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Quinto Potere - di Sidney Lumet
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Premessa:
Questo è un film di qualità. Pensare che 'Quinto Potere' abbia ricevuto solamente quattro Oscar, e che un 'Titanic' ne abbia invece vinti ben undici, è qualcosa che lascia perplessi. Titanic è 'na favoletta mielosa, 'na storiella premiata principalmente per la scena in CGI dell'affondamento del famoso transatlantico, per la bella faccia di Di Caprio e poco altro. Quinto Potere, al contrario, tratta con profondità e lungimiranza un argomento che coinvolge tutti noi, ognuno a suo modo.

Trama:
Il commentatore televisivo di una grossa rete nazionale di Los Angeles, Howard Beale (Peter Finch), stanco e sfiduciato, viene condannato all'eliminazione poichè l'indice di gradimento è sceso di troppo. Tuttavia, prima di congedarsi, senza preavviso ai colleghi e ai superiori, Beale annuncia il proprio suicidio davanti alla telecamera. Scoppia una specie di bomba: Diana Christensen (Faye Dunaway) per prima fiuta l'affarone; Frank Hackett (Robert Duvall) l'appoggia; Max Schumacher (William Golden), amico di Howard, perde il posto per essersi rifiutato di accettare il massacro intellettuale di Beale. In un rivoluzionario giornale-spettacolo, messo insieme cinicamente da Diana, il presentatore diventa l'ascoltatissimo "Pazzo Profeta dell'Etere". Le sue feroci critiche entusiasmano il pubblico ma allarmano i vertici, ed il nuovo presidente della UBS, Arthur Jensen, induce il divo a propagandare la sottomissione al sistema. E' un nuovo tracollo dell'organizzazione; ma Jensen non recede dalla linea. Diana, Frank e gli altri responsabili locali decretano la morte di Howard, che fanno assassinare da due killer in diretta nazionale.
(tratto da Yahoo Cinema)

Osservazioni personali:
Alcuni affermano sia una pellicola che risente del passar del tempo, che sforna pistolotti moralistici impregnati di demagogia.
Forse è vero, ma io vorrei andare oltre.
"Quinto Potere", seppur da molti criticato, è a mio avviso un ottimo film. La componente di simpatia (nel senso più filosofico del termine, ovvero d'affinità, di feeling, di identità di vedute) che s'instaura tra Howard e lo spettatore è prominente, come anche l'indice di coincidenza, il collidere delle analisi, il sorprendente combinarsi di concetti diversi come in un eccentrico puzzle.

E' colpa della madeleine di Proust, direbbe la mia insegnante di letteratura francese, che richiama alla mente quelle famose 'correspondances' presenti in ogni campo dello scibile umano.

Intendo dire che è stupefacente quando, sollecitati da un evento particolare come può essere un film, ritroviamo impronte ed echi di quell'idea in ogni angolo della nostra cultura. Incredibile come fondamentalmente tutto si ricolleghi a qualcos'altro, se ci si ferma un attimo a pensare. L'economia, anzi l'Economia, gestisce la totalità della nostra esistenza ed ha le mani in pasta ovunque. Nello Spettacolo, nello Sport, nella Politica, ovvero gli altri tre grandi capisaldi della società contemporanea. L'Universo Corporativo raccontato da Howard Beale non è dissimile dalle oscure Megacorporazioni del filone cyberpunk, quello del Neuromante di William Gibson, o dai mondi distopici raccontati dagli Orwell (1984) o dai Philip Dick (L'uomo nell'alto castello).
Altro esempio, i quindici minuti di notorietà vaticinati da Andy Warhol, e che ritroviamo nella folle corsa al successo dei dirigenti della UBS, sono realtà. Come diceva l'altro giorno Enrico Mentana ad Omnibus su La7, il cannibalismo mediatico fagocita ogni cosa, epurandolo di ogni aggettivo. Rimane solo il sostantivo, il soggetto ripulito di ogni significato. E' il più classico degli "sbatti il mostro in prima pagina", se vogliamo dirla in altri termini. Sei famoso per qualsivoglia motivo? Eccoti in tv a fare trenini su Canale 5 o a prendere parte ad un reality sulla RAI. I Costantini e le Lecciso, ma ancor di più i Corona, i Moggi... divenuti personaggi aldilà dei propri meriti e delle proprie colpe. E' il filo rosso che unisce tutto. E' la presa di coscienza della mente, che si sveglia per un secondo e dice "Cazzo, mi hanno drogato, ho dormito troppo" e poi ripiomba in un sonno fatto di veline sculettanti, di signorine buonasera, di 'benvenuti a questa nuova puntata' e di camicie 'bianche che più bianche non si può'.

E' sconcertante ritrovare quelli che sono i nostri dubbi ed i nostri pensieri in un'opera di trent'anni fa. Ribadisce cose che sappiamo, predice ciò che sta avvenendo con terrificante puntualità, con tre decadi d'anticipo. Affermare dunque che "oggi è peggio di ieri", come sentiamo fare spesso, da questo punto di vista è francamente azzardato. Nel 1976, data di produzione del film, si pensavano le stesse cose, si aveva il sentore che tutto questo avrebbe portato alle assurdità in cui noi oggi stiamo vivendo. Anche trent'anni fa, infatti, la Tv banchettava sulle disgrazie altrui, cibandosi di sensazionalismo gretto e viscide banalità. L'unica differenza è che oggi siamo dotati di mezzi più potenti ed evoluti per farci gli affari degli altri e per coltivare le nostre perversioni, in particolare con l'avvento di Internet.
Ci pensate? La gente si incontra su internet, si confronta su internet, compra su internet, fa sesso su internet. La disumanizzazione predicata da Howard verso la fine del film è qualcosa che noi, figli di Pippo Baudo e la Carrà, cresciuti a pane e Tv, conosciamo bene. Dove porterà tutto questo? Non si sa. Il film denuncia, ma non può - ovviamente - dare risposte. Cos'avrebbe detto Howard di Internet, se avesse potuto vederla con i suoi occhi? Tutto il male possibile, probabilmente.

Il declino di Howard, televisivamente parlando, è da attribuire all'inversione di rotta che attua verso la fine, seguendo le folli indicazioni di Jensen, direttore della compagnia proprietaria del network UBS. Il direttore, apparentemente sano ma in realtà fuori come un balcone ancora più di Beale, plagia la mente già disfatta del povero profeta dell'etere asservendolo ai suoi scopi, ovvero predicare il Verbo dell'Universo Corporativo (in cui non vi sono più nazioni, né ideali, né democrazie: le vere nazioni sono le corporazioni, l'unico vero ideale è il denaro, l'unico vero potere è l'economia). In due parole, Howard inizia piromane e finisce pompiere. Parte con un individualismo totale, predicando l'unicità di ogni singolo uomo ("IO SONO INCAZZATO NERO E NON NE POSSO PIU' DI TUTTO QUESTO!" urla all'inizio), concetto base del capitalismo americano e della costituzione (la tutela della vita, della libertà e ricerca della felicità), e termina con un pessimismo cosmico di leopardiana memoria ("E' la fine dell'individuo, la nostra vita è inutile"), idea antitetica a quella originariamente proposta, che i suoi sostenitori non possono comprendere, né accettare.

Howard Beale.
Il primo caso di persona uccisa per via del basso indice d'ascolto.
Il primo caso, ma non l'ultimo, aggiungerei io.

Valutazione globale: Ottimo. Da vedere assolutamente.

Inviato il: 11/6/2007 13:13

Ultima modifica di =Dr.Scherzo= il 11/6/2007 15:20:21
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Il Sonno Della Ragione Genera Mostri (Francisco Goya)
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