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Indice principale : Librogame Stranieri : Fighting Fantasy : 

Categoria: Librogame Stranieri Fighting Fantasy
Titolo: 43 - The Keep of the Lich-Lord  Piu' letteValutazione: 8.00  Letture:1269
Descrizione   Dave Morris e Jamie Thomson
Descrizione   Uscito dalla tomba, l'empio Signore dei Lich ha di nuovo messo gli occhi sulle Isole Arrowhead. Alleatosi con i pirati del Caos dell'Isola Insanguinata, egli minaccia di far cadere l'Alleanza di Varadia sotto il crudele dominio delle sue legioni di nonmorti. Hanno già conquistato Bloodrise Keep, un punto strategico per la difesa dell'isola, e presto niente si frapporrà tra Mortis e la vittoria.
C'è bisogno di un guerriero astuto e senza paura per questa vitale missione, che prevede di entrare in Bloodrise Keep e di rovesciare Lord Mortis: un guerriero come TE!
Valutazione media: (1) (10)
Data pubblicazione 10/12/2007
Inviata da: EGO il 16/4/2009
Valutazione generale: Valutazioni di categoria: 8 8
Descrizione
     Il duo Dave Morris-Jamie Thomson è probabilmente il migliore del mondo dei librogame. Da loro due ci si può sempre aspettare originalità, varietà di gioco, regolamenti ricchi ma semplici da applicare, testo e dialoghi senza paragoni: questo perché entrambi sono scrittori e game designer molto abili per conto proprio (i librogame di Mark Smith sono molto meno buoni quando non c’è Thomson ad affiancarlo), e irraggiungibili quando cooperano. È una sorpresa, dunque, che abbiano deciso di realizzare un episodio di una serie come Fighting Fantasy, costretta entro limiti che Morris e Thomson, giunto il 1990, avevano già abbondantemente superato.

È mia opinione, pertanto, che in realtà con The Keep of the Lich-Lord i due autori abbiano voluto mettere a nudo Fighting Fantasy, facendone risaltare le debolezze intrinseche che tutti finora erano più o meno riusciti a nascondere nel tentativo di conviverci. Non si spiega altrimenti, da persone che hanno creato saghe e avventure straordinarie, una trama tanto banale: Bloodrise Keep, la roccaforte dell’Alleanza Varadiana contro i Pirati del Caos, è stato conquistato dall’esercito di non-morti guidato da Lord Mortis, ucciso duecento anni prima da un paladino e ora tornato alla vita. Aumentando le sue truppe mediante la resurrezione dei nemici abbattuti, Mortis sta conquistando tutta Stayng Island prima di estendere il suo dominio sull’Alleanza. Al nostro personaggio, cinico eroe di mille battaglie, il compito di uccidere il Lich-Lord.

Perché un canovaccio così trito e ritrito? Probabilmente perché, in fondo, è la trama di mille e uno Fighting Fantasy… nonché la preferita dei lettori affamati di fortezze e di magici tiranni. La differenza è che Morris e Thomson la impreziosiscono col loro meraviglioso stile, surclassando la produzione precedente. I paragrafi non sono molto lunghi, eppure riescono a contenere dialoghi magistrali e quadretti irresistibili, tracciati con un vocabolario assai più ricco di quello a cui il lettore è abituato. L’attenzione al dettaglio, come in tutti i libri di Morris, non è strettamente funzionale al gioco, ma intende creare un’atmosfera, suscitare emozioni: non si può non sorridere di fronte al protagonista che, vedendo la sua guida scappare per la paura, si preoccupa di controllare se il suo borsellino c’è ancora; né quando, in cima a una scala sopra una stanza con duecento avversari ignari di lui, valuta che se fossero solo cinquanta potrebbe anche farcela. In altre occasioni gli autori si concedono un tocco di vanità attraverso i nomi delle locande: una si chiama La spada del samurai, come il libro di Smith e Thomson, mentre l’altra addirittura anticipa il titolo di un librogame futuro, L’abisso dei morti viventi.

Ma i due non si fermano qui e procedono a scardinare il sistema di gioco abituale, a cominciare dal true path. La mappa, dettagliatissima, di Stayng Island è un’evidente presa in giro da parte di un veterano giocatore di ruolo: nessun’avventura seria permetterebbe al partecipante di conoscere fin dall’inizio l’esistenza di aree bonus, eppure sono tutte segnate e raggiungibili senza dover trovare prima codici, chiavi, pergamene, parole d’ordine (praticamente la nemesi di Steve Jackson!). Ma non finisce qui, oh no: TUTTE le locazioni presenti sulla mappa sono visitabili in un’unica partita. Il che significa che non è necessario rinunciare a nessuno dei potenziamenti ottenibili, che sono tanti ed efficacissimi, tra armi che aumentano il danno e pozioni ed ammennicoli che portano Abilità e Fortuna al di sopra dei livelli iniziali. E poi non possiamo non accorgerci del modo in cui vengono presentate le scelte. The Keep of the Lich-Lord dimostra come le avventure di Fighting Fantasy debbano necessariamente basarsi sul caos, allo scopo di non far capire al giocatore quale delle opzioni è la migliore: è l’unico modo per dare al true path un senso di esistere. Questo libro, invece, presenta degli aut-aut logici e chiarissimi, spesso preceduti da avvertimenti altrettanto cristallini: è impossibile perdersi, e certe mosse sono così avventate che c’è da inorridire solo a sentirsele proporre. Eppure, specialmente in una serie di avventure singole, il buon senso vorrebbe che la maggior parte dei bivi fosse di questo tipo, che si debba sempre avere almeno qualche indizio su dove andare e cosa fare, che insomma ci si debba vergognare a scrivere (e pubblicare) librogame insensati come, per dirne uno a caso, Sky Lord (Missione nei cieli).

La conseguenza naturale è che The Keep of the Lich-Lord è, secondo tutti gli standard, un librogame facile - fortuna coi dadi a parte. Lo si può finire con qualsiasi punteggio, personalizzando la strada a seconda della voglia del momento, arrivando anche a trasformare il personaggio in un guerriero assurdamente potente per ridere dei nemici e delle loro Abilità perfettamente nella media, e vedendo l’80% delle scene in una sola giocata. Certo, questo ne ammazza la rigiocabilità; ma perché, dopo aver finito La creatura del male o Crypt of the Sorcerer quanta rigiocabilità resta? Chi è che rigioca solo per scoprire altri modi di perdere? Una volta trovato il true path, il libro è esaurito; e allora tanto vale un libro in cui si può vedere tutto o niente, ma a propria discrezione, come si dovrebbe in un gioco di ruolo, e vincere al primo tentativo, invece di vedersi annientare da morti arbitrarie e ingiuste perché sei passato dove “non dovevi” (e non potevi saperlo).

Qualche errore o leggerezza di design c’è pure: il punteggio di Coraggio, che si testa come la Fortuna ma aumenta se il tiro ha successo, è troppo facile da portare al massimo, mentre il punteggio di Allarme nella fortezza di Mortis è veramente difficile da aumentare fino a renderlo un problema. Alcune punizioni sono, perfino a mio parere, troppo blande, portandosi via qualche punto di Resistenza ma non la vita, come sembrerebbe anche troppo naturale. Sparse qua e là ci sono poi situazioni poco chiare o ambigue, come se gli autori avessero in mente di inserire qualcosa di più ma l’avessero poi abbandonato, ricordandosi che non è questo un genere di librogame che si presta bene a sottigliezze e specificazioni di regolamento. Niente di grave, però da questi autori mi aspetterei un lavoro di rifinitura adeguato, che non lasci tracce di idee scartate.

In definitiva, The Keep of the Lich-Lord a me sembra un prodotto con molteplici intenti: è un’ovvia parodia dei limiti imposti dal format di Fighting Fantasy, e al tempo stesso sembra voler anche tracciare una strada, come a dire: voialtri dovreste fare qualcosa del genere. E per farlo, la più classica delle storie d’avventura va benissimo: è puerile (la tomba di Mortis sull’isola stessa in cui fu sconfitto, ma chi mai se la terrebbe vicino al villaggio?), ma si sviluppa bene e ha un finale migliore di moltissimi altri. Non avrebbero guastato dei disegni più briosi, anche se David Gallagher si conquista il pregio di aver disegnato qui la più bella tra le pochissime donne di Fighting Fantasy. Se fosse uscito cinque o sei anni prima, quando la serie era ancora nella sua infanzia, questo libro di Morris e Thomson sarebbe stato accolto come un capolavoro e tramandato come uno dei megaclassici del librogame. Nel 1990 ha potuto solo essere una voce fuori dal coro, non compresa dai lettori ormai abituati alle “difficoltà” dei volumi di altri autori, ignorata dagli uni e dagli altri. Il che potrebbe spiegare come mai il mercato si è poi saturato e inflazionato fino al tracollo, ma questo è un altro discorso; l’importante è recuperare The Keep of the Lich-Lord, opera di due autori che sanno, e non hanno paura di dimostrarlo.

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