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[Prologo] - Teobaldo
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E' una mattina come le altre, ma non per Teobaldo di Tàbisa. Per la prima volta in vita sua, il giovane guerriero di Piamanca posa gli occhi sulle rigogliose campagne di Bramoldia. Una terra amena, ben coltivata, punteggiata qua e là da radi boschetti e da casolari, dal quale i contadini osservano soddisfatti i loro poderi. La primavera è alle porte e presto sarebbero spuntati i primi virgulti; nell'aria si percepisce già un odore diverso, la vita che si schiude e si spande una volta ancora.

Teobaldo sprona il cavallo lungo il sentiero, che procede sinuoso tra le colline arate e i vigneti. Dopo aver attraversato quasi tutta Laitia in cerca di avventure, ed avendone vissute di entusiasmanti, il nostro eroe ha raggiunto la sua meta. Non manca molto alla capitale del regno, la bianca Ilmona, roccaforte dei potenti Spossa. Teobaldo spera di trovare una buona occasione per farsi onore e mettersi in luce, per ricevere la "spintarella" che a Laitia serve per ottenere l'attenzione dei potenti.

A Teobaldo piacerebbe vivere solo di avventure, ma in tanti mesi di viaggio non gli è poi andata troppo bene. In Zolia ha cercato di salvare la figlia di un borgomastro da un gigantesco drago, ma gli è andata male. La bestiaccia lo ha battuto in astuzia e se lo sarebbe pappato in un sol boccone, se all'ultimo istante non fosse giunto un Paladino più esperto a trarlo d'impaccio. Quello sì che sapeva combattere i draghi, proteggersi dal loro soffio infuocato, schivare i loro artigli e colpire nei punti giusti. Non basta saper usare una lancia e tirar di spada, ci vuole esperienza, cautela e lucidità.

Il prode cavaliere, Rizieri di Zanio, si è congedato dal trafelato e spaventato Teobaldo con un saggio consiglio: -"Fato volle che io fossi costì, a salvare la vita a te e alla bella fanciulla, che dovevi sottrarre alle grinfie del drago. Per compiere sì grandi imprese, che porteran il tuo nome sulle bocche del popolo, devi imparare ad essere abile ed astuto. Il coraggio ce l'hai già, ma se gli dai retta finirai presto in pasto ai vermi".

Mentre quello se ne andava con la fanciulla aggrappata alla sua corazza splendente, Teobaldo gli ha chiesto: -"Signore, prendetemi con voi! Sarò vostro scudiero e vi servirò umilmente, nella speranza di apprendere dalle vostra gesta e diventare un grande eroe come voi siete". Rizieri fermò il destriero e sorrise al giovane guerriero: -"Purtroppo ho già uno scudiero. Egli mi attende oltre quel poggio, sempre che non mi abbia seguito per guardare la scena di nascosto. Di certo ora sarà tornato là ad aspettarmi. Lascia che ti dia un altro consiglio: cercati un padrone, un grande signore, e mettiti al suo servizio. Affina il mestiere del cavaliere compiendo gli incarichi che lui ti assegnerà; quando sarai abbastanza esperto e sicuro di te, allora potrai scegliere di combattere per la tua gloria personale".

Parole dure, scolpite nel cuore di Teobaldo. E' così assorto in questi pensieri, che non si accorge che la strada si inoltra in un boschetto. Poco più avanti, vede una scena inaspettata: un albero è caduto in mezzo alla strada e una carrozza è ferma, dall'altra parte rispetto a lui. Due manigoldi vestiti di nero e col volto coperto da un fazzoletto, stanno facendo scendere gli occupanti della carrozza e il cocchiere, agitando davanti a loro delle spade affilate. Sembra si tratti di persone facoltose: il primo a scendere è un corpulento signore dalle ricche vesti e dall'aria terrorizzata; dopo di lui scende una splendida giovane dama dai capelli castani, adorna di ricchi gioielli. Se è sua moglie, è fin troppo giovane; probabilmente è la figlia. Lei pare ancor più spaventata dell'uomo.

(Prosegue Federico. Immagino che il tuo personaggio voglia intervenire in questa situazione. Prosegui la narrazione focalizzandoti su quello che pensi, che fai e che dici, ma fermati prima di decidere l'esito dell'incontro)

Inviato il: 16/1/2009 20:52
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Re: [Prologo] - Teobaldo
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Teobaldo decide di smontare da cavallo e di lasciarlo poco lontano. Non se la sente di rischiare l'incolumità della sua montatura, o peggio ancora, di subire l'onta di farselo rubare. Avvicinandosi lentamente alla carrozza con l'elsa della spada ben in vista e il palmo della mano sinistra poggiata sull'estremità di essa, Teobaldo leva la mano destra in un cenno di saluto ed esordisce: “Salute a voi, lestofanti! Mi duole turbarvi nel pieno di cotanto offizio, ma le buone norme di cavalleria mi impongono di chiedervi di non usare violenza, sia essa anco sol verbale, nei confronti di sì graziosa damigella e di quello che ho ragione di credere essere l'onesto padre suo.”

Le due figure incappucciate sono scosse da un sussulto, e si voltano simultaneamente per fissare il giovane guerriero con un misto di sorpresa e incredulità negli occhi, che però ben presto muta dapprima in incredulità per l'assurdo e quanto mai fuori luogo eloquio dell'estraneo e poi tradisce la presenza di un ghigno beffardo sotto i loro fazzoletti. Sebbene armato, il guerriero non sembrava certo essere un cavaliere equipaggiato di tutto punto per la battaglia. Sperando che fosse solamente buontempone con troppi sogni in testa, i due decidono di minacciarlo per cercare di liberarsene.

“Senti giovanotto, sarebbe veramente un peccato lordare di sangue quel bel vestitino. Perchè non te ne vai da dove sei venuto, prima che ci venga voglia di vedere cosa c'è nel tuo borsello?”dice uno dei due con voce ruvida e parzialmente attutita dal bavaglio.
“Non vi fate trarre in inganno dalla mia umile apparenza, poiché vi assicuro, ribaldi, che di fronte a voi si trova avversario degno della più alta considerazione, il cui lignaggio non è che fonte d'invidia tra il popolo basso. E poi, quali maniere sono mai queste? Rivolgersi a un cavaliere celando il proprio volto? Vili zotici, abbiate l'ardire di mostrarvi all'atto di portare tali minacce!”, è la risposta di Teobaldo, che sull'ultima frase lascia salire il tono della voce in modo perentorio.

“Hmmm...folle...e con la testa dura!” borbotta il brigante che fin'ora aveva taciuto, con una voce ancor più roca di quella del complice. “Avrai la fine che ti meriti, ragazzo. Tu pensa al mercante, io voglio proprio vedere di cosa è capace questo millantatore.”
Così dicendo, il furfante si avvicina a Teobaldo con passo cauto ma deciso.
La mano destra del cavaliere scorre ferma sull'elsa, pronta a denudare la lama.

Inviato il: 17/1/2009 22:56
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Re: [Prologo] - Teobaldo
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Svelto come un baleno, Teobaldo sfodera la sua spada affilata e vibra un fendente davanti al viso del bandito. L’omone scatta all’indietro e la lama gli sfiora l’enorme naso, facendogli assaporare il gelo della paura. In tutta risposta, il malvivente balza in avanti ed assesta un paio di possenti colpi contro il paladino, che con rapidi movimenti del braccio e del polso para senza difficoltà. L’insuccesso rende l’attaccante sempre più furioso, ma Teobaldo lo lascia fare. La sua concentrazione è tutta nelle parate e nelle schivate.

Gli affondi e le stoccate si susseguono da entrambe le parti, ma la tecnica di Teobaldo è sopraffina per il bifolco che lo sta affrontando. Il suo compagno si accorge che il combattimento non è finito e che lo straniero ha tenuto testa senza difficoltà ad un avversario più potente. Sta pensando se non sia il caso d’intervenire...

Con un urlo il brigante si getta con tutte le sue forze in un ultimo disperato assalto, ma Teobaldo lo evita con un rapido movimento laterale. Trascinato dal suo stesso peso, il marrano incespica in avanti e passa oltre il nemico, che fa volteggiare la spada e la adopera per rivoltargli il mantello sopra la testa. Prima che sia riuscito a liberarsi, Teobaldo gli inforca la cintura e gliela taglia di netto. Le brache del bandito cadono miseramente ai suoi piedi, con grande imbarazzo dei presenti.

“Ah, vile!” – impreca il fuorilegge, intento a nascondere le pudenda – “Questo è sleale! Pagherai caro il tuo affr...Ungh!” Un bel pugno sul naso mette a tacere quella bocca scellerata e il pesante corpo rovina sul selciato, già sprofondato nell’incoscienza.

Il secondo malvivente fa per gettarsi su Teobaldo, ma il suo impeto si smorza in un fragoroso rumore di cocci sfasciati. Dietro il corpo esanime del bandito compare la leggiadra figura della donzella, che regge il manico di quello che una volta era un vaso da notte. Teobaldo fissa con stupore quel bel viso dall’espressione sicura e serena, fino a poco fa preda del terrore e dell’angoscia. La ragazza ricambia l’occhiata del giovane guerriero e chiude il silenzioso dialogo con un rassicurante sorriso.
“Ben fatto, giovin signore” – esclama il mercante, giunto ad interrompere l’idillio – “Hai dato proprio una bella lezione a quel manigoldo. Osare attaccare me, Apollodoro di Viltio, uno dei più ricchi e noti commercianti di tutta Laitia, proprio quando sono in viaggio di piacere. È incredibile che le strade di Bramoldia siano divenute così insicure.”

Teobaldo annuisce assente, la testa ancora persa in quei begl’occhi blu, e rinfodera la spada mentre il grassone impomatato continua il suo discorso: “Il vostro intervento è stato provvidenziale, altrimenti non so cosa avrebbero fatto a me e alla mia dolce figliola Adorabella. Ci avrebbero rubato i pochi preziosi che abbiamo, ma chissà se avrebbero risparmiato le nostre vite? I briganti sono gente senza dio. Comunque non appena ritornerò nella mia villa di Vàtoli, sarà mia premura inviare una lettera a Sua Eccellenza il Duca Ciriaco Spossa, e lamentarmi del trattamento ricevuto sulle sue strade”.

Il viso di Teobaldo si illumina a sentir nominare il Duca di Bramoldia, l’uomo che vorrebbe servire. Chissà se il ricco Apollodoro può aiutarlo a farsi conoscere presso i signori di Ilmona, la famiglia Spossa?

(Prosegue Federico. Prova a raccontare al mercante le tue aspirazioni ed immagina il dialogo che ne risulta, coinvolgendo se desideri anche la figlia. Purtroppo il mercante sta tornando a casa e non può accompagnarti in città, ma accetterà di prepararti una rapida lettera di raccomandazione, visto che ti è molto grato per averlo soccorso. Aiuta poi il cocchiere a togliere di mezzo l’albero e chiudi la scena con la carrozza che ti riparte e con l’invito di Apollodoro a fargli visita a Viltio, qualora in futuro tu passi nei dintorni di Maro. Viltio è una cittadina celebre per i bagni termali)

Inviato il: 21/1/2009 0:10
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Re: [Prologo] - Teobaldo
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“Nobile mercatante, non si s'addice a un cavaliere del mio lignaggio rimanere in disparte a contemplare turpi azioni di briganti mentre mettono in pericolo l'incolumità vostra e delle grazia di vostra figlia.” Pronunciando l'ultima frase, Teobaldo evita accuratamente di incrociare lo sguardo di Adorabella, ben conscio di essere incline al farsi tradire dall'emozione al cospetto di una graziosa donzella. E' bene che un giovane cavaliere segua gli afflati di Amore, ma anche l'ideale, e in alcuni casi l'utile, vogliono la loro parte.

“Mia ultima intenzione è quella di abusare della vostra benevolenza, ma non le farò mistero della mia ferma intenzione di trovare una nobile corte disposta ad accogliere i miei umili servigi cavallereschi e caso vuole che io sia proprio diretto ad Ilmona. Se non è chiedervi di sottrarre eccessivo tempo ai casi vostri, potrei beneficiare della vostra nobile influenza nell'immediato, così da poter io stesso porgere le rimostranze da parte vostra presso il duca?”

Di fronte a una richiesta di tanta squisita gentilezza, Apollodoro non può fare a meno di invitare Teobaldo a seguirlo presso la carrozza, dove il mercante, fatta accomodare la figlia in disparte affinché non si facesse venire strani grilli per la testa a rimirare il giovane guerriero, prepara una lettera di raccomandazione non priva di una punta di acredine per l'insicurezza delle strade del ducato.

“Ecco, giovane cavaliere. Porta i miei saluti a Sua Signoria.” dice il mercante, porgendo a Teobaldo una pergamena sigillata con della semplice ceralacca. “E se il fato e la brama di nobili gesta dovessero portarti a Maro, sappi che sarai ospite degno dei massimi onori nella mia villa di Viltio. Sono sicuro che non avete mai assaporato i piaceri delle sale da bagno secondo il costume degli antichi Maroni, si tratta di ozi che ogni uomo degno di tal definizione deve provare almeno per una volta nella vita. Ora però sono io a dovervi chiedere un ultimo favore, prima di congedarmi. Il mio occhiere, seppur in forze, non basta a smuovere l'albero che occlude la via percorribile dalla carrozza. Potreste occuparvene voi?”

Teobaldo si presta al compito senza indugio. Qualche minuto, e invero diversi litri di sudore dopo, la via è nuovamente libera.
“Nobile cavaliere, spero che in futuro voi vogliate tenere in considerazione il mio invito. Per il momento, vi porgo i miei migliori auguri per il vostro cammino” si congeda il mercante.
“Salute a voi, buon mercante. State pur sicuro che sarà mio piacere approfittare della vostra generosa ospitalità. Possiate avere un buon viaggio fino alla vostra terra natia” risponde Teobaldo, levando la mano in segno di saluto.
Per un fugace momento, lo sguardo di Adorabella compare tra le tendine della carrozza, trafiggendo il cuore del giovane.
Colpito dal dardo di Amore e parimenti ringalluzzito dalla definizione di nobile signore attribuitagli dal ricco Apollodoro, Teobaldo rimonta in sella e si avvia alla volta di Ilmona.

Inviato il: 30/1/2009 22:40
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Re: [Prologo] - Teobaldo
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Ah, finalmente Ilmona! Dopo settimane passate tra mulattiere e polverosi sentieri, Teobaldo sente gli zoccoli del suo destriero risuonare sul selciato. La gente si scosta al suo passaggio e i bambini lo guardano con curiosità, colpiti dal suo nobile incedere e dal portamento altero, che stride con i vestiti e il viso non proprio impeccabili, per non dire sporchi.

Gli ci vuole circa un’ora per raggiungere la piazza principale ed ammirare il famosissimo Duomo, di cui si sente parlare in tutta Laitia. Teobaldo rimane per diversi minuti a fissare la stupenda costruzione, finché non si ricorda che è giunto fin lì per recarsi al castello degli Spossa. Ora sarà tutto più facile con le credenziali fornite da messer Apollodoro di Viltio.

Ferma un passante e gli chiede la strada per la fortezza dei signori di Bramoldia. L’Ilmonese gli dà un paio di indicazioni sbrigative e non si ferma neppure a verificare se ha capito o no. Infatti Teobaldo non ha capito un accidente ed è costretto a rivolgersi ad un altro. Anche il secondo gli spiega la strada in quattro e quattr’otto e se ne va, senza dargli modo di replicare. Al terzo tentativo, Teobaldo prova a trattenere il cittadino, ma questi si divincola e gli urla qualche brutta parola in dialetto ilmonese.

Pare che nessuno in questa frenetica città abbia tempo di dare indicazioni sensate, così Teobaldo si ferma a riflettere e conclude che tutti e tre gli hanno detto di prendere la strada a nord e di svoltare ad ovest dopo un po’. Il guerriero decide di tentare, nella speranza di trovare qualche persona più ospitale verso gli stranieri e meno frettolosa nel parlare.

Cammina a lungo Teobaldo, ma dopo un’ora del castello Spossesco neanche l’ombra. Attraversa stretti vicoli, con le briglie del fidato cavallo sempre in mano e la lettera al sicuro nella sacca appesa alla sella. Ad un tratto da una viuzza laterale sbuca una figura scura e grottesca, che gli piomba addosso senza accorgersene. “Ebbene?” – chiede Teobaldo, scrollandosi di dosso l’uomo – “Le pare il modo di imboccare una strada? Mi siete piombato addosso come se foste un ladro”. Nel frattempo deve tirare le redini del cavallo, che nitrisce spaventato alla vista di un grosso gatto nero, evidentemente al seguito dello sconosciuto.

“Mille scuse nobile signore” – mormora il tizio, intimorito – “Maltravasso non aveva nessuna intenzione di offendervi o di scomporre le vostre pregiate vesti”. E come se niente fosse allunga le mani e comincia a rassettargli l’abito. Teobaldo si sottrae seccato e gli intima di andarsene per la sua strada, prima che si senta in dovere di dargli una lezione. “Desolato, voscienza” – risponde – “volevo solo rendermi utile ed alleviare il vostro danno. Poiché non apprezzate le mie premure, proseguite pure il vostro cammino e io farò altrettanto”.

Teobaldo si volta e si tira dietro il cavallo, che si allontana ben volentieri da quel ringhiante gattaccio. Dopo un po’ i vicoli lasciano spazio ad una piazzetta, dove il giovane intravede, con suo grande sollievo, un corpo di guardia. Un armigero è ritto davanti all’entrata e sicuramente non potrà scappare o rifiutarsi di dargli chiare informazioni.

“Chiedo perdono” – gli si rivolge Teobaldo – “Sono straniero e temo di essermi perduto per questi vicoli. Sapete dirmi dove sono finito e come posso trovare il castello dei signori della città?”

“Siete nella contrada di Cirrobabo” – gli spiega la guardia – “Questo è il corpo di guardia rionale. Posso chiedervi chi siete e perché volete andare al castello?”

“Il mio nome è Teobaldo da Tàbisa” – risponde orgoglioso il guerriero – “E sono qui per offrire i miei servigi al pregiatissimo Duca di Bramoldia. Ho proprio qui la lettera di un illustre personaggio che garantisce per la mia onestà e lealtà nel servire...”

Orrore e raccapriccio. Mentre parla, Teobaldo corre con gli occhi alla sella e si accorge che la sacca è sparita assieme al contenuto. Era proprio lì, solo pochi minuti prima! L’ultima volta che ci aveva buttato l’occhio era proprio quando ha incontrato quel Maramaldo, Malatrasso, o come diavolo si chiama. Poi non aveva più controllato.

Maledizione! Quello era un ladro e lui si è fatto fregare come un’idiota! Incurante dello stupore e delle domande della guardia, Teobaldo salta in groppa al cavallo e si getta nei vicoli dai quali è giunto, deciso a ritrovare la sua pergamena.

(Prosegue Federico. Narra l’affannosa ricerca nelle strette vie di Cirrobabo, che dura un paio d’ore. Teobaldo è agitato e chiede a tutti se hanno visto il probabile ladro, senza troppo successo. Quando tutto sembra perduto, Teobaldo noterà davanti alla Taverna del Gatto Nero lo stesso enorme gatto che aveva spaventato il suo cavallo. Entrerà perciò nella Taverna.

Inviato il: 31/1/2009 18:11
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Re: [Prologo] - Teobaldo
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Aver percorso tutti quei chilometri per subire un'onta del genere. Teobaldo non riesce darsi pace, non si capacita di come sia possibile che lui, uso ai furfantelli che popolavano le strette strade delle popolose città di Piamanca, sia riuscito a farsi soffiare da sotto il naso un documento di tale importanza.
Vista la casualità dell'incontro, Teobaldo non si è nemmeno curato di imprimere nella mente le fattezze del malfattore, e così si trova a dover fornire indicazioni piuttosto vaghe ad ogni incontro.
Preso dall'agitazione inizia a tempestare di domande i primi passanti che incontra, spesso senza nemmeno arrestare di la corsa del cavallo. Si vede di fronte figure ancor più grottesche del ladro di cui va in cerca, che spesso faticano a capire l'eloquio del giovane e farfugliano risposte sconclusionate in un dialetto che il cavaliere di Piamanca stenta a decifrare.

Ben presto, il pur fido destriero non ne può più di galoppare per stradine affollate facendo pericolose serpentine tra i cittadini. Teobaldo si vede quindi costretto, suo malgrado, a cambiare strategia di ricerca. Decide dunque di selezionare alcuni luoghi in cui qualcuno potrebbe realisticamente fornirgli indicazioni sull'autore del furto o dove il malandrino si potrebbe essere nascosto.
Uno stretto vicolo tra una casa e una locanda non certo lussuosa stuzzica subito la sua fantasia come potenziale nascondiglio. Sfortunatamente, si tratta di un buio vicolo cieco e l'unica cosa che trova ad accoglierlo è il mefitico getto di un orinale che proviene dal piano superiore della locanda senza alcun preavviso, e lo manca di pochissimo. Teobaldo conclude che una ricerca a tappeto a seconda dell'ispirazione del momento non è proprio il massimo della vita. Anzi, rischia di ritrovarsi in mutande e senza né armi né destriero.

Decide quindi di entrare nella locanda. Il locale al pian terreno è quasi vuoto, eccezion fatta per un ubriaco che giace a faccia in giù su un tavolaccio malandato e per il personaggio dietro al bancone, che pare non curarsi della sua presenza.
“Domando scusa buon uomo, mi stavo chiedendo se per caso voi...” non riesce nemmeno a terminare la frase che il locandiere alza il volto dal bancone e denudando un fila di denti a rastrello color ocra esclama perentorio “Per mangià l'è tròp tardi, per durmì l'è tròp presto. Fila via.”
Rimasto un attimo interdetto dalla risposta a bruciapelo, Teobaldo non si dà per vinto: “Avete per caso visto un ometto...vestito strano...alto più o meno...così?” chiede decidendo di andare per le spicce e saltare i convenevoli. “No” risponde l'uomo, e si gira sparendo oltre una porta posta dietro al bancone.

Con un sospiro, Teobaldo si decide a provare un'altra soluzione, ma non ci vuole molto perchè il giovane e vigoroso cavaliere si faccia prendere dallo sconforto. Il taverniere dell' ”Ascella di Drago” non ha fatto che raccontare dei suoi gloriosi trascorsi militari, prima che una mutilazione lo costringesse a cambiar mestiere, andando dentro e fuori dai discorsi, affermando prima e negando poi di conoscere il ladro. Dal fabbro ha rischiato di prendere un ferro di cavallo in fronte per essersi permesso di insinuare che l'artigiano avesse amicizie poco raccomandabili, dalla tenutaria di un bordello ha avuto in risposta “questa è una casa umile ma onesta”, un mendicante cieco gli ha detto di averlo visto durante una trance mistica e che gli avrebbe rivelato dove si trovava per una moneta d'oro alchemico. A tale proposta, Teobaldo ha replicato con la saggezza appresa dal popolo basso della sua terra natia: “Qua nessuno è stupido”.

Ma ormai è a Ilmona. E' pur sempre un cavaliere e conquisterà la fiducia del Duca senza bisogno di raccomandazioni! Mentre pensa a questo, Teobaldo si batte istintivamente il pugno sul petto e alza lo sguardo verso l'orizzonte per incrociare con la vista...un gatto nero. Un gatto nero? Di fronte alla Taverna del Gatto Nero? Quel gatto nero? Rinfrancato nello spirito e senza ulteriore indugio, Teobaldo si avvia verso la porta della taverna.

Inviato il: 3/2/2009 23:11
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Re: [Prologo] - Teobaldo
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In via straordinaria, il prologo di Teobaldo si chiude con quello di Maltravasso, a questo link:

[Prologo] - Maltravasso

Inviato il: 7/2/2009 13:32
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