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SONATINE
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SONATINE (Sonatine)
di Takeshi Kitano.

Murakawa è uno yakuza prossimo alla "pensione" in trasferta in quel di Okinawa per sedare lo scontro fratricida tra due bande del luogo.
In fuga da chi immediatamente tenta di liquidarlo, Murakawa ("Beat" Takeshi) gioca alla roulette russa sulla spiaggia, costruisce sumo in miniatura, fa l'amicone coi suoi scagnozzi e stringe un bel rapporto con una ragazza vittima di uno stupro. Almeno finchè non capisce che a inviarlo sull'isola per ucciderlo è stato il suo ex capo mafia, di cui decide di vendicarsi andando incontro alla morte.
Ennesima opera cinica e pessimista del regista nipponico ed ennesimo capolavoro! Il film rimane perennemente in bilico tra satira e huomor nero senza mai scadere nella macchietta tarantiniana, nonostante il sangue scorra parecchio. Quasi totalmente girato nella spiaggia in cui si nascondono Murakawa e i suoi, il film, metafisico e assolutamente nichilista, sembra non credere che la vita abbia vere ragioni per essere vissuta e si limita a stilizzare un racconto noir più che a pomparlo. Quasi che Kitano, insomma, voglia limitarsi a mostrare il significato primo (e quasi nullo) delle azioni umane più che i loro vacui effetti. Vincitore del Premio Taormina nel '94.

Voto personale: 7,5

Inviato il: 13/11/2006 19:11
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Re: SONATINE
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SONATINE --- di Takeshi Kitano

Se ho pensato di acquistare e visionare questo film del regista giapponese Takeshi Kitano, il merito va tutto alla recensione letta sul forum. Sono rimasto soddisfatto? Mica tanto. So che la cinematografia orientale ama presentare i suoi temi sotto forme completamente diverse da quelle hollywoodiane, e per fortuna che è così, altrimenti dove sarebbe la sua originalità e ragion d’essere? Ma non è detto che debba piacermi, infatti questo Sonatine non mi ha particolarmente affascinato.

Takeshi Kitano è sceneggiatore, direttore, montatore e protagonista, nel ruolo del yakuza Murakawa. Gli affari ultimamente gli vanno bene e ha una mezza idea di ritirarsi, ma all’improvviso il boss lo invia ad Okinawa perché metta pace tra due clan rivali. Il gesto ha l’effetto contrario e scatena una guerra, in cui gli uomini di Murakawa sono tolti di mezzo uno dopo l’altro con bombe ed agguati. In attesa dell’evoluzione dei fatti, il capo si rifugia in una casa sulla spiaggia, dove trascorre le giornate giocando e scherzando con i compagni più fedeli: Ken (Susumu Terashima), Katagiri (Ren Osugi), Ryoji (Masanobi Katsumuru) e Uechi (Tetsu Watanabe). Una notte Murakawa fa la conoscenza di una prostituta che ha appena subito uno stupro, Miyuki (Aya Kokumai); la ragazza resta affascinata dal personaggio e dalla strana combriccola, perciò torna spesso a visitarli. Il tempo sembra essersi fermato, quando all’improvviso un killer (Eiji Minakata) giunge a turbare la quiete. Dal suo compagno e rivale Takahashi (Kenichi Yajima), Murakawa scopre che è il suo stesso boss a volerlo togliere di mezzo e decide di organizzargli una trappola. Chi la fa l’aspetti.

Non sono solo i volti degli attori ed i luoghi a suggerire che Sonatine è un film orientale. Lo si comprende dall’atmosfera soffusa, dalle scene oniriche e dall’assenza dei rapporti causa-effetto a cui si è abituati. Il nucleo della vicenda è paradossalmente l’attimo più inutile, in cui cinque gangster assassini ritornano bambini ed intraprendono attività ridicole, come scimmiottare i lottatori di sumo, simultare le figurine di carta di un gioco tradizionale, scavare trappole nella sabbia, improvvisare balletti tradizionali e giocare alla morra cinese con penitenza in stile roulette russa. Sotto l’apparente serenità degli animi aleggia sempre il fantasma della violenza, finché questo prende forma nella comparsa del killer ed esplode in un finale più sanguinoso e cinico del previsto.

Kitano fa un’ottima figura in ciascuna delle sue attività e lo stesso si può dire della maggior parte degli interpreti. La fotografia di Hitoshi Takaya è dinamica e moderna, considerato che il film è del 1993, mentre la colonna sonora di Joe Hisaishi non mi ha convinto granché, nonostante abbia un tema molto orecchiabile che si imprime facilmente. Sonatine non ha alcun difetto tecnico, anzi, ce ne fossero di film realizzati così bene senza l’utilizzo di effetti speciali.

Ho sentito la mancanza di un messaggio in quest’opera disperata e disincantata nel rappresentare la realtà. Sorprende il suo fatalismo, alcune scene cruente che piovono dal cielo, senza alcun preavviso, con una frequenza tale che dopo un po’ diventano scontate. Non condividere la prospettiva di Kitano e non trovarmi in una disposizione d’animo favorevole al nichilismo non mi ha consentito di trarre giovamento o piacere dallo spettacolo. Le scene di violenza mi sono risultate impersonali e di conseguenza indifferenti, eccetto quella, bellissima, in cui il killer compare all’improvviso ed uccide Ken. In quel punto ho sentito vibrare qualcosa, poiché la sceneggiatura toglieva di mezzo con grande enfasi un personaggio mi ero in fondo affezionato. Non si può dire lo stesso di quel che accade dopo, soprattutto nell’ultima scena, per me piuttosto deludente.

Questo primo incontro con Takeshi Kitano non mi ha entusiasmato, al contrario mi ha lasciato in bocca tanta amarezza. Forse questo è lo scopo del film, certamente più nobile di quello della spazzatura che oggi riempie le locandine, ma non è abbastanza per farmi preferire un simile pessimismo alla possibilità di ottenere un valido insegnamento da un lavoro cinematografico.

Voto di gradimento: 6
Voto critico: ***

Inviato il: 9/12/2008 21:46

Ultima modifica di Gurgaz il 13/12/2008 9:52:00
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Re: SONATINE
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I film nipponici sono spesso ostici da digerire. A volte perfino le pellicole che non sono giapponesi, ma affrontano temi ed eventi in modo tipicamente giapponese, risultano spiazzanti e/o poco attraenti per gli occidentali: basti pensare a quel "Lost In Traslation" con Bill Murray che suscitò non poco clamore all'epoca della sua uscita nella sale.

Non ho avuto modo di vedere molti film di Kitano. L'ultimo è stato 'Zatoichi', targato 2003, e devo dire che si è trattato di un'esperienza interessante, anche se per certi versi singolare. L'uso della parola e della musica, ii ritmi ed il senso dello humour nipponico sono cose molto distanti dal nostro quotidiano, ed a volte si fa fatica non solo ad accettarle, ma anche solo a comprenderle.

Cercherò di procurarmi questo "Sonatine", Gurgaz: vedremo se anche a me farà lo stesso effetto (propendo per il sì, sapendo che circa l'80% delle volte i nostri gusti sembrano collidere).

Inviato il: 12/12/2008 20:46
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Re: SONATINE
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=Dr.Scherzo= ha scritto:
I film nipponici sono spesso ostici da digerire. A volte perfino le pellicole che non sono giapponesi, ma affrontano temi ed eventi in modo tipicamente giapponese, risultano spiazzanti e/o poco attraenti per gli occidentali: basti pensare a quel "Lost In Traslation" con Bill Murray che suscitò non poco clamore all'epoca della sua uscita nella sale.


Come ho detto più sopra, non amo moltissimo il cinema orientale e non sono affascinato dalla cultura di quella parte del mondo dove la gente ha gli occhi a mandorla. Non so perché è così, forse perché sono cresciuto circondato da persone con manie nippofile e la cosa mi disturbava. Tutti, e sottolineo TUTTI, i miei cugini sono patiti di Giappone e cultura giapponese; ovviamente ho anche molti amici e conoscenti con le stesse passioni. Mi son sempre chiesto perché riempissero di critiche la società in cui vivono, cercando di riempirne i vuoti con robuste iniezioni di cultura giapponese, in certi casi fatte solo di fumetti e anime, in altri così radicali da cambiare il proprio stile di vita.

Ci sono tante persone con la fisima dell'Oriente, non ultimo l'autore di questo thread, l'utente Prampo che saluto nel caso gli capiti di rileggere questi post. In generale io faccio fatica a capire come ragionano gli orientali ed un po' alla volta inizio ad averci a che fare quotidianamente, per lavoro. Non giapponesi, a dire il vero, ma cinesi, malesiani, vietnamiti, indiani, pakistani, iraniani. Il modo di intendere la vita e di leggere i fatti di ogni giorno cambia molto col fuso orario. Tutto dipende da dove sei cresciuto, dal luogo, dalle leggi, dagli insegnamenti, dalla condizione sociale. Io mi rendo conto che, in base a dove sono nato, non potrei pensare in altro modo da quello che abitualmente faccio, perciò percepisco le differenze culturali e sociali come interessanti, ma soprattutto limitanti nei rapporti. Quel che non capisco è come si possa nascere in Europa ed avere in testa solo il Giappone.

Pensa che qui ad Udine abbiamo un evento d'importanza internazionale, il cosiddetto Far East Film Festival, una rassegna dove sono presentati veramente tanti film di produzione orientale (prevalentemente giapponesi e cinesi, ma anche qualcosa di indocinese). Lo considero qualcosa d'eccezionale per una città come Udine, che per qualche settimana si anima di fermenti culturali, ospiti stranieri e personaggi, prima di ripiombare nella calma piattezza che le è propria. Non ci sono mai andato e, nelle occasioni in cui me l'hanno proposto, ho rifiutato, perché non intendo farmi piacere qualcosa che so già di non apprezzare. Non parlo del singolo film, perché può anche capitare che tra tante scelte ce ne siano alcune in grado di appassionarmi, bensì mi riferisco alla generale "nippofilia" dell'evento, che non mi tange.

Tornando al film, lo percepisco come un ottimo prodotto d'arte, perché si vede che è attento, curato, delicato e rude quando serve, ma non lo riesco a penetrare a fondo. Sonatine mi risulta criptico, senza uscita e senza un vero scopo, neppure quello di ritrarre la realtà. L'ottima analisi di Prampo, che in poche righe condensa tutto il film, va ben oltre quel che sono riuscito a comprendere. Lo riguarderò in futuro, e forse cambierò idea.

Citazione:

=Dr.Scherzo= ha scritto:
Non ho avuto modo di vedere molti film di Kitano. L'ultimo è stato 'Zatoichi', targato 2003, e devo dire che si è trattato di un'esperienza interessante, anche se per certi versi singolare. L'uso della parola e della musica, ii ritmi ed il senso dello humour nipponico sono cose molto distanti dal nostro quotidiano, ed a volte si fa fatica non solo ad accettarle, ma anche solo a comprenderle.

Cercherò di procurarmi questo "Sonatine", Gurgaz: vedremo se anche a me farà lo stesso effetto (propendo per il sì, sapendo che circa l'80% delle volte i nostri gusti sembrano collidere).


Nel restante 20% rientrano per il momento solo gli episodi I,II,III di Star Wars.

Inviato il: 13/12/2008 10:19
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Re: SONATINE
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Ti capisco quando parli di antipatia verso l'ossessione, spesso con poche basi logiche, delle persone che ti circondano per particolari tipi di cultura. A me capita con la Scandinavia, ad esempio.
Forse però ti sei fatto un po' troppo influenzare da questo, perchè secondo me in Sonatine di spunti di riflessione ce ne sono diversi.

Mi ha particolarmente colpito la capacità di mettere a nudo e di ricordarci dell'esistenza dello spirito infantile, soprattutto di un tipo di personaggio, il killer mafioso, in cui generalmente questo livello di personalità viene o espunto del tutto o usato come pretesto per sommari profili psicologici atti a giustificarne la crudeltà. Il contrasto tra questa esigenza di spontaneità, connaturata a ogni uomo, e l'impossibilità di esprimerla, travolti dai compiti che la vita ci richiede, spesso senza permetterci di tornare indietro sulle nostre scelte e costringendoci a dover proseguire per una strada che ci si è resi conto di non voler più seguire, è reso molto bene. In questo caso, un accostamento così estremo acuisce ancora di più questo divario psicologico.

Il finale aveva lasciato un po' interdetto anche me: è' sicuramente un po' sbrigativo, ma tutto sommato penso che sia il modo migliore per rappresnare sullo schermo la consapevolezza del protagonista di essersi costretto a oltrepassare il punto di non ritorno.

Inviato il: 14/12/2008 18:55
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Re: SONATINE
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Federico ha scritto:
Mi ha particolarmente colpito la capacità di mettere a nudo e di ricordarci dell'esistenza dello spirito infantile, soprattutto di un tipo di personaggio, il killer mafioso, in cui generalmente questo livello di personalità viene o espunto del tutto o usato come pretesto per sommari profili psicologici atti a giustificarne la crudeltà. Il contrasto tra questa esigenza di spontaneità, connaturata a ogni uomo, e l'impossibilità di esprimerla, travolti dai compiti che la vita ci richiede, spesso senza permetterci di tornare indietro sulle nostre scelte e costringendoci a dover proseguire per una strada che ci si è resi conto di non voler più seguire, è reso molto bene. In questo caso, un accostamento così estremo acuisce ancora di più questo divario psicologico


Questa è una bella interpretazione, che supera molto quel che io sono riuscito a capire dopo il primo contatto con il film. E' interessante come a te sia risultato chiaro, mentre a me ci sia voluta l'imbeccata. Il guaio è che non riesco ad estrapolare il concetto dalla figura del killer; quello che poco prima fa inutilmente annegare un uomo non può esservi stato costretto dalle proprie mansioni, poteva anche fare le cose con meno superficialità e disprezzo per la vita umana. Poi lo si mostra tranquillo e sereno, intento a giocare all'insegna della spontaneità. Sì, il contrasto dovrebbe acuire ed esaltare la differenza tra ciò che si è e ciò che si è costretti a mostrare di sé, ma non trovo che la vicenda di Murakawa alla fine sia il migliore scenario per un simile confronto.

Il finale che cancella praticamente ogni personaggio comparso nel film, eccetto la ragazza, è una doccia fredda che lava via tutto, un sad ending (se mi si permette il termine) che sembra quasi obbligatorio, mentre in realtà non lo è. Murakawa doveva proprio ammazzarsi o poteva fare qualcosa di meglio? Certo che poteva, dopo aver tolto di mezzo tutti gli ostacoli al suo ritiro dalle attività illegali, anche se si è spinto ben oltre quel che abitualmente faceva. Invece si spara, forse perché non vuole rischiare di essere felice o perché teme che qualcosa possa ancora andare storto. Ma a dove porta tutto questo? Non riesco a capirlo.

Inviato il: 14/12/2008 23:08
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