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PULP FICTION --- di Quentin Tarantino
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C’è poco da discutere: se piace Quentin Tarantino si deve aver visto e gradito Pulp Fiction. Questo eccezionale film sui generis, impossibile da classificare in maniera tradizionale, ha segnato una piccola rivoluzione cinematografica nel bel mezzo degli Anni Novanta, proprio quando sembrava che solo gli effetti speciali segnassero il progresso in questo campo artistico. Il regista non si è limitato a rompere gli schemi ed a stimolare le generazioni più giovani con qualcosa di mai visto; è riuscito a divertire ed a riscuotere un impressionante successo. Proviamo ad analizzare il suo lavoro partendo dalla storia.

Tarantino non rinuncia mai a narrare vicende bizzarre con personaggi fuori del comune e sceglie di farlo mescolando le carte in tavola. O meglio, sovvertendo l’ordine temporale dei fatti, per cui certi eventi risultano pienamente comprensibili solo dopo che buona parte dei 148 minuti sono trascorsi. I protagonisti principali sono i due gangster Vincent Vega (John Travolta) e Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) che spettegolano allegri di buon mattino, mentre si preparano ad una violenta rappresaglia contro degli sprovveduti che hanno tentato di fregare il loro capo, il boss Marcellus Wallace (Ving Rhames). Nonostante non si sappia subito come va a finire, si sa che Vincent deve portare fuori a cena la moglie del capo, Mia Wallace (Uma Thurman), cercando di esserle di compagnia mentre il marito è assente. L’imprevisto è in agguato: Mia è una cocainomane e decide di provare della roba trovata nel giubbotto di Vincent. Sarà un bel problema riportarla alla realtà. Qualche giorno dopo il pugile fallito Butch Coolidge (Bruce Willis) vince clamorosamente l’incontro che doveva perdere a tutti i costi, causando a Marcellus un danno incalcolabile. Egli è pronto a fuggire con la fidanzata Fabienne (Mara De Medeiros), ma questa ha dimenticato a casa l’orologio del padre di Butch. Per recuperare il cimelio familiare, Butch si caccia in guai che superano la normale immaginazione. Anche Jules e Vincent non scherzano: prima fanno schizzare il cervello di un uomo nel retro della loro macchina, finendo in una situazione così grave che solo l’intervento dell’efficientissimo Mr. Wolf (Harvey Keitel) potrà risolvere. In seguito decidono di far colazione proprio nel ristorante in cui Pumpkin (Tim Roth) e Honey Bunny (Amanda Plummer) stanno per tentare una rapina.

Un intreccio complicatissimo ed insospettabile, i cui pezzi si incastrano alla perfezione, e la cui efficacia è rispecchiata dall’interesse dello spettatore, tenuto sempre sul chi vive. La genialità di Tarantino non sta tanto nella ripresa atipica (la fotografia è di Andrzej Sekula), bensì nell’aver scritto con Roger Avary una storia articolata che è anche piacevolissima da scoprire. Alla sceneggiatura si unisce una colonna sonora meravigliosa, messa assieme da Karyn Rachtman attingendo autentiche perle di musica pop, tanto efficaci quanto sconosciute.

E poi ci sono gli attori, un cast che unisce grandi nomi ad inattese rivelazioni. J.Travolta deve a Pulp Fiction la sua rinascita professionale; S.L. Jackson, B. Willis e U. Thurman assurgono allo status di divi del cinema, ancor oggi in auge; H.Keitel interpreta il suo personaggio più famoso, nonostante compaia sullo schermo solo per pochi minuti; T. Roth si conferma artista interessante e poliedrico. A costoro si uniscono gli interpreti di secondo piano, tutti attori validissimi ed adatti al ruolo. Il casting è un capolavoro, così come lo è la produzione attenta di Lawrence Bender.

Quali difetti si possono attribuire ad un film che possiede un ritmo incalzante, che sa comunicare le emozioni più disparate, che alterna momenti tesi a scene d’azione, a romanticismo, violenza e (assurda) vita quotidiana? Io non riesco a trovarne. Pulp Fiction sa far ridere, sa comunicare tensione, riesce a confondere le idee ed a chiarirle, pur non trasmettendo nessun messaggio degno di tale nome. L’eterogeneità che caratterizza le varie scene è qualcosa che raramente si ritrova in un film; è una composizione di generi diversi, una sorta di collage di plagi di provenienza mista, a volte insospettabile. Sicuramente il regista è un grande appassionato di cinema, almeno quanto lo è della musica, dei fumetti e dei telefilm. La soddisfazione che provano molti spettatori nasce dalla condivisione delle proprie passioni con il regista, che si adopera per erigerle a miti cinematografici. Chi non ama Pulp Fiction probabilmente non ha lo stesso background di Quentin Tarantino, e di solito non è una persona giovane.

Voto di gradimento: 10
Voto critico: *****

Inviato il: 8/10/2008 0:14
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Re: PULP FICTION --- di Quentin Tarantino
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Caro Gurgaz, concordo in pieno con la tua disamina, ma hai omesso un particolare che caratterizza praticamente ogni film di Quentin Tarantino: i dannati e fottutissimi dialoghi .
Per chi non capisce di cinema il dialogo spesso è qualcosa che può essere superficiale e non articolato, mentre per QT credo sia il fulcro di tutto.
I pezzi in cui i due protagonisti parlano di cose comuni (magari incazzandosi per un particolare tutt'altro che primario), in situazioni assurde (come ad esempio la scena in cui si trovano a dover far parlare un tizio, mentre Jackson è con la pistola in mano), sono semplicemente meravigliosi.

Anche ne "Le Iene" si ritrovano queste cose, metti ad esempio la scena iniziale durante la colazione in cui ci si infervora sul "dare o non dare la mancia e perché".

Anche per me 10/10!

Inviato il: 8/10/2008 11:36
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Re: PULP FICTION --- di Quentin Tarantino
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Direi volentieri la mia, ma l'ho già fatto: la mia recensione era poco più in basso...

http://www.librogame.com/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=1150&forum=6

Inviato il: 8/10/2008 11:46
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Il Sonno Della Ragione Genera Mostri (Francisco Goya)
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Re: PULP FICTION --- di Quentin Tarantino
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Già, adesso sono io che ho aperto un thread che c'era già. Adesso mi ricordo di aver letto il tuo thread, anche se non ti avevo risposto.

Nella mia recensione ho tentato di far stare tutto, ma effettivamente non ci sono riuscito, liquidando i dialoghi con una mera citazione del discorso assurdo che fanno Jackson e Travolta prima di entrare dai giovani furbastri ("A foot-massage don't mean shit!").

Condivido moralmente il punto di vista di Dr. Scherzo. Pur pensandola allo stesso modo, non ritengo che l'assenza di un vero messaggio morale debba per forza essere un problema o confondere le idee. Il cinema di Tarantino mi è sempre sembrato puro intrattenimento, al pari di tanti film che si fanno ancora oggi, con la differenza che Tarantino sa legare scene e dialoghi con maestria (conosce le "astuzie dello stile" e le mette correttamente in pratica) e che ha una certa fantasia nel creare/recuperare personaggi d'effetto. L'unico suo problema è l'eccesso di stile. Così come una parola ricercata ripetuta troppo provoca la nausea così lo fanno i suoi personaggi quando passano il segno. In Pulp Fiction e Le Iene c'è un buon equilibrio, in Kill Bill un po' meno, mentre i film "ibridi" (Grindhouse e Dal Tramonto all'Alba) secondo me hanno troppi eccessi di stile per convincere. Jackie Brown resta un caso a parte, un film stranissimo e lento.

Inviato il: 9/10/2008 8:47

Ultima modifica di Gurgaz il 9/10/2008 12:31:09
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Di idee morali non ce ne son più, oggi; e quel ch’è peggio, pare che non ne siano mai esistite. Sono scomparse, inghiottite sin nei loro più piccoli significati... Da L'adolescente di F.Dostoevskij
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