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Chinaglia ordine d' arresto.
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Contro l'ex calciatore, che al momento si trova all'estero, anche l'accusa di aggiotaggio
L'inchiesta della procura di Roma riguarda il tentativo di scalata al club biancoceleste
Estorsione alla Lazio, ordine di arresto
per Chinaglia e quattro capi ultrà
L'ex centravanti: "Casco dalle nuvole, non ho fatto nulla"



Giorgio Chinaglia con la maglia della Lazio negli anni '70
ROMA - Estorsione e aggiotaggio. Con queste accuse il nucleo valutario della Guardia di Finanza ha disposto l'arresto di Giorgio Chinaglia (attualmente negli Stati Uniti da dove rigetta tutte le accuse) e di altre otto persone (tra cui quattro capi tifosi della Lazio) nell'ambito dell'inchiesta della procura della Repubblica di Roma sulla scalata alla società sportiva Lazio. L'obiettivo, spiegano gli investigatori, era semplice: mettere le mani sulla Lazio, impadronirsene ad ogni costo, facendo ricorso alle minacce, all'estorsione, alla violenza. "Un bluff portato avanti a lungo le cui finalità non sono ancora del tutto emerse. Le indagini vanno avanti, ma le ordinanze emesse oggi erano necessarie per mettere un punto" spiegano gli inquirenti.

Chinaglia si difende. L'ex centravanti della Lazio nega tutto: "Casco dalla nuvole, mai fatto estersioni. Lotito chissà cosa vuole fare. Non so perché sta facendo tutto questo. Certo è che andando avanti così, non si fa il bene dei biancocelesti. Non capisco dove si vuole arrivare, non so neanche per quale motivo sono stati arrestati i capo tifosi. E' tutto molto triste. Il presidente Lotito non si è mai voluto sedere al tavolo con il gruppo ungherese interessato all' acquisto della squadra, e se uno non vuole cedere, basta, lasciamo perdere". Ed ancora: "Non devo dimostrare niente perché non ho fatto niente. Per me la vicenda era chiusa già da 8 mesi un anno, visto che non c era la volontà di sedersi a tavola e fare transazioni. Sono tornato tranquillo negli Stati Uniti e ho detto 'vabbe, pazienza". E sul suo ritorno in Italia, Chinalgia dice di non avere dubbi: "Tornerò. Io sono italiano, vivo all'estero ma sono italiano".



La vicenda. Tutto inizia a cavallo tra il 2005 e il 2006, quando Chinaglia rientra in Italia dagli Stati Uniti e sostenendo di parlare a nome di un fantomatico gruppo farmaceutico ungherese, fa sapere di essere disposto a incontrare Lotito per una trattativa finalizzata alla vendita della società. Dichiarazioni pubbliche, quelle di Chinaglia, che avrebbero determinato anomale e ripetute oscillazioni del titolo in Borsa, segnalate poi dalla Consob in una informativa finita sul tavolo dei pm Stefano Rocco Fava, Elisabetta Ceniccola e Vittoria Bonfanti che hanno affidato gli accertamenti alla Guardia di Finanza.

Gli ultrà arrestati. L'indagine della magistratura romana parte allora dalle denunce del presidente della Lazio Claudio Lotito in seguito alle ripetute minacce di morte nel caso non avesse ceduto la società. E prende in esame appunto la scalata al club. Tra le persone colpite da ordinanza anche quattro ultrà della Lazio, Fabrizio Toffolo, Juri Alviti, Fabrizio Piscitelli e Paolo Arcivieri che dovranno rispondere di reati che vanno dall'associazione per delinquere, alla diffamazione attraverso un programma radiofonico, alla violenza privata nei confronti di due giornalisti. "A carico di uno dei quattro esponenti degli Irriducibili c'è anche l'accusa di un tentativo di aggressione fisica ai danni di Lotito e di altri esponenti che erano dalla parte del presidente. E' scorretto, però, pensare che l'indagine sia stata allargata a tutta la tifoseria" spiega il dirigente della Digos di Roma, Lamberto Giannini.

Le minacce. "Tua moglie ha delle belle gambe, peccato che gliele spezzeremo". "Vendi o ti fai male". Erano solo alcuni dei tanti messaggi minatori arrivati in forma anonima a Lotito. In realtà, secondo chi indaga, la cessione del club non era il vero motivo del malcontento degli Irriducibili che puntavano, invece, a recuperare quel flusso di denaro che la gestione Lotito aveva contribuito a stroncare. Per gli investigatori, ad esempio, per ogni partita di campionato i tifosi più caldi ricevevano 50 milioni di vecchie lire per organizzare le coreografie. C'era poi il giro di denaro legato al merchandising e al marketing, entrambi ritornati sotto il controllo dell'attuale patron laziale.

Gli altri arrestati. Gli altri destinatari del provvedimento sono Guido Di Cosimo, Giuseppe Bellantonio, un cittadino di origine ungherese Zoltan Slivas ed Enrico Bruno, che deve rispondere però soltanto di aggiotaggio informativo.

Le reazioni. "Chinaglia? Umanamente mi dispiace quando una persona ha problemi di questo tipo, ma non ho elementi per aggiungere altro" commenta il tecnico della Lazio, Delio Rossi. Tace, invece, il presidente Claudio Lotito.

(13 ottobre 2006)


Inviato il: 15/10/2006 2:46
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