In questo sito il protagonista sei tu.
Registrati ne Il Mondo Dei Librogames  
Login
Nome utente:

Password:

Ricordami

Hai perso la password?

Registrati ora!
Ricerca
Menu principale
Statistiche Utenti
Membri:
Oggi: 0
Ieri: 0
Totale: 1330
Ultimi: Cucciola78

Utenti Online:
Guests : 0
Membri : 64
Totale: 64
Lista utenti Online [Popup]
Utenti più attivi
1
lonewolf79
3954
2
FalcoDellaRuna
3427
3
Gurgaz
2622
4
Xion_Aritel
1734
5
=Dr.Scherzo=
1452
6
MetalDave
1262
7
Devil_Arhangel
1228
8
Skarn
1174
9
UomodiAnaland
1090
10
Federico
1025
Nuovi utenti
Cucciola78 12/11/2021
Alexthelord 20/5/2021
il_regno_di_Ozz 27/4/2021
riki25 11/4/2021
RangerDelSommerund 5/4/2021
Mirsea 28/3/2021
Marco 27/1/2021
Rinaldo 8/12/2020
giuseppe95 24/11/2020
Spymode 23/11/2020

Naviga in questa discussione:   1 Utenti anonimi





Mio racconto: "Fino alla fine"
Aspirante
Iscritto il:
17/4/2007 19:20
Da Casa Mia
Messaggi: 481
Livello : 20
HP : 0 / 482
MP : 160 / 24026
EXP : 29
Offline
Il rosso è il colore della sconfitta.
È il fuoco, che nei giorni più bui lava peccati del mondo.
È il sangue delle migliaia di soldati ogni giorno in battaglia, le lacrime dei loro cari in trepidante attesa a bagnare inutilmente la terra.
È il colore di un triste tramonto, quando una persona sola al mondo, seduta sulla fredda pietra di un posto dimenticato dal tempo e dallo spazio, sta lì, in silenzio, e lo guarda fisso, cercando quasi una risposta ai suoi infiniti dilemmi, quelli che si porta dentro da una vita, da quando ha aperto gli occhi e si è accorta che, per quanto si cerchi di fingere non sia vero, non riuscirà mai a capire fino in fondo ciò che gli sta attorno, e probabilmente nemmeno quello che sta dentro se stesso, nelle profondità della mente e del cuore.
La luce sta calando, sono solo e mi sento ferito. Non solo per quel taglietto, quella è roba da niente, non è certo un graffietto sul ginocchio a farmi lamentare, ci mancherebbe: è solo che mi sono accorto che scappare non serve più a niente. Il viaggio è finito, la fuga non serve più. Siamo tu e io, alla fine di tutto.
Un rumore nel sentiero, un ramo che scricchiola. Ancora duecento passi, o giù di lì.


Ti ricordi la prima volta che mi hai visto, quella sera? Eravamo seduti in un bar, uno dei tanti, sulla sponda del lago. Ridevi, credo fossi molto felice, sicuramente più felice di quanto io non sia mai stato. E non eri sola, ricordi? C’era anche quello là, lo sbruffone, il capellone… non ricordo quasi più il suo nome. Ma che importa, ormai? Non siamo più in tre, siamo solo in due.
Ma com’era bella, quella serata, vero? Non erano ancora le nove e già si vedevano le stelle, le nuvole si erano nascoste, nell’aria risuonavano le note della tua musica preferita, gli amici ballavano, cantavano, ridevano, si abbracciavano. Ed è andata avanti così per un bel po’, mi sembra. Almeno fino a mezzanotte: poi, i ragazzi se ne sono andati via, ogni coppia per la sua strada, e siete rimasti in due, tu e lui, come in un sogno. E lui ti ha baciata, e tu eri felice, vero?
Ed è allora che, dopo tanto tempo, ti sei accorta di me.
Sento i tuoi passi sull’asfalto. Ancora centocinquanta, o giù di lì.


Sì, sono quasi sicuro, era mezzanotte circa. Vi siete allontanati mano nella mano, ma tu ormai non eri già più tanto sicura di quello che stavi per fare, ti guardavi continuamente indietro, temevi che qualcuno vi vedesse, temevi che io ti vedessi. E infatti ti vedevo benissimo, anche se tu evidentemente non te ne sei accorta. Ero lì vicino a voi, ma nascosto abbastanza bene da non farmi notare. Lo sai bene, è sempre stata una delle mie migliori qualità. Eravate lì, proprio davanti a me, in piedi vicino al cancello del parcheggio, e lui ti ha detto qualcosa. Non ho sentito benissimo, ma sono quasi sicuro che ti abbia consigliato un bel posticino dove appartarvi in santa pace, lontano da “sguardi indiscreti”. Alle sue ultime parole, che mi sono giunte distintamente, ti sei guardata attorno preoccupata, e lui ti ha stretto la mano, ti ha sorriso come solo lui sapeva fare, e ti ha indicato la chiesetta sulla collina. Era poca strada, in fondo, dieci minuti e si arrivava, e nessuno saliva fin lì di notte: il posto migliore per starsene in pace, per una serata romantica sotto le stelle. Eri indecisa, ma ti sei fatta convincere. Sei salita con lui, sempre mano nella mano. E io, invisibile, eppure sempre lì con voi.
Non ti vedo ancora, ma so che sei molto vicina. Un centinaio di passi ancora, o giù di lì.


Avevi quel bel vestito rosso, vero? Quello aperto sulla schiena, che ti era costato un occhio della testa il mese prima, ed era la prima volta che te lo mettevi. Te l’eri tenuto apposta per una serata come quella, e finalmente l’occasione giusta per sfoggiarlo era arrivata. Te l’eri tenuta per lui, senza pensare a me. Ma non te ne faccio una colpa, sai? Anch’io, in fondo sono stato abbastanza assente, negli ultimi tempi. Mi hanno impedito di venire a trovarti in ogni maniera, ma quella sera sono riuscito a raggiungerti. Ed è stato un autentico shock, te lo garantisco. Non tanto per lo spettacolo, sai, non sono nato ieri. Non era in sé quello che facevate, lì, dietro la chiesetta del paese, sotto le stelle, a farmi male, era… non so nemmeno io spiegarmi cosa. Mi sentivo male, mi sentivo graffiare dentro, e la rabbia pulsava forte, e cresceva secondo dopo secondo. A volte il bene e il male sono una specie di cono gelato a due gusti, ci sono sempre punti dove si mescolano, che non sono né panna né cioccolato, eppure anche quelli ci piacciono, e ce li mangiamo di continuo. Beh, io di quel gelato sono sempre stato il cono. E in quel momento, non so bene neanch’io perché, ma ho deciso che dovevo fare qualcosa. Non potevo stare solo lì a guardare.
Ti sento ansimare sul sentiero. Una cinquantina di passi ancora, o giù di lì.


Cos’altro potevo fare, secondo te? In quel momento, per la prima volta da tantissimo tempo, mi sono sentito lontano, lontanissimo, perduto per sempre nelle profondità dello spazio. E, ciò che più conta, lontano da te. E ti ho voluto male. È stato solo un attimo, il battito d’ali di una farfalla e se n’era volato via, ma in quel breve istante ti ho voluto male. Ma ho subito capito che non era colpa tua, che in fondo non volevi farlo, non mi avresti mai tradito. E poi ho visto il sasso. S’era staccato dal fondo del sentiero, e stava lì ai miei piedi.
Mi capisci, adesso? La soluzione era una sola, e toccava a me raggiungerla. Non pensare che sia stato facile, assolutamente no, signorina, ho dovuto raccogliere tutto il mio coraggio, tutta la mia forza, ma ce l’ho fatta. L’ho raccolto, e ho fatto quello che dovevo fare. Non avevo scelta, comprendi?
Ormai sei quasi arrivata. Ma non capisci ancora. E allora è meglio se mi lasci continuare, non credi?


Mi sono fatto un’idea abbastanza chiara di come sono andate le cose quella sera; del resto, c’è solo una spiegazione in grado di far quadrare il cerchio, mia cara: tu lo volevi. Oh, certo, non ho dubbi che ti rifiuti di crederlo, ma in fondo al tuo cuore sono più che sicuro che volevi che le cose andassero esattamente così, che il tuo cavaliere tutto d’un pezzo arrivasse a toglierti da quello scomodissimo impiccio. Ed infatti, puntuale come la morte – mai espressione fu più adatta – sono arrivato e ti ho salvato. Sì, salvato. Ti ho tolto dalle grinfie di quel bruto, che aveva osato… tu sai cosa. Non potevo sopportarlo, come non potevi nemmeno tu. E ho fatto la cosa giusta. Lui non se n’è quasi accorto, era troppo preso a toccare dappertutto. Se n’è andato senza capire il perché.


C’è un che di ridicolo, in tutto questo, non trovi? Nel profondo del tuo cuore mi hai implorato di farlo, e io ho sentito il tuo richiamo e ti ho salvato. E poi, cos’hai fatto? Te ne sei stata lì come un sasso, a piangere ed accarezzarlo finché don Antonio, la mattina dopo, non vi ha trovati e ha chiamato un’ambulanza. Ma era già troppo tardi, vero? E da un bel pezzo…
L’ho visto, tutto quel casino, sai? Loro lì a trafficare vicino a quel cretino, tutta la gente attorno, più curiosa che interessata veramente, e io lì con loro. E nessuno mi ha notato, come al solito. Meglio così, ho potuto nascondermi per bene ed aspettare che si calmassero le acque.
Non ti porto rancore per avermi denunciato: l’avrebbe fatto chiunque, al posto tuo. Mi ha solo causato qualche piccolo problema; c’è voluto un po’, ma si è risolto tutto per il meglio. Pochi mesi dopo, un sabato, sono addirittura andato in posta, vicino al municipio, ho mangiato una pizza da Aldo, ho preso un gelato al bar e alle sei sono anche andato a messa, proprio lassù nella chiesetta, e credo che nessuno mi abbia notato, solo un paio di sguardi storti, niente di cui preoccuparsi. Alla fine della messa ero l’unico che sorrideva come se avesse trovato cento euro nel caffé.
Se c’è una cosa che veramente mi dispiace è che tu abbia pagato caramente tutto questo pasticcio. Ti giuro, non avevo minimamente pensato a questo, quello che ho fatto è stato per proteggerti, non per distruggerti. Non ho mai voluto che la colpa ricadesse su di te. E poi, le indagini, le testimonianze, il processo, ancora indagini, interrogatori… dev’essere stato estenuante. Credo che all’inizio abbiano davvero pensato che la colpevole fossi tu, sai? Per fortuna i tuoi amici ti hanno salvata. Non credevi che si fossero accorti che ti guardavi in giro preoccupata, vero? Nemmeno io, a dire il vero. Ma un paio l’hanno ammesso, davanti al giudice, e tanto è bastato.


Quanto tempo è passato, dal fattaccio a quando sono cominciati gli incubi? Un anno, due? Di più? Ti sembrerà assurdo, ma proprio questo è uno dei motivi che mi ha spinto a farmi di nuovo avanti.
Per tutto questo tempo ti ho seguito nell’ombra, mentre piangevi da sola, mentre cercavi di farti coraggio, tentavi di dipanare la matassa di quel futuro che non sentivi più tuo. Quando sei tornata al lavoro ero là fuori, ad osservarti mentre, imbarazzata, cercavi di evitare i “bentornata” di rito, e non avevi il coraggio di guardare in faccia gli amici di un tempo. Quando ti sei fatta convincere ad andare in vacanza coi tuoi amici, io ero lì. Persino quando sei uscita per l’ultima volta dal tribunale, finalmente felice, finalmente giudicata innocente, ero là fuori, dietro la ressa di fotografi e giornalisti. Possibile che tu non mi abbia mai visto? Sono sicuro di no. Ecco perché te l’ho chiesto: quando sono cominciati gli incubi? Ti ho osservato sempre, e non mi potevano sfuggire i tuoi occhi cerchiati, l’aria assonnata e leggermente spaventata. Vabbè, ormai ha scarsa importanza. Il fatto è che dopo un po’ sei, come dire, cambiata. Davanti alla gente ti sforzavi di comportarti in modo normale, ovviamente: neanche i tuoi genitori, allora, devono aver notato nulla. Tua madre, forse, cominciava a capire, o almeno a temere, ma non ne ha mai dato un chiaro segno, al massimo qualche sguardo preoccupato e qualche raccomandazione in più del solito. Il tuo silenzio, in qualche modo, me lo conferma.
L’unica cosa che conta, adesso come adesso, è che prima o poi gli incubi sono cominciati. Hai visto cose che non volevi vedere, cose che cercavi di dimenticare. Hai visto di nuovo anche me, non è vero? Ma stavolta, dopo tanto tempo, era cambiato qualcosa. Qualcosa che non potevi, non volevi accettare.
Me ne sono accorto un mese fa, più o meno. Eri in piazza, in paese, a fare compere al supermercato, e io ti guardavo dalla vetrina del negozio di fronte. E mi hai visto. Ah, sì, quella volta mi hai proprio visto, sono dovuto letteralmente scappare via, altrimenti ero fritto; c’è mancato un pelo, ma mi sono salvato.
Ed è successo altre volte, nei giorni successivi. Nel giardino della Marta, di nuovo al mercato, e al cinema con la compagnia. A quel punto non potevi più nascondere le tue ansie, le tue paure.
Ecco perché sei scappata, vero?


Ti sei nascosta per qualche giorno, e hai cercato di seguire le mie tracce. E stasera, dopo tutti questi anni, mi hai finalmente raggiunto. Complimenti. C’è voluto un po’, ma alla fine hai capito dove mi nascondevo, e a quel punto è stato un gioco da ragazzi. E ora siamo qui, soli, tu ed io, nello stesso posto, a quattro anni esatti da allora. E non abbiamo molto tempo per farla finita con questa storia, vero? Ormai devono aver capito anche gli altri, e non sei mai stata un granché a nascondere le tue tracce, a differenza del sottoscritto.
Cosa c’è? Non mi dire, che, giunta a questo punto, ti aspettavi qualcosa di diverso da questo! Ci hai messo un bel po’, ti sforzavi di far finta di nulla, di convincerti che non era vero, ma io, per tutto quel tempo, ero lì per te. Ed ero vero, come lo è ora.
Sai cosa devi fare, vero? C’è un solo modo, e io non ti ostacolerò, questa volta, te lo giuro. Sarà una tua decisione, solo tua, non come quella sera, quando hai preferito usare me per fare il lavoro sporco, e poi mi hai addossato la colpa. È così che sono andate le cose, non dimenticarlo. Se vuoi eliminarmi una volta per tutte, devi trovare il coraggio di farlo da sola. Avanti, forza. Cosa c’è, hai paura? Lo so che non hai armi, ma non ce n’erano neanche quattro anni fa, eppure quel fesso ha fatto un brutta fine lo stesso, ricordi? Certo che ricordi, ora ne sono proprio sicuro. Ora, finalmente, ricordi tutto.
Si vedono le luci delle auto, laggiù. Hai poco tempo, coraggio, facciamola finita con questa storia. Hai scelto? Ah, la scogliera. Un bel tuffo. Ci sto. È bello il tramonto, da lì. Mi piace, come fine, ha un certo romanticismo.
Ma dobbiamo essere in due, ormai lo sai.
Tu ed io, le due palline del gelato.
Tu ed io, due anime gemelle.
Tu ed io, due assassini.
Una cosa sola, due facce della stessa medaglia. Un’unica anima dannata. Un unico alito di vento nella sera. Un’unica goccia che cade negli abissi del mare. Fino alla fine.
E ora, finalmente, non sono più solo.

Inviato il: 23/4/2007 12:50
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Precettore Superiore
Iscritto il:
15/9/2006 21:25
Da Povoletto (UD)
Messaggi: 2622
Livello : 40
HP : 0 / 998
MP : 874 / 51460
EXP : 95
Offline
Mmmmh... una storia triste, romantica ed oscura. Posso chiederti se ti sei ispirato a qualcosa, oppure se di punto in bianco ti è venuta voglia di scrivere un racconto con questo tema?

Inviato il: 23/4/2007 13:57
_________________
Di idee morali non ce ne son più, oggi; e quel ch’è peggio, pare che non ne siano mai esistite. Sono scomparse, inghiottite sin nei loro più piccoli significati... Da L'adolescente di F.Dostoevskij
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Maestro Superiore
Iscritto il:
4/10/2006 12:41
Messaggi: 1734
Livello : 34
HP : 0 / 849
MP : 578 / 43646
EXP : 96
Offline
Prima di tutto, complimenti.

Premetto che non sono un critico letterario (quello bravo in questo genere di cose è Gurgaz ), ma provo a darti un parere critico oltre che di semplice "gusto personale".

Una storia che comincia con degli interrogativi e finisce lasciandone alcuni più altri nuovi.
Mi piace l'atmosfera che si crea con questo monologo, anche se alcune domande, secondo me, meriterebbero una risposta. Non tutte, però, perchè è bello farsi le proprie idee in questi casi.
Buono il ritmo della narrazione, anche se a tratti procede in modo un po' troppo spedito, che fa rincorrere il testo. Tieni presente che una narrazione di questo tipo (senza vere e proprie interruzioni) lascia poco tempo per riflettere sulla situazione, mentre ciò che descrivi richiederebbe qualche attimo in più di pensiero.
Però hai saputo mantenere una tensione buona che non ha modo di calare proprio per la fluidità con la quale si corre verso la fine.
Un unico appunto sulla scorrevolezza del testo va, secondo me, fatto ad alcune frasi dal costrutto un po' troppo complesso.
Forse meriterebbero di essere spezzate in due o più frasi con un numero inferiore di periodi ed una migliore organicità.
Ultima cosa: secondo me il rosso iniziale, così come lo presenti, da una bella e particolare impressione. E' un rosso strano, perchè l'ho sentito poco "caldo" benchè ben utilizzato, ed ho notato come alla fine del racconto tu riprenda il tramonto dell'inizio. Però, a fronte di una sensibilizzazione acuta nei confronti del tramonto (quella dell'inizio), verso la fine l'immagine viene ripresa in modo un po' più frettoloso.
Si perde un po', secondo me, l'idea di riprendere un concetto dell'inizio per "chiudere un cerchio", tecnica di grande effetto nella narrazione.

Probabilmente sono stato caotico e confusionario (ripeto: è Gurgaz quello bravo), spero di non averti disturbato con i miei commenti/critiche.

Alla fine di tutto, ancora complimenti.


Inviato il: 23/4/2007 14:25
_________________
Adoriamo il Sacro Bue
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Precettore Superiore
Iscritto il:
15/9/2006 21:25
Da Povoletto (UD)
Messaggi: 2622
Livello : 40
HP : 0 / 998
MP : 874 / 51460
EXP : 95
Offline
Io bravo? Non credo di avere in questo momento la sensibilità per giudicare così approfonditamente come hai fatto tu lo sforzo letterario di kingfede1985.

Però sei un po' fissato con l'idea dello "spezzare" le frasi troppo lunghe; ogni tanto un periodo con 3-4 proposizioni ci può stare tranquillamente. Mica dobbiamo scrivere tutti come Christopher Paolini!

Inviato il: 23/4/2007 14:31
_________________
Di idee morali non ce ne son più, oggi; e quel ch’è peggio, pare che non ne siano mai esistite. Sono scomparse, inghiottite sin nei loro più piccoli significati... Da L'adolescente di F.Dostoevskij
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Maestro Superiore
Iscritto il:
4/10/2006 12:41
Messaggi: 1734
Livello : 34
HP : 0 / 849
MP : 578 / 43646
EXP : 96
Offline
Citazione:

Gurgaz ha scritto:
Io bravo? Non credo di avere in questo momento la sensibilità per giudicare così approfonditamente come hai fatto tu lo sforzo letterario di kingfede1985.

Però sei un po' fissato con l'idea dello "spezzare" le frasi troppo lunghe; ogni tanto un periodo con 3-4 proposizioni ci può stare tranquillamente. Mica dobbiamo scrivere tutti come Christopher Paolini!


Non mi freghi, ricordo bene le tue capacità di commenti critici e non c'è paragone

Per lo spezzare le frasi lunghe ti cito la frase che più di tutte mi ha convinto a scriverlo nel mio commento/critica:

Citazione:


È il colore di un triste tramonto, quando una persona sola al mondo, seduta sulla fredda pietra di un posto dimenticato dal tempo e dallo spazio, sta lì, in silenzio, e lo guarda fisso, cercando quasi una risposta ai suoi infiniti dilemmi, quelli che si porta dentro da una vita, da quando ha aperto gli occhi e si è accorta che, per quanto si cerchi di fingere non sia vero, non riuscirà mai a capire fino in fondo ciò che gli sta attorno, e probabilmente nemmeno quello che sta dentro se stesso, nelle profondità della mente e del cuore.



Qui, secondo me, si sente proprio il bisogno di una frazionatura della frase. Certo, l'ho letta attentamente e devo dire che non sarebbe facile spezzarla mantenendo i forti collegamenti che ci sono tra i vari periodi, ma ti giuro che dopo il terzo rigo il mio cervello ha cominciato ad implorare un punto fermo.
Può darsi che sia un gusto personale (non certo per lo stile di Paolini, però ), ma credo che aiutare la lettura sia un ottimo modo per facilitare la comprensione e, quindi, l'immedesimazione.

Inviato il: 23/4/2007 14:38
_________________
Adoriamo il Sacro Bue
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Aspirante
Iscritto il:
17/4/2007 19:20
Da Casa Mia
Messaggi: 481
Livello : 20
HP : 0 / 482
MP : 160 / 24026
EXP : 29
Offline
Questo racconto l'ho scritto un po' di tempo fa e quasi di getto, mi ci è voluta poco più di un'oretta. Non è basato su nessuna esperienza personale, solo su un attimo di ispirazione e nient'altro.
Non l'ho più toccato a livello formale, e forse c'è qualche punto in cui si potrebbe farlo (forse però non quel periodo: è lungo, ma non può che essere così), ma ho voluto comunque proporvelo così com'era: volevo solo condivedere con voi un altro mio hobby, tutto qui. Ne ho già pronto qualcun altro, se vorrete leggerli basta chiedere!

Inviato il: 23/4/2007 17:36
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Maestro Superiore
Iscritto il:
4/10/2006 12:41
Messaggi: 1734
Livello : 34
HP : 0 / 849
MP : 578 / 43646
EXP : 96
Offline
Per me se ci dai qualcosa da leggere è sempre gradito

Inviato il: 24/4/2007 10:58
_________________
Adoriamo il Sacro Bue
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci


Re: Mio racconto: "Fino alla fine"
Supremo Maestro
Iscritto il:
8/4/2005 19:08
Da Roma
Messaggi: 3427
Livello : 45
HP : 0 / 1104
MP : 1142 / 61530
EXP : 17
Offline
Bel lavoro, complimenti. Concordo in parte con Xion per quanto riguarda il ritmo della narrazione che in alcuni punti mi è sembrato che si distaccasse dall'ottima fase iniziale.

Inoltre gli interrogativi aperti sono eccessivi? Non lo so... alla fine uno potrebbe arrivare a conclusioni anche completamente diverse, ma questo potrebbe non essere un male.
Ad esempio: sono veramente due persone? o la si può vedere come un'unica persona che ha un lato oscuro che l'ha portata a fare il gesto che ha fatto? Domande la cui risposta è nella mente di ogni lettore.

Inviato il: 1/5/2007 21:50
_________________
Possano la dea Ishir e il dio Kai guidarmi in questo nuovo mondo....
Trasferisci l'intervento ad altre applicazioni Trasferisci






Puoi vedere le discussioni.
Non puoi inviare messaggi.
Non puoi rispondere.
Non puoi modificare.
Non puoi cancellare.
Non puoi aggiungere sondaggi.
Non puoi votare.
Non puoi allegare files.
Non puoi inviare messaggi senza approvazione.

[Ricerca avanzata]


Annunci
copyright (c) 2006-2007 IMDL All right reserved