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[Prologo] - Floriano
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Sono passati ormai cinque lunghi anni dalla tragedia che ha sconvolto la vita di Floriano delle Sette Ville Cadenti. Da allora egli è vissuto sempre nella piccola e prosperosa città di Pennedoro, uno dei pochi grossi insediamenti della Landa delle Furenti Viole. Presso la scuola di Mastro Aufidio, mago abile ma un po' confusionario, ha affinato per bene le arti magiche a cui l'amato nonno lo aveva iniziato e sta per conseguire il tanto agognato diploma.

Sono stati cinque anni di studio febbrile, trascorsi prevalentemente in città con sporadiche visite nelle campagne selvagge, in cerca di qualche strana creatura incantata da catturare per gli esperimenti del maestro. Sotto la tutela di Aufidio, Floriano non aveva mai corso rischi, eccetto una volta in cui avevano tentato di catturare un verme Colagogo piuttosto irascibile. Spinto dalla curiosità, il giovane apprendista si era avvicinato troppo all'animale e questo lo aveva morsicato, provocandogli una ferita risibile dagli effetti tremendi. Floriano aveva trascorso i due giorni seguenti tra la latrina ed il letto, imparando ad obbedire al suo insegnante e a tenere a freno la curiosità. Poi Aufidio si è impietosito e lo ha sottoposto ai benefici influssi di una delle sue preziose gemme gnostiche, che in poche ore gli ha consentito di riprendere la sua vita normale.

E' stata l'unica volta che Mastro Aufidio gli ha usato severità, perché non ha avuto altre occasioni per rimproverargli qualcosa. Si è sempre applicato con tutto se stesso e ha acquisito capacità superiori a quelle previste dal normale corso di magia. Quel giorno, davanti ad una commissione composta da quattro stregoni forestieri e dal suo maestro, Floriano ha dimostrato di padroneggiare bene le arti occulte e per questo ora Aufidio gli porge soddisfatto il suo bastone da mago.

Floriano lo prende in mano con deferenza, lo soppesa per bene, ne appoggia la punta a terra e china il capo in segno di ringraziamento. Gli applausi della commissione salutano l'ingresso di un nuovo Mago a Laitia.

Purtroppo non ci sono familiari e parenti ad assistere alla cerimonia. Floriano li ha persi tutti sotto le macerie, inghiottiti dal furore della terra. Uscendo nel cortile interno della scuola, vede i gruppetti formatisi attorno ai suoi due compagni di corso, Learco e Porfiria, che come lui festeggiano il diploma. Anche se nessuno dei due ha ottenuto il lusinghiero voto di Floriano, sono entrambi circondati dai loro cari e da una vasta schiera di amici. Floriano scuote la testa, ma è speranzoso: presto lascerà la scuola e probabilmente anche la piccola Pennedoro, per raggiungere una città più grande e con maggiori possibilità. Anche l'idea di viaggiare lo stimola, dopo tanti anni di forzata immobilità.

Mentre fantastica non si accorge che i maghi sono usciti dal salone e si stanno accomiatando. Una mano sulla spalla lo fa trasalire, ma subito ritrova la calma nel vedere il volto sereno di Mastro Aufidio. -"Che fai qui, tutto solo?" - chiede - "Non hai nessuno con cui festeggiare?" Floriano scuote la testa. -"La solitudine non è una buona compagna, anche se un bravo Mago spesso non ha altra scelta che rifugiarsi in essa" - dice - "Tu sei stato uno dei miei migliori allievi ed io ti auguro una carriera brillante. Che cosa pensi di fare, appena uscito da quel portone?"

(Prosegue Falco della Runa. Racconta le tue aspirazioni a Mastro Aufidio e pensa a quali potrebbero essere le sue risposte ed i suoi consigli. Dopo un po', il tuo maestro ti inviterò a proseguire la conversazione nel suo studio.)

Inviato il: 15/1/2009 23:45

Ultima modifica di Gurgaz il 21/1/2009 10:20:16
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Re: [Prologo] - Floriano
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A quelle parole, Floriano si sente un po' risollevato. "Mastro Aufidio, le vostre lodi sono una cosa che porterò dentro, fin da domani, quando prenderò le mie cose e partirò.".

"Ah è così dunque, sei deciso a partire? A cosa aspiri, Floriano?"

"Voglio scoprire di cosa è composto il nostro mondo, Laitia, e non solo dal punto di vista geologico... voglio conoscere la sua vera essenza, quell'essenza che, ne sono certo, ha contribuito a creare le Sette Ville Cadenti, di cui vi ho parlato quando venni accolto da questa scuola, ormai 5 anni fa."

"Sì, lo ricordo bene. E' una storia triste e affascinante, e forse è per quello che sei sempre stato tra i primi della classe... avevi un ardore dentro di te, una voglia di conoscenza fuori dal comune.", dice il vecchio mago mentre con una mano sulla spalla accompagna Floriano fuori dal portone.

Poi continua, indicando il paesaggio fatto di alberi e montagne sull'orizzonte:"Guarda, Floriano, guarda quanto è immensa Laitia. Esseri viventi di ogni tipo, animali, rocce, mari, laghi e montagne: essi sono in continuo mutamento, su un mondo a sua volta mutevole. Vuoi trovarne l'essenza, dici?".

Il giovane Mago fa cenno di sì con la testa.

"Ebbene, dovrai camminare molto e studiare ancor di più su libri, informarti sulle storie di ogni luogo, parlare con molte persone. Forse dovrai anche muoverti con un gruppo di uomini, anche se di razza e cultura diverse dalla tua, perché spesso molti posti saranno inaccessibili ad un semplice mago."

"Capisco, Mastro, lo terrò a mente."
"Bene. Passa nel mio studio fra un paio d'ore, dopo pranzo, ho una cosa da darti che potrà esserti molto utile."

Un po' disorientato, Floriano ringrazia il suo Maestro e si dirige verso la mensa della scuola di magia.

Inviato il: 16/1/2009 19:57
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Re: [Prologo] - Floriano
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Il cibo della mensa non è migliorato in cinque anni. Le porzioni non sono abbondanti, per fortuna, perché le cuoche non sono certo le migliori di Laitia. Sempre verdure ed ortaggi, in particolare rape. Rape bollite, rape in umido, rape cotte nelle vinacce... dopo tanto tempo Floriano non è ancora riuscito ad abituarsi. -“Le rape ti svegliano la mente, giovanotto!” – dicevano quei donnoni, la cui pinguedine debordava da grembiuli sporchi di unto e sudore. –“Per diventare mago devi mangiare verdura, soprattutto rape; la carne, il formaggio e il pesce, sono roba per guerrieri dal cervello di gallina!”.

E così Floriano ha mangiato le rape, è diventato Mago, e non può andare in giro a fare il galletto come tanti giovani della sua età. Gli mancano due spalle forti per farsi valere e perfino due gambe scattanti per fuggire. Ma almeno tutte quelle rape gli hanno donato la curiosità, se non la sapienza. La prima cosa che farà appena uscito dalla scuola, sarà consumare un pasto come si deve.

Come d’accordo, dopo pranzo Floriano sale nello studio di Mastro Aufidio. Bussa alla porta un paio di volte, poi sente la serratura scattare e la porta si apre da sola. Floriano non è sorpreso: Aufidio usa sempre il suo Ectoplasma Metamorfico come usciere, per non alzarsi dalla scrivania. Il giovane Mago entra in un ambiente illuminato dalle finestre rivolte a mezzodì, pieno di strani oggetti scuri. Mastro Aufidio non butta via niente e conserva nelle sue stanze ogni genere di chincaglieria magica, buona parte scarto di qualche esperimento riuscito a metà. Però c’è anche qualche artefatto utile, che Floriano ha sempre desiderato provare.

-“Caro Floriano” – lo accoglie Aufidio, alzando gli occhi da un libro enorme, pieno di simboli arcani ed immagini sconvenienti – “Mi dispiace che te ne vai, ma capisco la tua voglia di viaggiare e conoscere. Sappi che le porte della modesta Scuola di Mastro Aufidio saranno sempre aperte per te”. Floriano ringrazia ancora il buon maestro, ma non riesce a nascondere l’impazienza e la curiosità. -“Avete detto di volermi dare qualcosa” – dice – “potrei sapere di che si tratta?”

Il vecchio stregone sorride e si alza dalla scrivania, diretto verso i disordinati scaffali. -“Ecco, non posso lasciarti andare via da qui senza farti un bel regalo” – continua Aufidio – “Ma dove l’ho messa? Ehm... perdonami un istante” e si mette a rovistare tra bottiglie, pergamene e calamai impolverati. –“Eppure deve essere qui” – borbotta il mago, mentre vari oggetti piombano in terra.

A Floriano si gela il sangue nelle vene quando vede cadere una gabbia con dentro un Basilisco vivo, che balza subito fuori e si nasconde lesto sotto un mobile. Uno sguardo di quella bestiaccia può trasformare in pietra!

(Prosegue Falco della Runa. Scegli tu se tentare di recuperare il Basilisco oppure no. E' pericoloso, ma qualche nozione in fatto di bestie fantastiche il tuo personaggio ce l'ha. Chiedi a me se ti servono particolari. Se, invece, scegli di restare in attesa, aiuterai il tuo maestro a cercare l'oggetto che vuole donarti, che sarebbe una statuetta raffigurante una maga. Approfittane per far parlare ancora Floriano e il maestro, se scegli questa strada)

Inviato il: 20/1/2009 22:19
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Re: [Prologo] - Floriano
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Mastro Aufidio sembra non essersi accorto del pericolo: egli è difatti troppo indaffarato nella ricerca dell'oggetto misterioso per prestarvi attenzione.

Floriano cerca di mantenere un po' di lucidità e decide di affrontare il Basilisco per rimetterlo nella sua gabbia oscurata, prima che trasformi in pietra tutta la scuola di magia col suo incredibile sguardo. Il giovane fa mente locale e ricorda che quella specie di riccio troppo cresciuto non si trasformerebbe mai in pietra da solo, perché anche lui pensa alla sua sopravvivenza: un semplice specchio in questo caso è tutto ciò che serve!!

Attualmente la piccola bestia è sotto un piccolo mobile, ma non ci resterà per molto tempo. Floriano si guarda intorno e nota che proprio sopra il mobile c'è una specchiera ovale, che potrebbe fare al caso suo.

"MA DOVE DIAVOLO SI TROVA?", impreca nel frattempo Mastro Aufidio sempre più incuneato negli oggetti raccolti per una vita intera. Il rumore mette curiosità al Basilisco che ora decide di muoversi e uscire allo scoperto.

Floriano non ci pensa due volte e prende la specchiera dal mobile, facendo una lieve pressione. Quando lo specchio si stacca, istintivamente lo porta verso il basso voltandosi dall'altra parte, mentre l'animale è già con il muso di fuori.

Il trucco funziona: l'animale chiude gli occhi per non autopietrificarsi, e Floriano può allora tirare fuori l'animale da sotto il mobile e coprirlo con un panno scuro.

A quel punto il pericolo è scampato e il cuore di Floriano torna a battere regolarmente, mentre trascina il fagotto verso la sua scura gabbia. Mentre il piccolo Basilisco si rassegna e malvolentieri si fa chiudere di nuovo in gabbia un urlo percuote la stanza: "FINALMENTE, ECCOTI QUA!!!!".

Floriano, seduto a terra e quasi morto di paura, vede il suo maestro ricomparire sorridente e con uno strano oggetto tra le mani.

Inviato il: 23/1/2009 23:09
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Re: [Prologo] - Floriano
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“Ma a che giova avere un servitore invisibile” – impreca il maestro – “se poi non tiene in ordine le tue cose e per prenderlo a calci nel sedere devi pure lanciare un incantesimo di rivelazione”. Un fruscio impercettibile nell’aria segnala la prudente fuga dell’Ectoplasma Metamorfico, mentre Aufidio continua a parlare: “Ho dovuto mettere a soqquadro la scrivania, ma alla fine l’ho trovata!” ed esibisce un’orribile statuina di pietra bianca, alta circa ½ cubito (25 cm). Raffigura una donna poco vestita, in posa ammiccante; sembrerebbe una Maga o un’Evocatrice.

“Questa statuetta l’ho ricevuta dalla mia maestra, la famosa Maga Irpilla Morosa” – spiega Aufidio – “E’ stata per anni di buona compagnia, prima che aprissi questa scuola, ma ora sta qui a coprirsi di polvere”

“Una statuetta?” – chiede allibito Floriano. “E’ magica” – gli rivela soddisfatto il maestro – “Devi sapere che Irpilla era una donnina saccente e sentenziosa, oltre che una Maga di talento. Quando si accorse di non poter fare più nulla per contrastare la vecchiaia galoppante, decise di costruire un oggetto che perpetuasse la sua proverbiale memoria e la sua linguaccia molesta”.

Aufidio sorride e pronuncia l’arcana formula “VERBA VOLANT” e gli occhi della statuetta iniziano a brillare di luce azzurra. “La statua possiede la stessa memoria di Irpilla Morosa. Quando è attivata, ricorda tutto ciò che viene detto e lo ripete per filo e per segno. Basta pronunciare l’altro pezzo di formula: SCRIPTA MANENT”. E in quello la figurina inizia a ripetere, con una vocina stridula e spaventosamente nasale, la frase appena detta dal Mago, dopo di che i suoi occhietti si spengono.

“Sorprendente” – commenta il giovane. “Già, ti avrebbe fatto comodo per ripetere le lezioni, non è così?” – scherza Mastro Aufidio – “Purtroppo però la statua ha anche un difetto, impostole dalla stessa Irpilla, che era una donna ciarliera, saputa ed un po’ presuntuosa. La statua ogni tanto si accende da sola e ripete frasi perse nella sua infinita memoria, brandelli di conversazione uditi chissà quando, con speciale predilezione per motti e proverbi”.

“Pare che abbia una qualche forma d’intelligenza” – prosegue il Mago – “perché ogni volta che capita dice qualcosa che ha un legame con la situazione presente. Io non ne ho più bisogno, perciò te la regalo, perché potrebbe tornarti utile nel tuo viaggio”.

“Molte grazie, Maestro” – risponde Floriano imbarazzato – “E’ davvero un bel regalo, ma non posso accettare...” Aufidio però gli ha già ficcato in mano la brutta statuetta, come per dirgli che non può rifiutare. Proprio in quell’istante, gli occhi della statua si illuminano di nuovo e la sua voce fastidiosa risuona nello studio: “Chi non tiene l’esca all’amo, s’affatica a pescare invano”.

Floriano guarda sconvolto la statuetta e si chiede a cosa diavolo serva un oggetto che, di punto in bianco, può mettersi a parlare a vanvera. “A gusto guasto, non è buono alcun pasto” – continua imperterrito il simulacro di Irpilla, quasi gli avesse letto nel pensiero. “Oh, beh, se la metti su questo piano” – ribatte secco Floriano – “posso anche lasciarti qui ad ammuffire, come hai fatto per tutti questi anni”. “Qual pane hai, tal zuppa avrai” – risponde la loquace statuetta.

“Floriano, non darle corda” – gli suggerisce Aufidio – “Se cominci a parlarle ti risponderà sempre, a modo suo. Se la ignori, dopo un po’ la smette”. “Ma è insopportabile!” – si lamenta Floriano. “Sì, ma nella maggior parte dei casi si rivela utile” – lo rassicura il maestro – “Qualche volta i consigli che dà sono preziosi, se sei in grado di capire a cosa si riferisce. Comunque, per dirla con Irpilla Morosa, a caval donato non si guarda in bocca. Non ti pare?”.

(Prosegue Falco della Runa) Nel prossimo pezzo racconta la tua partenza dalla scuola, il saluto ai compagni e le cose che porti via con te oltre alla statuetta di Irpilla Morosa (segnala sulla tua scheda Personaggio). Nella tua testa si fa strada l’idea di visitare una città molto più grande di Pennedoro, ed Ilmona è la più vicina

Inviato il: 24/1/2009 16:59
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Re: [Prologo] - Floriano
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Passa una nottata abbastanza tranquilla per Floriano. Egli la sera prima, nella sua piccola stanza (che verrà presto occupata da un giovane apprendista alle prime armi) aveva riempito il sacco di tela con le sue poche cose: un libro di incantesimi in formato da viaggio, dei cambi ai vestiti, fiale, erbe medicinali, e non ultimi i suoi oggetti personali, come la statuetta regalatagli dal gran maestro o quella particolare lama che tiene con sè fin da quando andò via dal suo paese.
Quel che Floriano riempì maggiormente però fu la sua testa, piena di pensieri su come si sarebbe trovato, su cosa avrebbe fatto e se avrebbe mai scoperto la vera essenza di Laitia.

Il sole è ormai sorto da più di due ore e Floriano si appresta a dire addio a tutti i suoi amici e compagni di scuola che si trovano ancora qui e che continueranno la loro carriera insieme ad Aufidio. Il primo a venirgli incontro è il suo più caro amico, Clorezio, un ragazzone di 120 chili che deve ancora affrontare la sua prova finale d'esame e che sperava che lui, Floriano, lo aiutasse nel suo ultimo anno di praticantato.

"Florri, ma è vero che te ne stai andando? Non dirai sul serio!", dice il paffuto ragazzo con un'aria tra lo stupito e il triste.

"Ti ho detto mille volte di non chiamarmi con quello stupido nomignolo, Clorezio... comunque sì, ho fatto la mia scelta di fare esperienza nel mondo vero.", risponde Floriano.

"Cavolo... allora è vero... mancherai a tutti noi della classe... in particolare a Blerissa, ne sono certo", conclude Clorezio strizzando l'occhio sinistro.

Per nulla sorpreso della cosa, Floriano si avvicina all'amico, prende da una tasca una busta ben sigillata con la ceralacca, e gliela consegna.
"Dalle questa quando sarò andato via, non riuscirei a dirle addio di persona", dice sottovoce Floriano, accennando un lieve sospiro. <<Al cuor non si comanda>>, risponde una vocina attufata da dentro il sacco di tela, che Clorezio per fortuna non ode.

"Lo farò, e sono sicuro che qui dentro le avrai scritto dove potrà ritrovarti quando avrà finito anche lei il suo corso, vero?"

Un sorriso d'intesa è sufficiente a Clorezio come risposta e infine si salutano con la promessa di rivedersi un giorno quando saranno diventati "i più grandi maghi di Laitia e dintorni".


Dopo altri veloci saluti Floriano si lascia alle spalle il grande cancello della scuola e si incammina, ancora senza meta, verso sud, sulla strada dei mercanti.



Dopo poche ore di camminata semplice con il clima pressoché perfetto, Floriano si sente da una parte ancora un po' triste per gli affetti lasciati alla scuola, ma dall'altra è assolutamente eccitato per la nuova avventura. La strada è lussureggiante e piena di verde, con un profumo di fiori e piante che quasi gli dà alla testa, soprattutto quando si sofferma vicino ad un enorme fiore viola con dei petali giganti che lo incuriosirono.

"Fossi in te non mi avvicinerei troppo, ho visto gente svenire per il forte odore di quel fiore", dice una voce alle spalle di Floriano, il quale si spaventa non poco girandosi di scatto. Davanti a lui si trova un uomo su di un carro pieno zeppo di roba, che tiene le redini di un cavallo.

"Ehi...ehi, calma, sono solo Geremia, lo stracciarolo più famoso di Pennedoro, non volevo spaventarti, giovane..."

"Floriano, mi chiamo Floriano. Nessuno spavento, anzi vi ringrazio per l'avvertimento."

"Dove vai così da solo in mezzo alla strada?"

"Non ne ho idea, verso Sud, immagino...", risponde vagamente Floriano.

Il vecchio fa un sorriso, poi continua:"A sud, eh? Che ne dici di far compagnia al vecchio Geremia, che deve fare un lungo viaggio, proprio nella tua direzione?"

"Ehm, sì, perché no... ho voglia di vedere al più presto nuove parti di Laitia...", dice Floriano mentre sale sul carro e si siede vicino al simpatico vecchietto. "Dov'è che siamo diretti, Geremia?"

"A Ilmona", dice il vecchio mentre il carro inizia a muoversi lentamente.

Inviato il: 30/1/2009 22:25
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Re: [Prologo] - Floriano
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Il viaggio dura una settimana intera, ma trascorre veloce e sereno in compagnia del buon Geremia. Floriano si sente a suo agio con quel vecchietto simpatico e sorridente, prodigo di buoni consigli e ricco d’esperienza. Il Mago lo tempesta di domande e quello risponde sempre più del necessario, perdendosi in lunghe divagazioni mentre guida tranquillo il suo ronzino Admeto.

Il tragitto li porta a toccare diverse grandi città della Landa delle Furenti Viole e di Bramoldia: Vèpoda, patria di Sant’Antinio e degli orti botanici, Cinveza dalle grandi ville, Neorva con la sua poderosa Arena e le città turrite di Ebrisca e Gromeba, spesso in guerra tra loro.

Floriano vorrebbe fermarsi in ciascuno di questi luoghi e visitarli con una guida esperta come Geremia, ma lo straccivendolo gli dice che purtroppo gli affari lo richiamano ad Ilmona e non può indugiare per strada. Chissà quali “importanti questioni” possono spingere un umile commerciante a recarsi nella più grande città occidentale di Laitia? Poco importa: Floriano si è affezionato al vecchio e alle sue storie, inoltre l’idea di restare ad Ilmona lo alletta più che una serie di soste nelle varie città. Ha con sé poco denaro e non può permettersi di gironzolare dovunque gli vada.

Geremia non gli chiede molto per viaggiare con lui. Gli piace la compagnia di Floriano e, in un’occasione, il suo aiuto gli è indispensabile per sbloccare una ruota del carro rimasta incastrata in una buca. Il Mago non spicca per forza ed energia, ma senza due braccia in più il vecchio avrebbe dovuto tornare indietro al villaggio precedente a cercare aiuto, col rischio di farsi rubare il carico da qualche ladruncolo di passaggio. Da quell’evento, Geremia ha cominciato a trattare Floriano come un figlio e a condividere con gioia quel che possiede.

Infine i due giungono ad Ilmona, capitale di Bramoldia. Ciò che stupisce Floriano in quella metropoli nuova e gigantesca è la cattedrale urbana, dalla cui sommità la statua dorata della Grande Madre guarda pietosa gli adepti del Nuovo Culto. Un’opera di tale imponenza sfida le leggi della fisica e in qualche modo ricorda a Floriano le Sette Ville Cadenti, ritte in direzione il cielo sebbene la terra le trascini con forza verso il basso.

Giunge il momento della separazione e Floriano saluta Geremia con un caloroso abbraccio. Il vecchietto gli augura buona fortuna e lo invita a fargli visita, se per caso ripassasse a Pennedoro. Floriano lo ringrazia ancora e fa per dargli i 30 cei pattuiti, ma il vecchietto rifiuta. “Tienili pure tu” – gli dice – “magari spendili subito in un pranzetto coi fiocchi, visto che oggi non abbiamo avuto tempo di fare nemmeno uno spuntino a mezzodì. In viaggio abbiamo mangiato frugale ed avrei voluto offrirti un pasto come si deve”.

“Ti sono molto grato per la tua ospitalità, vitto incluso” – risponde sorridente Floriano – “Con te ho mangiato meglio che alla mensa della Scuola dove ho studiato”.

“Ad ogni modo” – continua Geremia – “La taverna alle tue spalle è la migliore della zona. Mi unirei a te, se non fossi già in ritardo. Devo trovarmi tra un’ora precisa nel mercato di un’altra contrada”.

“Come si chiama questo quartiere?” – domanda il Mago. “Cirrobabo” – risponde l’altro – “siamo a nord-ovest della piazza principale che abbiamo attraversato un’ora fa”. Floriano ringrazia ancora il vecchio rigattiere, uomo destinato a non diventare mai ricco, e si dirige verso l’invitante insegna del Gatto Nero.

L’interno è poco affollato. L’oste nota subito il nuovo venuto e lo saluta, gentile ma apparentemente a disagio. Floriano ricambia e chiede se è possibile pranzare, anche se è pomeriggio inoltrato. L’oste scuote la testa. “Sono desolato, signore” – si scusa il pover’uomo – “ma la cucina è vuota. Non c’è rimasto nulla neppure per la cena. Quel pessimo individuo là in fondo e il suo famelico gattaccio si sono mangiati tutto quel che avevamo”. E gli indica un tavolo sul quale è accasciato un tizio dalla chioma nera ed arruffata, immerso in un sonno profondo scandito dal sonoro russare.

(Fine Prologo di Floriano)

Inviato il: 31/1/2009 18:02
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