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Indice principale : Librogame Stranieri : Fighting Fantasy : 

Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
Titolo: 28 - Phantoms of Fear  Piu' letteValutazione: 6.00  Letture:925
Descrizione   Robin Waterfield
Descrizione   Sei un umile Elfo dei boschi, ma è TE che gli Dei hanno scelto per affrontare Ishtra e il suo crescente esercito di malvagie creature, TU devi distruggere questa potenza prima che diventi invincibile. Ishtra, Principe dei Demoni, non può essere sopraffatto da nessun'arma creata da una razza terrestre, nemmeno le più magiche spade degli Alti Elfi; che cosa puoi dunque fare TU contro di lui?
Forse la potente arte del controllo dei sogni nota agli Elfi dei boschi potrebbe darti un importante vantaggio e permetterti di lanciare incantesimi nei momenti cruciali della tua avventura...
Valutazione media: (1) (10)
Data pubblicazione 7/12/2007
Inviata da: EGO il 22/4/2009
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 6 6
Descrizione
     Phantoms of Fear è uno dei più interessanti e originali episodi di Fighting Fantasy mai scritti. Scritti, badate bene: realizzati, è un altro discorso. L’eroe di questa puntata è un Elfo dei boschi di Affen, figlio di un guerriero e di una sciamana: come tale, sa combattere e può usare qualche incantesimo, ma soprattutto, è in grado di manipolare i propri sogni e di ricevere, in sogno, messaggi divini. Proprio un simile messaggio lo informa che Ishtra, Principe dei Demoni, sta radunando il suo esercito mostruoso nel cuore della foresta, e che soltanto il nostro Elfo può fermarlo.

Se lo spunto è banale, va detto che il modo in cui è narrato è affascinante come in pochi altri librogame. Robin Waterfield per questo libro ha tirato fuori una vena scrittoria incredibile, che rende il racconto bellissimo dal prologo fino alla conclusione. Per di più, la storia è arricchita dalle continue visite del personaggio al mondo dei sogni, che l’autore ha interpretato in modo perfetto: nei sogni tutto è possibile, la natura del sogno e del sognante si modifica continuamente, e non c’è alcun limite a ciò che può accadere. Il paradosso di Phantoms of Fear è che è sempre verosimile pur essendo sempre fantastico, e data la natura degli eventi non c’è mai il rischio che la sospensione dell’incredulità venga meno. Sembra incredibile, ma la mancanza di coerenza è ciò che rende l’avventura perfettamente coerente, al contrario di altre che cercano di essere realistiche e ricorrono però ad escamotage assurdi per portare avanti il gioco.

Oh, il gioco. È qui che Waterfield non è riuscito, purtroppo, a dare solidità all’amalgama delle sue buone, talvolta ottime, idee. Per esempio: abbiamo un punteggio di Potere (2D6+6), che ci permette di usare le varie magie. Ma il sistema delle magie è castrato perché, prima ancora di entrare nella tana di Ishtra, ne perderemo l’uso: si tratta quindi, nella pratica, di usare la magia al più due o tre volte in tutto il libro. Cosa, tra l’altro, sconsigliata, perché il Potere è l’energia vitale che si usa nei combattimenti di sogno, e va quindi risparmiato il più possibile. Questi combattimenti sono poi un altro punto debole del gioco: sono pochi, ma hanno un regolamento a parte per cui se tiriamo 8-12 con due dadi colpiamo il nemico, ma con 2-7 veniamo colpiti noi. Sapendo che il Potere degli avversari è sempre molto alto, è facile capire che il giocatore è svantaggiato. Nei duelli di sogno non si muore, ma si perde Potere, che è molto importante.

Per capire le conseguenze di questo sistema bisogna sapere che, una volta entrati nella tana di Ishtra, il giocatore può attraversarla sia nel mondo reale che in quello di sogno, potendo anche passare dall’uno all’altro in determinati momenti. Di riflesso, anche Ishtra può essere affrontato, a piacimento, nell’uno o nell’altro mondo. Problema: se vogliamo combattere in sogno, è necessario avere moltissimo Potere – sostanzialmente bisogna essere partiti con un punteggio già alto, e non avere mai perso punti. Ciò significa evitare il più possibile i sogni fino allo scontro finale!
L’alternativa è combattere nella realtà, ma in questo caso entra in gioco il true path: per vincere Ishtra bisognerà infatti aver trovato ben 6 oggetti. Anche in questo caso, per trovarli tutti è necessario evitare il mondo di sogno, perché gli oggetti esistono solo nella realtà. E quindi, in entrambi i casi, l’opzione di sognare va scartata.

Phantoms of Fear è pertanto l’ennesimo Fighting Fantasy in cui, per poter vincere e contemporaneamente godersi l’avventura al meglio, è necessario sapere già tutto per organizzare correttamente le proprie mosse. Passare dal sogno alla realtà nel labirinto di Ishtra è una bellissima idea, e come racconto è eseguita in modo sublime, ma il margine di errore è troppo grande per farlo impunemente. L’unico modo per gustarsi tutto come si deve è quello di fissare un “checkpoint” all’ingresso del dungeon, ma sappiamo bene che tecnicamente sarebbe barare. Ed è un grande peccato, perché non solo si tratta di una lettura favolosa, ma anche perché Waterfield in questo caso ha reso il true path un po’ meno true del solito: tre degli oggetti necessari si trovano in duplice copia, e gli altri sono piazzati in punti non obbligati, ma talmente unici che perderseli è quasi impossibile.

D’altra parte, i vizietti dell’autore non vengono emendati nemmeno in questo libro. Per vincere onestamente è richiesta ai dadi un po’ meno fortuna del solito, ma comunque non poca: ci sono alcuni punti in cui un tiro sbagliato uccide, e due di essi danno accesso a due degli oggetti-chiave. Il combattimento di sogno che precede Ishtra (par. 250) è assurdamente difficile, poco chiaro e costringe in ogni caso ad una partita perfetta, lanci iniziali compresi. Infine, un ulteriore esempio di come la realtà debba essere trasposta in gioco con le dovute cautele: la prova (per fortuna facoltativa) al paragrafo 309 è una bestialità che non merita commento, nonostante la bella spiegazione.
Ah, vorrei anche che qualcuno mi spiegasse come risolvere l’enigma al 98 senza sfogliare i paragrafi uno per uno. Perché qualcuno ha scritto che risolverlo non ti fa sentire molto intelligente, e dunque non riuscendoci mi sento totalmente stupido.

I “se” non portano da nessuna parte, ma quanto mi dispiace dover dire che se non avesse questi difetti grossolani, Phantoms of Fear sarebbe un librogame stupendo. Una volta capita la struttura del libro, infatti, queste pecche si rivelano davvero marginali e aggirabili con imbrogli minimi, se non addirittura onestamente. Il problema è che la scoperta del percorso migliore ci passerà senz’altro attraverso, e guasterà il piacere dell’avventura a qualsiasi lettore. Phantoms of Fear è assai coerente e ha dei difetti risibili se paragonato ad altri volumi della serie, anche dello stesso autore; ma quei difetti sono messi proprio lì dove fanno più male. Che peccato che sia così: la costruzione complessiva del libro è infatti davvero eccellente, persino esemplare, e la narrazione è di altissimo livello, con numerose strizzate d’occhio ad altre avventure di Fighting Fantasy. Se poi ci aggiungiamo le illustrazioni di Ian Miller, di una qualità oltre l’inverosimile, la conclusione è che in Phantoms of Fear c’è molto da apprezzare. Il voto è simbolico: se gli dessi 7 sembrerei troppo generoso, ma 6, pur essendo un numero oggettivamente più corretto, non lascia trasparire il mio personale apprezzamento per questo libro. Un po’ di coraggio in più nell’andare contro le convenzioni di Fighting Fantasy, e a Robin Waterfield scappava il capolavoro.

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