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Indice principale : Librogame Stranieri : Fighting Fantasy : 

Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
Titolo: 36 - Armies of Death  Piu' letteValutazione: 7.00  Letture:1339
Descrizione   Ian Livingstone
Descrizione   Agglax, il Demone dell'Ombra, sta raccogliendo un esercito di guerrieri nonmorti per conquistare Allansia.
Partito da Fang con oltre duecento combattenti veterani, ti dirigi a est incontro al nemico. Ma il Demone dell'Ombra non appartiene a questo mondo, e ti serviranno poteri speciali per distruggerlo. Più tempo impiegherai a cercare questi poteri, più forte lui diventerà.
Valutazione media: (1) (10)
Data pubblicazione 10/12/2007
Inviata da: Rygar il 19/1/2008
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 7 7
Descrizione
     In questo volume ritroviamo il protagonista di Trial of Champions che, dopo avere ricevuto un congruo premio di ingaggio dai cittadini di Allansia, si impegna a guidare un'armata contro il Demone d'Ombra Agglax; inizia la partita con alcune centinaia di soldati e ne può trovare altri lungo la strada, convincendoli a unirsi a lui nei modi più svariati.

La regola che presenta qualche novità rispetto agli altri titoli della serie è la cosiddetta "scaramuccia", ovvero una piccola battaglia combattuta tra due pattuglie composte in tutto da venti o trenta soldati. A differenza di Seas of Blood, dove le navi avevano punteggi analoghi ad Abilità e Resistenza e si affrontavano secondo le normali regole, in Armies of Death la scaramuccia si risolve in pochi tiri di dado perché il soldati muoiono a blocchi di cinque o anche dieci. Questo porta a delle forzature perché può darsi che un protagonista con Abilità 12 e Resistenza 24 soccomba di fronte agli ultimi cinque avversari della pattuglia nemica che magari sono dei semplici Hobgoblin. Per fortuna questi scontri non sono troppo comuni.

La narrazione è abbastanza sciolta e ci sono delle sezioni intere in cui il protagonista si lascia alle spalle tutta l'armata e gioca da solo, anche per parecchi paragrafi. Non mancano scene divertenti o grottesche (provate voi a impuntarvi per bere succo di mela in una taverna piena di allegri beoni con un oste scorbutico dietro al bancone o a vincere una gara a chi mangia più torte di crema contro uno dei più monumentali grassoni che la storia ricordi); anche i personaggi secondari che si incontrano hanno un minimo di spessore e rendono piacevole la lettura. I combattimenti non sono troppo frequenti, si possono evitare in alcuni casi e non presentano mai eccessiva difficoltà (non è obbligatorio quindi avere punteggi stratosferici in Abilità).

Ovviamente, trattandosi di un libro di Ian Livingstone, è presente il famigerato meccanismo "One True Path", parzialmente facilitato dal fatto che molti dei gingilli necessari per vincere sono disponibili nello stesso posto (una comune bottega). La cosa fastidiosa è che, ad una prima lettura, nessuno di questi oggetti pare degno di una seconda occhiata e rischia quindi di essere lasciato sullo scaffale: quale è il comandante militare che sentirebbe il bisogno di acquistare un vaso verde o un gufo di bronzo in vista delle future battaglie? Ovviamente, alla seconda lettura, il giocatore accorto svuoterà tutto il negozio per essere sicuro di non lasciarsi indietro niente.

La parte più deludente, forse, è la battaglia finale contro Agglax e la sua armata di bestiacce: arrivarci con un esercito più o meno scalcinato non ha una grandissima differenza sull'esito dello scontro (a meno che proprio non si sia rimasti con quattro soldati in croce) e comunque la vittoria è possibile solo con la sconfitta del Demone d'Ombra, che a sua volta è possibile solo avendo seguito il suddetto "True Path".

Insomma, il libro è ben fatto e garantisce diverse ore di svago (calcolo che per vincere vada giocato in media tre volte), ma ci sono alcune parti che avrebbero potuto essere curate meglio dall'autore.

Inviata da: EGO il 27/9/2008
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 7 7
Descrizione
     Ian Livingstone torna a Fighting Fantasy dopo una lunga assenza, ma in che modo particolare! Armies of Death è il suo libro più pazzerello, e mi chiedo se sia venuto così per noia, mancanza di idee o voglia di scherzare. La trama, per esempio: a fronte della serietà di Crypt of the Sorcerer, qui abbiamo il vincitore di Trial of Champions che, neanche fosse l’equivalente allansiano di Cristiano Ronaldo, è stanco di essere riconosciuto dalla gente e di sentirsi chiedere i dettagli del Labirinto, e così innanzitutto spende un po’ del premio per farsi un castello. E poi vuole vivere un’altra bella avventura, perciò è quasi una fortuna che un tizio qualsiasi abbia rotto un’anfora e liberato Agglax, il Demone d’Ombra che vi era imprigionato, perché Agglax si è subito procurato un’armata di mostri per conquistare tutto quello che può. Ma niente paura! Il nostro annoiato eroe fa spargere la voce che anche lui vuole metter su un esercito, e la gente fa la fila fuori dalla taverna per arruolarsi, neanche vendessero i biglietti della finale di Champions. Così in quattro e quattr’otto abbiamo ben 220 soldati al nostro servizio, tra guerrieri, nani, elfi e cavalieri, e via, andiamo ad aprire le chiappe ad Agglax e ai suoi allegri compagni.

Come faccio a prendere sul serio una minaccia raccontata così?! Eppure il tono scanzonato persiste per tutto il libro, che ci vedrà farci beffe di feroci assalitori, chiedere succo di mela in una taverna sudicia, fare a gara a chi mangia più velocemente una torta gigantesca, combattere una guerriera che comanda un plotone di maschi, soddisfare le assurde richieste di un oracolo capriccioso e gettare scompiglio tra le fila nemiche con una pioggerella di monete d’oro. Come contorno abbiamo una serie di citazioni e omaggi, tra cui una domanda su un personaggio che può conoscere solo un habituè di Livingstone (un po’ canaglia in questa occasione), la Bicefalerma della Rocca del Male e lo Shapechanger della Foresta Maledetta, una statua della dea Libra di Sortilegio e un ritratto di Ian stesso, anche in compagnia di quelli che probabilmente sono suoi amici nella vita reale. Vale la pena di menzionare i disegni perché, alla sua unica sortita su Fighting Fantasy, Nik Williams fa uno splendido lavoro, esibendo un tratto che a volte ricorda Iain McCaig; davvero maestoso lo Shapechanger, ma tutte le illustrazioni hanno molto da dire.

Quasi superfluo dire che il libro è organizzato a true path, e obbliga perciò a prendere il sentiero giusto nei bivi, pena una sicura sconfitta. Anche in questo senso però Livingstone sembra essersi ammorbidito parecchio, perché non è affatto difficile scoprire i molti indizi che permettono di fare le scelte giuste e di evitare di rigiocare troppe volte. Vengono lasciate così tante tracce che il lettore un po’ attento si accorge presto di aver sbagliato strada, e se l’ha fatto, dove; e a quel punto non prosegue più, e ricomincia da capo per poi svoltare dalla parte opposta. Nella marea di oggetti col numerino stampato sopra ce n’è perfino un paio di inutili o comunque non essenziali, perciò il libro presenta – incredibile dictu! – un minimo di elasticità. L’unico problemino è che c’è invece un oggetto indispensabile che si può ottenere solo tirando 4-6 con un dado: qui sarebbe stato meglio mettere un Tenta la Fortuna, ma stranamente anche quelli, di solito una passione di Ian, scarseggiano e vengono anzi compensati da un bel po’ di bonus alla Fortuna.

Allora penserete che i combattimenti siano tanti e difficilissimi, tali da richiedere un’Abilità minima di 12; e invece no!! Si duella relativamente poco, e di nemici con Abilità 12 non c’è nemmeno l’ombra. In più ci sono ben tre oggetti, di cui due sul true path, che elargiscono ciascuno un punto di Abilità extra! (Nota per i giocatori inglesi: quand’è che vi entrerà in testa che questo tipo di oggetti permette di superare l’Abilità iniziale? No, perché comincio a pensare che siate tonti, oltre che ottusi) Ovviamente ci sono anche occasioni di perdere punti di Abilità (perfino 6 in un colpo solo, ahia!), ma altrettanto ovviamente sono fuori dalla strada giusta, quindi non c’è problema. Perplessità vengono invece dalla mancanza di Provviste per recuperare Resistenza; in effetti le occasioni di cura sono scarsissime, ma se non si fanno errori e i dadi non sono ostili, anche le perdite saranno esigue.

La piccola novità di Armies of Death, si può intuire, riguarda l’esercito che ci portiamo dietro. Di tanto in tanto capita di incrociare un gruppo di nemici, e allora ci sarà una Skirmish, una schermaglia che vede le truppe cadere a gruppi di 5, 10 o 15 elementi per volta. Potrebbe essere una cosa interessante, ma saggiamente Livingstone l’ha tenuta sul facile per non costringerci a tirare duemila dadi, perciò il sistema delle Skirmish ci vede quasi sempre favoriti e la gestione delle truppe è molto elementare. Sicuramente ciò sminuisce il fattore novità, ma ha il pregio di non complicarci la vita.

Il che sembra il leitmotiv di tutto il libro, in fondo. Di base Armies of Death è il solito librogame di Ian Livingstone, ma alla prova dei fatti è molto più facile e leggibile. Lo scarso impegno richiesto e i toni leggeri della storia possono sembrare delle debolezze, ma dopo la terribile confusione di Daggers of Darkness, ritrovare i semplici destra/sinistra e sì/no di Livingstone è confortante, quasi rilassante: si ha una logica, una simmetria, dei punti fermi a cui aggrapparsi. In più, Armies of Death contiene davvero un sacco di scene divertenti e porta una ventata di umorismo gradevole e scenografico, ben diverso dalle scemenze di Sky Lord; e c’è anche un pizzico di dramma, quando i nostri soldati perdono la vita a causa nostra o dei nemici. Perciò, pur non avendo la forza di altri libri di Livingstone, Armies of Death è comunque un librogame che suggerisco di non tralasciare a cuor leggero: tutt’al più può essere una buona introduzione alle opere di questo autore, anche più del vecchio L’isola del Re Lucertola.

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