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ROBIN HOOD, UN UOMO IN CALZAMAGLIA --- di Mel Brooks
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Nel 1991 Kevin Reynolds rielaborò assieme a Costner uno dei più celebri e sfruttati racconti popolari inglesi, dando vita al kolossal hollywoodiano Robin Hood, Prince of Thieves; il film ebbe successo ma si prese diverse licenze rispetto alla classica storia, al punto che fu quasi indispensabile che Mel Brooks si cimentasse in una parodia. Robin Hood, un Uomo in Calzamaglia ammicca e nello stesso tempo si fa beffe del lavoro di Reynolds; la sceneggiatura di Brooks, John David Shapiro e Evan Chandler ostenta maggior fedeltà alla tradizione ma riprende i passi chiave della sceneggiatura ed alcuni personaggi del suo idolo polemico.

Dopo un’assurda sigla rap, si assiste alla fuga di Robin di Loxsley (Cary Elves) dalle prigioni di Gerusalemme e al ritorno a nuoto in Inghilterra. Al suo arrivo incontra Etcì/Anchoo (Dave Chapelle), figlio del compagno di evasione Starnutì/Asneeze (Isaac Hayes), ma i due non riescono a festeggiare insieme perché il castello di Loxley è stato confiscato e la famiglia di Robin non esiste più. Tra le fondamenta trovano il servo cieco Bellosguardo/Blinkin (Mark Blankfield) e poco dopo fanno conoscenza dell’imbranato sceriffo di Ruttingham (Roger Rees). Questi informa subito l’usurpatore del trono, il principe Giovanni Senza Terra (Richard Lewis), che consulta la cuoca-megera Latrina (Tracey Ullman) per liberarsi di un personaggio molesto come Loxley. Non ha tempo di far nulla che Robin irrompe nella sua sala dei banchetti, seguito dai compagni a cui si sono uniti Little John (Eric Allan Kramer) e Will “Rossella” O’Hara (Matthew Porretta). Questa bravata permette a Robin Hood di incontrare la bellissima Lady Marian (Amy Yasbeck), infelicemente costretta in una cintura di castità Everlast e sorvegliata dalla premurosa governante tedesca Bruttilde/Broomhilde (Megan Cavanagh). La vicenda prosegue tra un’impresa degli allegri compagni in calzamaglia e i patetici tentativi dello sceriffo e del principe. In verità, la trappola del torneo di tiro con l’arco funziona e la scena finale vede Marian costretta a sposare lo sceriffo, pena l’immediata impiccagione di Robin Hood. Naturalmente tutto finirà con i cattivi puniti ed il ritorno di re Riccardo (Patrick Stewart).

Va chiarita una cosa: la comicità di questo film in lingua originale è difficilmente traducibile, se non con infelici espedienti (Will “Rossella” O’Hara? Ma andiamo...). L’unica nota positiva del doppiaggio è il principe Giovanni che parla con accento romanesco, cosa che non ha alcun senso ma che conferisce al personaggio il livello di “burinaggine” che gli è proprio. In inglese le battute memorabili si sprecano e a tratti si rischia di morire dal ridere. Ricordo soprattutto quando la strega dice al principe che la sua famiglia ha cambiato il cognome in Latrine (prima si chiamava “Shithouse”, in italiano tradotto blandamente come “brutto cesso”). Ma forse la frase memorabile del film è questa: “Because unlike other Robin Hoods, I can speak with an English accent”. Un bello schiaffo all’americanissimo Kevin Costner.

Si ride per la demenzialità, si ride per la satira e si ride anche per la brillantezza delle gag, spesso non troppo originali eppure così ben interpretate da strappare quantomeno un sorriso. Il cast è affiatato e sono tutti sorprendentemente calati nei ruoli, quasi ansiosi di far rivivere in chiave parodica i personaggi che il film di Reynolds aveva un po’ bistrattato. C.Elves offre una sincera performance molto più vicina al buon vecchio Errol Flynn, oltre a vestire orgogliosamente la calzamaglia che Costner aveva dismesso con grande sollievo; lo stesso si può dire di tutti gli altri, incluso Mel Brooks nei panni del rabbino Tuckman.

Le musiche di Hummie Mann ricordano quelle di Prince of Thieves e sono spesso vitali all’economia delle scene, come nel simpatico duello tra Robin e Little John. Non c’è nulla che manchi a questo film per essere un grande classico della comicità: ci si diverte con le mille stramberie e conversazioni assurde, nonostante gli scenari e i costumi sappiano di finto lontano un miglio. C’è il viscerale desiderio di far apparire questo film diverso da quello del 1991 e farlo assomigliare ai titoli più datati, che non si curavano troppo del rigore storico. LL’unico elemento innovativo è quello comico-parodico, tipico dei film di Mel Brooks, che sono sia satira che celebrazione. Consigliato a tutti, ma si gusta assai di più in inglese che in italiano. È utile anche aver presente Robin Hood, Principe dei Ladri per capire i continui riferimenti e le relative battute.

Voto di gradimento: 8
Voto critico: ****

Inviato il: 9/3/2010 23:22
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Re: ROBIN HOOD, UN UOMO IN CALZAMAGLIA --- di Mel Brooks
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Aaaah, adoro questo film, lo so praticamente a memoria. Da ragazzino lo vidi a nastro per non so quante volte, mi faceva scompisciare e onestamente ci riesce ancora adesso. A me fa molto ridere anche in italiano, anche se ovviamente si perde qualcosa. Bellosguardo è leggendario, quando combatte contro la colonna non puoi non ridere , e poi il padrino con l'ovatta in bocca e il "lucertolone" Cary Elwes è un interprete davvero brillante, il doppiaggio di Marian e Bruttilde è sensazionalmente trash, e il tormentone del neo del principe Giovanni anche solo adesso a scriverne sto ridendo Secondo me è una parodia geniale.

Inviato il: 10/3/2010 18:31
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