perse. Morì senza l’ombra di un quattrino e pieno di debiti così che dovette vendere la pregiata mobiglia del castello far campare il suo unico figlioletto. Ma a me lasciò questa, la sua cotta di maglia. Ora sta a me ripristinare l’onore della casata e potete credermi che vi riuscirò.-
- Il Signore ci guarda e ci giudica per il nostro operato. I vostri sono buoni propositi Dagoberto da Cortona, ma sappiate raggiungere li vostri scopi seguendo il verbo.- gli dice il padre – E ora andiamo. Al Serraglio oggi si serve il cinghiale con polenta.-
Dagoberto lo guarda con disapprovazione poi si alza e partono uno accanto all’altro.

Inviato il: 19/1/2009 17:41

Ultima modifica di Borgoastro il 22/1/2009 15:29:01
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Re: [Prologo] - Dagoberto
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L’Ascoso Serraglio è situato nel profondo della foresta, proprio ai piedi di una collina coperta di vegetazione, che lo protegge dal vento settentrionale. È cinto da mura non troppo imponenti e comprende diversi edifici di pietra gialla: una bella chiesa dall’alto campanile, il serraglio dei Monaci, una foresteria, un refettorio con grandi e fornitissime cucine, un chiostro, una biblioteca e una birreria. Fra Butirro illustra con dovizia di particolari l’organizzazione del convento in cui Dagoberto trascorrerà i giorni della purificazione.

I Monaci conducono vita ritirata, ma non sembrano mortificare il loro corpo al pari dello spirito. Dalle cucine si spande il profumo di mille squisite vivande e dalla birreria trasudano i pungenti aromi del mosto in fermentazione. Dagoberto osserva tutto con stupore e perplessità, chiedendosi che redenzione potrà mai trovare presso quella congrega di frati crapuloni.

La corpulenta guida gli mostra la sua cella e gli concede qualche momento per posare le sue cose. “So che per te è una dolorosa separazione” – gli dice Fra Butirro – “Ma finché sarai tra queste mura la tua spada e la tua cotta di maglia saranno requisite e conservate nel guardaroba”. Dagoberto gli getta un’occhiata fulminante, ma il corpulento monaco non si scompone. “Mi spiace, ma è la regola. Non avrai bisogno di armi nella pace del Serraglio”. A malincuore Dagoberto gli cede i cimeli di famiglia e si appresta ad indossare un povero saio di tela ruvida.

Nel refettorio lo attende una tavola imbandita, degna della mensa di un re. I frati alzano la testa al suo ingresso e qualcuno accenna un saluto con la testa, ma nessuno gli rivolge la parola. Fra Butirro si porta il dito alla bocca e gli ingiunge di non parlare. Il pranzo, per quanto succulento e ricco di pietanze gustose, tra cui un memorabile secondo piatto di cinghiale con polenta, viene consumato in silenzio dai Monaci. Per oltre mezzora, tutto quel che si ode è tintinnar di piatti e ruminar di allenate mandibole.

Dagoberto ha fame e presto la gustosa cucina del monastero ha ragione delle sue resistenze. Ben rifocillato dopo un lungo cammino, il cavaliere della Fede è pronto ad essere presentato all’abate, apparentemente uomo più contemplativo della maggior parte dei confratelli. “Benvenuto all’Ascoso Serraglio, Dagoberto da Cortona” – dice l’Abate Clotario – “perdona la scortesia, ma durante il pasto non è concesso parlare. È la regola dei Monaci di San Protocleto, che nel mangiare è assai discreto”. Il guerriero annuisce, mentre soffoca un saporito rutto risalito dal ventre rigonfio.

“Sei qui per mondarti da una grave colpa” – continua il sant’uomo – “e per questo dovrai prima lasciare la tua confessione, poi sottoporti al Rituale di Purificazione, in cui ti sarà impresso il Sigillo della Nuova Via. Non solo: spero che l’atmosfera serena del nostro ritiro ti aiuti a ritrovare la strada, che passa attraverso il soffocamento degli istinti violenti che uccidono la carità. Ricorda le mie parole, Dagoberto: il Signore Senza Tempo ti ha concesso la forza, ma solo se la utilizzi per la sua gloria potrai trovare il tuo posto in Paradiso”.

“Ho sempre agito per la gloria dell’unico dio” – risponde sicuro Dagoberto. “Sei sicuro di quel che dici?” – lo incalza l’abate – “Nel tuo passato c’è molta oscurità e anche molta sofferenza, che hai elargito nella stessa misura in cui l’hai ricevuta. Occhio per occhio, dente per dente, come facevano gli uomini prima che il divino si incarnasse e ci illuminasse col suo esempio. Ti pare che la tua condotta abbia seguito tali precetti?”

Dagoberto non risponde, mentre cerca di riordinare i pensieri in tumulto e di tener a bada i copiosi prodotti della digestione. “Avrai tempo per riflettere” – conclude Fra Clotario – “passerai la settimana in meditazione, poi entrerai nel confessionale dove racconterai tutto al nostro fratello Butirro”.

Dietro di lui, la faccia pacioccona del frate si illumina d’uno sfavillante sorriso. Dagoberto inorridisce all’idea di svelare i demoni che tormentano la sua anima a quell’uomo così mondano, ma gli ordini dell’abate sono legge dentro le mura del Serraglio. Così il cavaliere trascorre una settimana di meditazione e riposo, in cui non gli vengono a mancare i piaceri della tavola, assaporati in religioso silenzio.

(Prosegue Borgoastro) Racconta, se vuoi, la permanenza nel monastero. Il tuo brano però deve focalizzarsi sulla confessione, in cui oltre a raccontare a Fra Butirro qualcosa di più sul tuo passato (siamo tutti curiosi di sapere cosa hai combinato con mamma e papà) fai ammenda delle tue malefatte e prendi nuovi impegni (che poi non è detto che tu mantenga, ma per ora devi fare buon viso a cattivo gioco).

Inviato il: 24/1/2009 14:20
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Di idee morali non ce ne son più, oggi; e quel ch’è peggio, pare che non ne siano mai esistite. Sono scomparse, inghiottite sin nei loro più piccoli significati... Da L'adolescente di F.Dostoevskij
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Re: [Prologo] - Dagoberto
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Buio. Lo sguardo indagatore di Dagoberto si sofferma sulla piccola fiammella della candela che adorna la parete davanti a lui. La sua cella è spoglia. A parte una branda, non c'è altro, nemmeno una finestra. L'ambiente è adatto per le meditazioni del cavaliere.
"Questo dovrebbe essere un luogo di preghiera" riflette "ma questi monaci hanno perso la retta via ingozzandosi di cibo. La gola è un grave peccato."
Dagoberto è disgustato e sul suo viso si legge il disprezzo.
"E quel fra Butirro è un eretico, ne sono certo, al pari dell'abate" pensa "Ma non sono quì per purificare le loro anime con il fuoco. Non ora..." un sorriso sadico illumina per un attimo il viso, poi lo cela con una smorfia. "Prima devo riabilitare la mia condizione..." riflette "Anche se mi ripugna dovermi confessare e convivere con questi peccatori, è necessario. Domani, dopo le funzioni sacre mi rivolgerò a fra Butirro, è deciso, la settimana è trascorsa." Chiude gli occhi e unisce le mani per pregare.

E' domenica, Dagoberto non si sente ancora a suo agio in quel saio ma non importa, non è l'unica cosa che odia del Serraglio. Ecco farsi avanti fra Butirro "oggi il suo sorriso è piu' orribile del solito" pensa Dagoberto sorridendogli a sua volta "un giorno glielo levo insieme ai suoi peccati."
- Siete venuto per confessarvi Dagoberto? Siete pronto?- chiede gentilmente il monaco accarezzandigli la spalla. Il contatto infastidisce il cavaliere, ma cerca di non darlo a vedere, ha deciso di stare al gioco.
- Si caro fra Butirro. Spero di non arrecarvi troppo disturbo se chiedessi di…beh di confessarmi...ormai le mie colpe sono fin troppo opprimenti per essere sopportate.- dice Dagoberto in tono mellifluo.
- Oh caro figliulo, andiamo.- il monaco lo prende per il braccio e lo porta nel confessionale.
La luce è quasi totalmente assente, in lontananza si ode un coro di preghiera, sono i monaci che si preparano per qualche celebrazione.
- Perdonatemi padre perchè ho peccato.-
- Coraggio figliuolo, raccontatemi tutto.-
- Fin da bambino ho sempre saputo di essere speciale. Il Signore senza Tempo aveva grandi piani per me e ne ebbi dimostrazione a sette anni per la prima volta. Ricordo bene quando il prete entrò nella sala da letto di mia madre, mio padre non ha mai avuto tanto coraggio, fui io che rimasi con il sacerdote.
Quando vidi quella donna nel letto capì subito che non era mia madre ma che un essere del male si era impossessato di lei. Il sacerdote iniziò l'esorcismo. Fuori pioveva, era buio e il buio era rischiarato solo da occasionali lampi di luce. Il vento entrò nella stanza, il sacerdote cadde e io lo vidi, il demone dentro di lei, l’ombra di mia madre aveva contorni demoniaci e si allargava e si estendeva sulle pareti attorno a me. Io gridai, ma il vecchio non sentì. La pioggia cominciava ad entrare nella stanza, fuori il temporale era all’apice della sua furia. Gli artigli si d’ombra stavano raggiungendo i miei piedi, le mie braccia. Udì una voce in quel momento e fu come un raggio di sole “La fede salva. Impugna la croce tau piccolo Dagoberto”. Mi voltai, la spada del nonno appesa al muro, l’elsa a tau d’oro e la lama brillava di fuoco, allora capii. Tosto l’afferrai e mi voltai d’improvviso senza guardare. Fu un suono rotto, la mia mano non aveva vacillato. Quando riaprì gli occhi seppi che a ricevere il colpo non fu solo il demone ma anche mia madre, la cui testa giaceva pallida ai miei piedi.
Ora conoscete la mia storia. Ciò che accadde poi non importa ora. E’ per questa colpa che sono qua.-
-Figliolo, avevate altra soluzione?-
-Oh c’era padre, se non avessi chiuso gli occhi…io ero certo che ci fosse solo l’ombra del demone eppure ritrovai lì entrambi al momento del fendente. Avrei potuto liberare mia madre ma ho fallito. Ora chiedo ammenda per la mia colpa e faccio voto di eterna fedeltà al Signore senza Tempo che è mia guida.-
-Per sette anni tu non alzerai piu’ la spada contro chicchessia, questo è lo scotto per l’errore commesso, ma potrai amministrare la legge del Signore in altri modi.-
-Così sia.-
-Io ti assolvo in nome del Signore senza Tempo, Dagoberto da Cortona.-
-Grazie padre.-

Inviato il: 25/1/2009 12:05
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Re: [Prologo] - Dagoberto
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Fra Butirro conduce Dagoberto sul sagrato della chiesa, dove presto li raggiungono altri due frati con una tinozza piena d’acqua. All’interno guizzano alcuni pesciolini argentei. “Questo è un Lavacro della Purificazione” – spiega il monaco – “Devi immergerti in quest’acqua consacrata se vuoi ricevere la benedizione del Signore senza Tempo. Spogliati del tuo saio”.

Dagoberto si libera dell’odioso vestito e resta nudo sotto il debole sole invernale. Ha molto freddo, ma il cavaliere reprime ogni genere di lamento. Una dimostrazione di debolezza davanti a tre gaudenti monaci di S. Protocleto sarebbe assai sconveniente. Mette nella tinozza un piede dopo l’altro, sente i pesci schizzare nelle varie direzioni, quindi si siede nell’acqua.

Fra Butirro lo asperge con l’acqua benedetta e riempie l’aria di strani gesti. Con il pollicione unto e carnoso gli traccia un segno sulla fronte. “Dagoberto, ricevi il Sigillo della Nuova Via” – proclama – “portalo senza macchia per tutta la vita”. Terminato il rito, porge a Dagoberto un ruvido telo per asciugarsi. Solo allora il purificato cavaliere nota che i monaci hanno portato anche la sua corazza e i suoi averi. Butirro gli dice che può indossarli di nuovo e lo incita a far presto, poiché l’abate Clotario li attende in chiesa.

Finalmente a suo agio nella vecchia cotta di maglia, portata in centinaia di combattimenti da lui e dai suoi antenati, Dagoberto entra con passo sicuro nel tempio. L’abate lo attende presso l’altare, circondato da una mezza dozzina di altri monaci. “Con grande letizia apprendiamo che ti sei riconciliato col Signore” – esordisce Fra Clotario – “Ora finalmente sei degno di ricevere il sacro incarico per cui il nostro ordine ha voluto chiamarti”.

Dagoberto resta a bocca aperta. Quella congrega di ghiottoni vestiti da monaci è così influente, da costringere l’Ordine dei Cavalieri di Nirato a spedire un confratello fino all’Ascoso Serraglio? Quale fantomatica missione vogliono affidargli? Davanti a quei visi rubicondi e sorridenti, Dagoberto si chiede se si tratti di una missione salvifica o di un’impresa dai risvolti culinari.

“A te, coraggioso cavaliere di Cortona” – continua l’abate – “affidiamo una ricerca della massima importanza per il nostro ordine. Dovrai ritrovare le perdute reliquie del Sacro Protocleto, scomparse qualche decennio or sono in seguito all’invasione del Regno di Maro, ad opera del bellicoso sovrano di Sgradena, Giscardo lo Smazzolatore”. Clotario fa una pausa per verificare se l’ascoltatore ha ben recepito. “Ti consigliamo di recarti a Maro e far visita al pregiatissimo ministro Aurelio Colonna, che da tempo è in cerca di un uomo capace di portare a termine questa impresa. Ora che conosciamo la forza del tuo spirito, noi seguaci di S.Protocleto ci affidiamo al tuo giudizio, alla tua fedeltà e all’opera della Provvidenza. Sappi che nella tua ricerca sarai ostacolato da demoni e seguaci del Male, ma se la tua fede resterà salda nulla ti fermerà”.

“Poiché per espiare le tue colpe sei costretto ad abbandonare la spada” – si intromette Butirro – “ti consigliamo di cercare l’aiuto di altri coraggiosi individui di buona volontà, che come te condividono l’odio per le opere del Male e cercano di porvi rimedio”.

“Questo è il voto che mi è stato imposto, padre” – risponde Dagoberto tra i denti – “ma un uomo d’armi come me è votato a San Glicinio e non può sottrarsi al combattimento, soprattutto se riceve una missione ispirata dalle potenze celesti”. Mentre pronuncia queste parole, la mano corre istintivamente alla croce tau che porta al collo, nella quale è incastonata una lastra di vetro che racchiude un pelo riccioluto del Sacro Protettore, inestimabile reliquia per il Cavaliere della Fede.

San Glicinio nel lottare vuol predominio!” – esclama l’abate– “Beh, non importa. Se non puoi usare la spada, nulla ti vieta di difenderti in altro modo. Il consiglio di Fra Butirro resta comunque valido. Ora ti chiedo: sei disposto a compiere la difficile impresa che intendiamo affidarti?”

(Prosegue Borgoastro. Rispondi all’Abate e, se ti interessa, richiedi altre informazioni (mandami un MP se hai bisogno di aiuto, come probabile). Si tratta dell’imbeccata per una successiva avventura. Poi prosegui dicendo che intendi recarti al più presto ad Ilmona in cerca di compagni per la ricerca. Concludi con la preparazione alla partenza e con Fra Butirro che ti invita a seguirlo nel magazzino del Serraglio, dove intende donarti qualcosa di utile per l’impresa)

Inviato il: 31/1/2009 17:35
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Re: [Prologo] - Dagoberto
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Dagoberto osserva i suoi interlocutori, unisce le mani e intreccia le dita. -E sia.- dice serio – Accetto.-
-Molto bene.- gli fa cenno l’abate con il capo; fra Butirro sorride, è quasi euforico.
-Sapevo che avresti accettato Dagoberto.- dice fra Butirro.
Il cavaliere osserva il frate: la manifestazione così spiccata dei sentimenti umani lo infastidisce.
-Dagoberto.- gli parla l’abate con sguardo indagatore, come se in quel momento avesse letto i pensieri del cavaliere – Ricordati, non devi essere facile alla collera o quella, presto o tardi ti distruggerà.-
Dagoberto, sorpreso da quelle parole, si sente invaso dal senso di colpa e la cosa non gli piace.
-Abate.- gli dice fiero, soffocando quel senso di colpa in qualche angolo della sua mente – Mediterò sulle vostre parole. –
Dagoberto fa un inchino per congedarsi ma quando alza lo sguardo vede che per l’abate il conciliabolo non è ancora conluso.
- Dagoberto, so che in Aurelio Colonna potrai trovare grande aiuto. Non solo è una persona di grande integrità morale, ma anche uomo di fede di notevole spessore. Non considerarlo solo un consigliere o un’autorità ma anche un maestro e guida spirituale. Ora preparati, tra qualche giorno inizierai un lungo viaggio.-
- Grazie ancora abate. Avete riposto le vostre speranze nella persona giusta. Partirò all’alba. Non voglio attendere oltre. Mi recherò ad Ilmona, spero di trovare qualche compagno devoto al Nuovo Culto che mi accompagni in questa missione.-
- Ilmona. Mm…sento che qualcuno troverai, ma non necessariamente chi vuoi. Quello che pensi di volere non è necessariamente quello di cui hai bisogno, potresti sorprenderti presto di questo.
Che San Protocleto ti protegga.- gli dice facendo il segno della croce tau con la mano, poi prima di andarsene si ricordò -…e San Glicinio ti dia la forza per sostenerti nel tuo compito nel momento piu buio.-
- Grazie padre.-

Il magazzino del monastero è un luogo umido e buio. Molte stanze sono adibite alla fermentazione della birra, alcune all’invecchiamento di intere forme di formaggi.
Fra Butirro scende dagli ultimi gradini delle scale strette e tortuose con la torcia accesa stretta nel pugno.
- Dovrai fare attenzione quando sarai a Maro. Da quando quel furfante di Giscardo lo Smazzolatore l’ha invasa non è piu la stessa, ma Aurelio Colonna sta facendo il possibile per migliorare la situazione. Quel Giscardo! La terra da cui è arrivato, Sgradena, è una terra barbara, lontana dalla civilizzazione e dall’illuminazione del nuovo Culto e la sua gente pericolosissima.-
- Conosco bene la situazione di Sgradena. L’ignoranza e la totale assenza di interesse verso il nuovo Culto rendono quella gente ottusa lontana dalla possibilità di ottenere la grazia se non con la redenzione attraverso la morte. Ma per ora non sarà quello il mio compito.-
- Oh eccoci!- gli dice il frate completamente disinteressato dalle parole del cavaliere.
Una porta di legno massiccio si apre.

Inviato il: 9/2/2009 20:56

Ultima modifica di Borgoastro il 10/2/2009 9:29:01
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Re: [Prologo] - Dagoberto
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La torcia illumina il viso rinsecchito di un frate piuttosto vecchio. Dietro le sopracciglia cispose due occhietti miopi scrutano i nuovi arrivati, soprattutto Dagoberto che non gli è così familiare. I suoi tratti si distendono quando nota l’ampia sagoma di Butirro. “Buongiorno Fra Castoro” – lo saluta questi – “O buonanotte, che dir si voglia. Tanto qui sotto è sempre buio”. “Eh, fate presto a scherzare voi” – biascica l'altro frate, mentre spalanca la porta del magazzino. Un penetrante odore di formaggi stagionati e mosto fermentato investe le narici di Dagoberto, che si chiede come sia possibile che ci sia del cibo nascosto in ogni anfratto del Serraglio. “Proverete a diventare vecchi e mezzi orbi come me, poi vi passerà la voglia” – continua Fra Castoro – “Non conosco il tuo compagno, me lo presenti prima di varcare la soglia del magazzino?”

“E’ Dagoberto” – risponde Butirro – “Ha trascorso tutta la settimana insieme a noi; davvero non te lo ricordi?”. “Non ricordo di averlo visto” – borbotta il vegliardo – “e nessuno si è preoccupato di presentarmelo. Bah, venite dentro”. Mentre varcano la soglia, Butirro spiega a Dagoberto che Fra Castoro è non è cieco per metà ma quasi completamente, e che la luce del sole gli risulta fastidiosa. Per questo è stato nominato Dispensiere del convento e passa quasi tutta la giornata nei sotterranei.

“Immagino che il confratello stia per partire” – dice il Dispensiere – “e che tu lo abbia portato qui per ricevere i doni del convento”. “Esatto” – risponde Fra Butirro. “Bene, seguitemi”. Il monaco guida con sicurezza Butirro e lo stupefatto Dagoberto in quella cantina di delizie, dove si conserva una quantità di cibo e bevande da far invidia alla dispensa di un re. Oltrepassata la zona alimentare, agli occhi di Dagoberto si apre un impressionante campionario di oggetti di ogni genere, chissà come accumulati in quel luogo.

“Tanto per cominciare” – esordisce sbrigativo Fra Castoro – “se il tuo compito è portare il Nuovo Culto tra la gente, avrai bisogno di un Lavacro della Purificazione”. E indica un punto davanti a sé. Dagoberto sgrana gli occhi. “Ma come posso trasportare quello smisurato catino di marmo?” – chiede sbalordito. “No, non quello” – dice seccato il vecchio, accostandosi meglio al punto in cui credeva di aver visto l’oggetto. “Questo” e gli porge un piccolo bacile di metallo, lavorato col cesello in bei motivi floreali e con qualche raffigurazione di Sacri Protettori.

“Poi che altro possiamo dargli...” – blatera – “Una croce tau ce l’ha già, una spada e un’armatura le ha... di che avresti bisogno, di grazia?”. Dagoberto sta per rispondergli per le rime, ma Fra Butirro lo previene. “Fratello” – dice – “Dagoberto deve compiere una missione importante e pericolosa. Dobbiamo dargli qualcosa che renda veloce i suoi passi e lo sostenga nella battaglia contro i demoni”.

“Beh, se cercate una cavalcatura siete nel posto sbagliato” – sentenzia Castoro – “Andate nelle stalle, da Fra Morello. Lui ti darà un bell’asino con cui procederai spedito. Se hai fortuna ne riceverai uno che si lascia anche cavalcare, ma la maggioranza sono caparbi e cocciuti”. “Io cavalcare un asino?” – protesta Dagoberto, ma Butirro lo trattiene ancora. “Per gli spiriti maligni” – prosegue il Dispensiere – “Non c’è nulla di meglio di questo”. E ritorna nella stanza vicina, dove afferra e porge un bel mazzo di carciofi. “Carciofi?” – chiede Dagoberto al limite della disperazione. “Sì, e della miglior qualità. Agitali davanti a spettri e fantasmi mentre invochi il tuo Sacro Protettore, e vedrai come scappano terrorizzati!”

“Non dirà sul serio” – commenta il cavaliere – “Non mi presterò certo a queste scempiaggini. Mi basta la croce tau in una mano e la spada nell’altra; demoni e spiriti non mi fanno paura”. “Buon per te” – conclude il vecchio – “Ma ti posso assicurare che funzionano alla perfezione. Se ti secca portarteli appresso puoi sempre cuocerli in pentola”.

Un po’ deluso per quei doni assurdi, Dagoberto lascia il magazzino accompagnato da Fra Butirro. Nelle stalle conosce il giovane Fra Morello che gli offre un asino docile e mansueto, sul quale carica i suoi bagagli, quindi si appresta ad abbandonare l’Ascoso Serraglio. Fra Butirro lo saluta calorosamente. “Se il Signore lo vuole, ci rivedremo” – si congeda il buon fratacchione – “Il numero è zero! Salute a te, o Dagoberto, dio dei nani!". “Con tutto il rispetto, fratello” – dice Dagoberto – “comincio ad averne abbastanza dei vostri vaneggiamenti”. “Finalmente mi sono ricordato la frase completa e anche dove l'ho letta” – esclama compiaciuto – “è negli annali del famoso scrittore marone Erbio Brenniano. Il suo trattato De aulae regis Arcturus racconta in gran dettaglio i tempi in cui il popolo era ancora sottomesso al paganesimo e draghi e stregoni terrorizzavano le contrade senza posa. Pensa un po’, c’era addirittura un dio con il tuo stesso nome”.

“Vi consiglio di dedicarvi a letture meno blasfeme, Fra Butirro, potreste dannarvi l'anima” – lo stronca il cavaliere – “E’ giunta l’ora della partenza, il sole è già alto e c’è molta strada per arrivare ad Ilmona”. “Bene” – acconsente il monaco – “Le nostre speranza sono riposte in te e su di te invochiamo la benedizione di S.Semolino, colui che benedice ogni cammino. Buona fortuna, Dagoberto da Cortona!”

Con un freddo cenno del capo, Dagoberto saluta il monaco e si allontana con gran sollievo dall’Ascoso Serraglio, dove intende tornare per portare la reliquia e con essa la purificazione per quei Monaci peccatori.

Inviato il: 10/2/2009 23:28
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